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lunedì 10 aprile 2017

Secondi pensieri - 302

zeulig

Confessione - La prima persona - la confessione come genere letterario - può essere artificiosa al quadrato. Quando non racconta in tempo storico ma al presente storico, per esempio. Questo flusso è nato dalla confessione in analisi, ma il lettore non è analista.
O lo è? Si può configurare il lettore come analista, sconosciuto, impersonale, al quale lo scrittore confida fantasmi e fantasie. Taciturno, dà però segni di attenzione inequivoci, indicazioni nette.
E se non li da? Se il lettore, per esempio, non c’è?
Alcune nevrosi si complicano nella confessione, invece di srotolarsi.

Dandy – È “solitario e singolare” (Françoise Dolto), oppure l’esteta ricercato del decadentismo, che ne creò la figura – Baudelaire, Eugène Sue, Barbey D’Aurevilly, Théophile Gautier, Lord Brummell, Oscar Wilde? O il prototipo non è Schopenhauer – anche Kierkegaard: di chi aggredisce la vita, più che rifletterla?

Dialogo – Sembra – si popone come – uno scambio, ma non è, è solo una forma diversa della narrativa, e più spesso irrelata all’interlocutore. Che può essere un fantoccio, giusto per giustificare l’escandescenza – la ejaculation.
Anche nella narrativa è artificio debole. Sono deboli i dialoghi in Tolstoi, tra personaggi ininfluenti nella storia e nemmeno caratterizzati. Debolissimi in Proust, dove si ricordano solo per la ripetitività. Insensati in Dostoevskij.
Se ne possono fare alla Margaret Millar, come una forma di azione: il dialogo attualizza tutto, e quindi esime dalla descrizione e dai riferimenti, nonché dagli aggettivi e dagli avverbi. Una buona tecnica, ma non segnante, non muta l’impermeabilità dello scambio.

Il dialogo non fissa la memoria. Anche nei processi, negli interrogatori. Non “c’è dialogo”, una verità cioè che si forma-s’innesta sulla contestazione, ma un sollevare reciproco di pietre d’inciampo. È un gioco sonoro degli scacchi.

Femminismo – Ma non è l’eclisse della donna, invece che la sua affermazione? Non di una “certa” donna, da fotoromanzo: dell’essere donna, reale e ideale.
Un’eclisse non alla Antonioni: sociologica. Il femminismo non libera, cancella.

Humour – Ha insolita trattazione in Schumann, il musicista, che lo sistematizza, come un collante reattivo. Nell'arabesco schumanniano anche, digressione dal flusso narrativo non a fini ornamentali ma costruttivi. E più nella trattazione di Jean Paul, dell’Humor (il “sublime al rovescio” di Jean Paul), dell’Humoreske.
Con il Witz, o arguzia del sentimento, che “può trasformare una serie di frammenti sconnessi in una costellazione di termini misteriosamente collegati”.

Kafka – O della molteplicità (caleidoscopica) del reale. Il demoniaco nell’ordinario. L’effetto metafisico dal linguaggio realistico, preciso. L’effetto esotico o di sottile allucinazione, del reperto banale, materiale o di linguaggio.

Misericordia – È la porta stretta o la porta larga alla beatitudine? Il papa Francesco l’ha voluta a tema di un giubileo specialissimo, che ha appena chiuso. Senza speciali esiti, in armonia, si può dire, col pensiero diminutivo che Heine ha sintetizzato morendo: “Dio mi perdonerà. È il suo mestiere”. Ma la salvezza non passa per la porta stretta – più della cruna dell’ago?
Fu l’indulgenza all’origine della divisione della chiesa, l’unica che la cristianità non ha saputo assorbire.

Nietzsche – La sua “tragedia greca” è, sostiene Alberto Savinio, “Nuova Enciclopedia”, in una lunga nota alla voce “Tragedia”, quella di Wagner. Che è il contrario della tragedia greca. Per un fatto di economia: “Wagner dà 100 per avere 10, mentre il Greco dà 10 per avere 100”.  Per “l’assenza totale dall’opera di Wagner dello spirito della danza”. E per un fatto di cognizione: “Nietzsche ha creduto scoprire l’origine della tragedia nel contrasto fra dionisiaco e apollineo”, ma “nulla in Grecia può nascere che non nasca da un oggetto”. Nonché con Wagner, “Nietzsche ha scambiato evidentemente la Grecia con i grandi paesi oscuri e religiosi dell’oriente: l’origine della tragedia con l’uovo che galleggia sulle acque”. Non sa che “in quel Paese degli Oggetti diventato per virtù dei suoi artisti il Paese de Giochi, è l’oggetto che genera lo spirito, non lo spirito che genera l’oggetto” .

Punto di vista - Nei romanzi di avventure, da Omero a Boccaccio, e alla “Mille e una notte”, e nelle favole, il punto di vista è di nessuno. Popper direbbe il contrario, ma la narrazione si appartiene. Il punto di vista vi è stato introdotto come una variazione.

Ineffettualità (arbitrarietà) del punto di vista: la storia si legge sempre all’incontrario, ex post - basta non affaticare il lettore.

Produttore - L’imprenditore è più “positivo”, matematicamente, dell’intellettuale per la società - per la sua cultura. Non perché produce, non tanto, ma perché idea, progetta, scopre, innova, vivifica, e quindi libera, crea (apre) spazi. Anche l’intellettuale lo fa ma solo a livelli sommi. Mentre il produttore, dal risuolatore di scarpe al grande chirurgo, per quanto possa essere rozzo, di gusti limitati, di linguaggio ripetitivo e insignificante, per il semplice fatto di produrre, realizzare qualcosa, crea o condiziona la cultura della società in cui vive, il suo modo d’essere. L’esempio massimo è – è stato - la catena: fordismo >> civiltà dei consumi >> cultura di massa >> tempo libero e turismo.
Il misconoscimento di questo semplice fatto, già peraltro indagato, non solo da Marx, può essere all’origine dell’insussistenza dei “buoni propositi” in politica nella scena attuale, della politica politicante o di professione (Max Weber), intellettuale. Propositi logorati dalla ripetitività e dalla inffettualità. Spazzati via ora a catena da operatori per altri versi attivi e produttivi – dei quali cioè i propositi hanno dato esiti concreti.

Suicidio – Quello di Paul Lafargue è il primo in chiave eugenetica (in compagnia della moglie Laura Marx, figlia di Karl), di una propria decisione autonoma, senza costrizione o motivo specifico. Nella notte dal 25 al 26 novembre 1911, lui di 69 anni lei di 66, iniettandosi l’acido cianidrico, nel loro villino di Draveil, vicino Parigi. Con queste ultime volontà di Paul: “Sano di corpo e di spirito, mi uccido prima che l’impietosa vecchiaia che mi leva a uno a uno i piaceri e le gioie dell’esistenza e mi spoglia  delle forze fisiche e intellettuali non paralizzi la mia energia, non frantumi la mia volontà e non faccia di me un onere per me e gli altri”.

zeulig@antiit.eu

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