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sabato 8 febbraio 2014

Secondi pensieri -

zeulig

Aforisma – Nell’uso di Nietzsche, la sua parte migliore, non è conoscitivo, né filosofico. Nemmeno, a ben guardare, consolatorio, e anzi potenzialmente disperante – per lo stesso Nietzsche lo fu. Specie se in forma apodittica, come battuta a effetto e non sintesi di incertezze e intuizioni non chiarificabili. La contemporaneità lo predilige, ma a nessun effetto, se non la consolazione-passatempo: l’elucubrazione incessante, l’ermeneutica. Oppure, naturalmente, come teatro: una rappresentazione e non un ragionamento.

Comico – “È la costante negazione della natura”, dice Hebbel . Ma anche: “La comicità autentica è vera, cioè fondata sulla natura, eppure non riusciamo a figurarci in natura leggi, presupposti, che la suscitino e la rendano possibile”. O non perché la comicità è artificiosissima? Una delle più affinate-raffinate (anche quando è plebea) espressioni umane. Da cui si evince che il linguaggio non è la cosa – ne è la prova del nove: il fenomeno non è la cosa.

Dio – Non viene dal passato ma dal futuro. Malgrado i tanti testi teistici e sacri. È una prospettiva,  non una storia - l’angelo di Benjamin, se guardasse a Dio, guarderebbe avanti.

In ebraico, Elohim, è plurale, gli dei.

Resta da provare, dopo tre o quattro millenni di tentativi. Ma potrebbe essere questa la sua prova: l’inadeguatezza della ricerca (dei mezzi di ricerca) rispetto all’esigenza.
La ricerca da qualche decennio è finita. Ma il mondo non è per questo migliore.

È la saggezza, conclude Kant, “La fine di tutte le cose”: una “garanzia contro la stoltezza”. Va creduto, continua Kant, a difesa dall’assurdo, “per quanto gravata da dubbi possa essere la nostra fede”: “Bisogna credere praticamente a un apporto della saggezza divina nel corso della natura, a meno di non voler rinunciare del tutto al proprio scopo finale”.

Heidegger - In realtà non è andato lontano, dal seminario da dove era partito: “Esse est Deus”. Ma per arrivarci, diceva Maestro Eckhart, “prego Dio che mi liberi da Dio”. A ventitré anni era ancora buon cristiano, beneficiario di una borsa cattolica per addottorarsi. Con Husserl, e la più giovane Edith Stein, anch’essa ebrea come la fatale Arendt, ma futura monaca. Dopodiché non lo fecero titolare di Filosofia Cristiana e se la prese. Continuerà ad andare a Messkirch a messa, nel banco del coro che era suo da ragazzo, lontano dal pettegolezzo universitario, e a segnarsi inginocchiandosi nelle chiese di campagna. Ma quando nel 1917 sposò Elfride, studentessa di economia, che era disponibile a farsi cattolica, benché figlia di colonnello sassone, Martin dispose di non educare i figli al catechismo. Ha abiurato con Franz Camille Overbeck, il teologo amico di Nietzsche, e la sua distruzione della teologia. Ha quindi rimesso in circolo il vecchio camp e la morbida rêverie da adolescente. E non finisce bene: con la dissacrazione della storia, che il cristianesimo inocula su scala mondiale, la filosofia regredisce - sant’Agostino fa eccezione perché pagano di formazione, fu manicheo e forse ariano, tutta Milano lo era.

Lo stesso rifiuto del mondo si potrebbe dire molto cattolico, nel terribile ventesimo secolo. Il merito che Hannah Arendt attribuisce ai cattolici, di avere riorientato la filosofia verso la politica, il mondo com’è, è vero solo di alcuni, Maritain, Mounier, Del Noce, Schmitt. Altri, Gilson, Voegelin, Guardini, Pieper, da ultimo papa Ratzinger, hanno rifiutato il mondo, che appariva e appare loro sotto specie diabolica, della mistica laica, quella che entusiasta ha voluto la bomba atomica, e i sopravvissuti vorrebbe selezionare – Hitler senza Hitler. Heidegger sta, indeciso, nel mezzo. Ma queste sono argomentazioni volgari, storicizzate. Heidegger ripropone il già pensato come non è stato mai pensato, chiaro perfino: l’uomo ha cessato di capirsi nella metafisica, l’uomo occidentale, lui vuole ridargli il senso dell’Essere.

Abbandonando il dogmatismo, e le deformazioni subite al contatto con la filosofia greca, che si esprimono nella Scolastica, medievale e novecentesca, il Filosofo del nulla riporta in nuce il cristianesimo. Quella che sarà la versione contemporanea del cattolicesimo romano, essenziale, compassionevole, senza orpelli, riscoprendo attraverso Lutero sant’Agostino e l’escatologia terrena delle lettere paoline. La grazia opera nel fondo dell’anima, non nelle sue antenne sensibili. Se l’essere è il nulla, si dice, finisce la metafisica. O non ricomincia? Meister Eckhart, che vi giunse per primo, era metafisico ultra.

Metafisica - La metafisica, cioè Dio, è legata al Tempo, due peculiari concezioni occidentali. Sarà il contributo più decisivo – rapido, fertile, giusto - di Heidegger, dei suoi 100 e più volumi. “L’Essere è svelato a partire dal Tempo: il Tempo rinvia allo svelamento, cioè alla verità dell’Essere”. E “la metafisica in tutte le sue forme e in tutte le tappe della sua storia è sempre la stessa fatalità, e forse anche la fatalità necessaria dell’Occidente e la condizione del suo dominio esteso a tutta la terra”.
Oggi che l’Oriente è con noi, l’Occidente è un po’ meno Occidente, e la cesura non è più netta. Ma è vero che Einstein ha abolito lo Spazio: “Lo spazio non è niente in sé, non c’è spazio assoluto. Non esiste che con i corpi e le energie che racchiude”. E dunque anche il Tempo: “Il Tempo non ha senso, il tempo è temporale”. E dunque la metafisica rinasce irresistibile.
Un giorno magari scopriremo che Einstein ha torto, la relatività generale è sempre indimostrata, e comunque in queste cose - la metafisica, Dio - “ogni reputazione è un nonsenso. La lotta tra i pensatori è la «lotta amorosa», lotta che è quella della cosa stessa”.

Nietzsche – Si potrebbe ben dire platonico. Platone redivivo, per la curiosità onnivora e sempre viva, e per l’indeterminatezza alla fine dei tanti viaggi, nell’amore, l’amicizia, l’essere, il linguaggio. Un compagno di viaggio piacevole e anzi stimolante, cui si è grati perché è brillante, suadente, prodigo. Ma alla fine inconcludente. Che potrebbe essere una ontologia dell’analogia: dell’irriducibiltià del mondo, dell’essere. Che si può parafrasare senza racchiuderlo, rinchiuderlo.

Opinione –“Mi piacerebbe assai leggere il libro italiano, di cui conosco appena il titolo, e che vale da solo molti libri.”Della opinione regina del mondo”.Lo sottoscriverei senza conoscerlo”. L’opera è sconosciuta. Ma gli effetti dell’ “opinione”, cioè del’immaginazione, sono indubitabili, e “fanno” la realtà. È ben vero peraltro, lo stesso Pascal dice altrove, che “l’impero fondato sull’opinione e l’immaginazione regna talvolta, e questo impero è dolce e volontario; quello della forza regna sempre. Così, l’opinion è come la regina del mondo, ma la forza ne è il tiranno”. O Voltaire: “L’opinione è a tal p’unto la regina del mondo che quando la ragione vuole combatterla, la ragione è condannata a morte”.


Tempo – Surrettiziamente inteso come “mutamento”,  nota Kant dell’ “Apocalisse” . Là dove, nel saggio “La fine di tutte le cose”, argomenta  “la fine del tempo” doversi intendere “la fine del mutamento”.

zeulig@antiit.eu

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