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venerdì 14 novembre 2014

L’Internazionale del risentimento

Pochi anni, nemmeno un decennio di vera attività, ma bastanti per intossicare il socialismo. Nella cronologia apposta al volume Bravo lo documenta. Involontariamente: il suo “volumetto”, datato 1979, è la storia di come Marx si impadronì della Prima Internazionale – con Engels, oggi si aggiungerebbe. Una storia che riletta dopo il diluvio sembra caricaturale, il racconto trionfale di una sconfitta. Ma non solo per questo, per il “giudizio della storia”. Marx si impadronì – con Engels - dell’Internazionale in senso letterale, con manovre, trappole, risentimenti. Che avrebbero fissato per sempre il socialismo nella faziosità e nella divisione, distruttivo di una speranza e non costruttivo.
Il programma fallì, significativamente, in Inghilterra, dove i due risiedevano e operavano, presso gli stessi lavoratori che avevano dato vita all’Internazionale con l’assemblea del 28 settembre 1864. C’erano le rappresentanze dei fuoriusciti, Marx vi fu invitato, per interposta persona, quale rappresentante dei lavoratori tedeschi, ma la massa erano delle Trade Unions. Che rimasero fuori dell’Internazionale. Marx voleva solo farsi un partito con i sindacati, a spese degli altri socialisti su piazza. Con la “liquidazione” degli stessi Proudhon, Blanc, Bakunin, che negli anni dell’esilio parigino, nel 1843-44 lo avevano aperto al socialismo.  
Marx resta, con Engels, analista acuto della politica internazionale. Marx molto vivace rispetto a Engels, e godibile scrittore.
Gian Mario Bravo, Marx e la Prima Internazionale, Pantarei, pp. 164 € 10

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