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mercoledì 12 novembre 2014

Secondi pensieri - 195

zeulig

Amicizia – Si vuole un comune sentire, ma è probabilmente un diverso sentire. Per una sorta di rispetto per l’altro, che è invece il suo fondo: è una forma di amore senza corrispettivo, applicata sempre al bene dell’altro. Conosce il dispetto, ma come autopunizione. È in questo senso che va letta la sentenziosità, biblica, classica -, che sull’amicizia è concorde.

Amore – È più forte della morte, ma non per modo di dire: necessariamente  anzi un’ovvietà: senza, non c sarebbe che morte. Non si vive senza, non ci sarebbe che morte.  Cioè non ci sarebe niente, l’essere sarebbe la morte, il non-essere, un vuoto costante.  Se l’amore non fosse più forte, anche della sofferenza, la vita non ci sarebbe.

È più forte anche della morte dell’altro, sia pure essa inflitta. È una macchia-traccia persistent, così come sarà stato una fragranza.

Adorno ne fa il punto di forza nella debolezza, “Minima moralia”, parte terza, Monogrammi: “Sei amato solo dove puoi mostrarti debole senza provocare in risposta la forza”. Ma questa è piuttosto la compassione. Da cui l’amore non andrebbe esente, è vero.
Lo stesso Adorno, nello stesso luogo, ne fa “la capacità di avvertire il simile nel dissimile”. O non è il contrario?

Fede - È costanza. La fede religiosa è fede nella vita nelle miserie della vita, morte, malattia, delusione.
È la forza di ogni pratica mitica, dalla magia alla religione. E compresa naturalmente la ragione: bisogna avere fede per credere nella ragione. Chi non ha fede – non è capace di, non ha voglia di – non crede in nulla.

Marx – Liberale? È ipotesi non del tutto arbitraria – tra le tante che si opinano per tenerlo in vita. Già Keynes - a sua volta oggetto del ricorrente quesito: è un liberale – lo collocava nel liberismo:
“La scuola di Manchester e il marxismo derivano entrambi in ultima analisi da Ricardo, conclusione solo a prima vista sorprendente”. Da Ricardo che più di Adam Smith è il cardine teorico del liberismo. Keynes Lo scrive nella prefazione all’edizione tedesca della “Teoria generale”, nel 1936, e si può ritenere l’accostamento una petizione di benevolenza presso gli economisti tedeschi all’ora del totalitarismo antisovietico, ma non è sorprendente, in questo Keynes ha ragione.
Il primo antimarxista, anzi, si può dire lui stesso. Che dà una garanzia che è poco più di una metafora: ogni società, dice con Hegel, contiene in germe le epoche successive come ogni organismo vivente porta i semi dei suoi discendenti. Ma questa gracilità Marx condivide con tutti i filosofi.
È liberale, invece, con più sostanza. Non anarchico, qual è il liberale coerente: costituzionale. Da qui il catechismo volgare. Per abbattere lo Stato e i padroni ci vuole la rivoluzione. E la rivoluzione è solo della classe operaia, che è libera dall’ideologia, di servitù e violenza. Oc-corre dunque essere operai. Mentre da tempo la classe operaia si libera da se stessa, non vuole essere più operaia. La rivoluzione è allora antimarxista. O non sarà Marx un catechista, se kat-echon è ciò che arresta? Un teologo che si rifiuta? L’asceta che ribalta l’ascetismo, il rifiuto del mondo, in odio di classe, cioè nella conquista del mondo.
“Una meravigliosa illusione fa sì che l’alto volo della speranza si leghi sempre all’idea del salire, senza riflettere che, per quanto si salga, si deve pur ricadere, per porre piede forse in un altro mondo”, questo diceva Kant, che era alto un metro e mezzo. Sì, Marx è Sorel, che anche lui diceva come Keynes, “l’economia marxiana è manchesteriana”, con proprietà, mercato e profitti. Solo che, come Machiavelli, mette piede ricadendo sul mondo di prima – gli uomini più interessati che cattivi sono nel “Principe”.

Marx sarà stato l’ultimo dono dell’Europa al mondo. Heidegger, Freud, Nietzsche stesso sono dei maghi, Marx invece no, e questo è rassicurante. Confinato al sovietismo, la vecchia agiografia, lui critico impietoso, se n’era caricato i riti, inclusi i miracoli. Da ragazzo c’era portato, che diciassettenne scrisse di Augusto, in latino: “Un capo assoluto e non la libera repubblica fu capace di dare al popolo la libertà”. La chiesa sovietica non poteva che farne il profeta di Lenin, ogni messia ha un precursore. Ma era di Lenin il partito chiesa, che non lascia scampo.
L’abbandono dell’analisi per l’ideologia, della critica dell’economia politica per la mistica della rivoluzione è di Lunačarskij e Bogdanov, comprimari di Lenin. La religione è leninista. È Lenin che ha dato alla politica il primato sull’economia e la struttura, Lenin è il primo antimarxista. Lenin il sarmata, che il comunismo ha trascinato fuori dalla tradizione occidentale del dubbio. L’azione politica di Marx ha tramutato nella fabbricazione della storia. Il marxismo come fabbrica, Marx ancora ne riderà.

Maternità – In una poesiola spersa (di Vincenzo Padula, scrittore calabrese dell’Ottocento), una  ragazza “peccatrice e poverella”  chiede “il conforto della maternità”. La chiede a Dio, la chiede come grazia: non la salute, il benessere, lo sposo, magari riparatore, no, vuole rifarsi con la maternità. L’eugenetica e molto femminismo l’hanno delegittimata, ma resta al fondo un compimento e una devozione, anche a se stessi.

Opinione pubblica – La voce pubblica è la voce di Dio secondo il proverbio. Può essere, dipende dalla concessione che si ha di Dio. L’opinione di Bertrand Russell., “Matrimonio e morale”, che “è molto più probabile che un giudizio diffuso sia sciocco piuttosto che morale”, non è in contrasto cn quella di Pascal, “L’opinione è la regina del mondo”. Che però era un credente, e non ne aveva buona opinione. Fermo restando il precetto dell’Epitteto di Leopardi: “Gli uomini sono agitati e turbati, non dalle cose, ma dalle opinioni che essi hanno delle cose”.
L’opinione crea turbamento, questo si può dire. A differenza della verità. È mestatoria.

zeulig@antiit.eu

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