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mercoledì 8 maggio 2019

Il mondo com'è (374)

astolfo

Bas bleu – Furono inglesi all’inizio – Blue Stockings - la cosa e la voga: un movimento di acculturazione femminile, separato dal mondo maschile, con una coscienza forte di genere. Che le donne in società voleva sottrarre all’“inutilità”, al pettegolezzo e al gioco delle carte. Riservato a Londra alla nobiltà, seppure magnanima e anzi filantropica – il temine nasce dalla disponibilità ad accettare un libraio-editore povero con le calze blu quotidiane invece che con quelle nere d’ordinanza in società, che il libraio non poteva permettersi. Sancito in un lungo poema già nel 1768 da Hannah Moore, naturalmente in inglese ma col titolo Bas-bleu: “Long was Society o’er-run\ by Whist, that desolating Hun…”. Circoli analoghi erano subito sorti nella Parigi dei Lumi pre-rivoluzionaria, riverberando il fenomeno come bas-bleu anche a Londra.  

Gadget – Botto di tirature del “Corriere della sera” col regalo di “Socrate”, un libro ben sceneggiato sulla vita e il pensiero del filosofo, martedì 30 aprile. La tiratura è stata di 351 mila copie, molto a di sopra degli altri martedì, che viaggiano sulle 270 mila copie. Dopo una prima operazione libro-gratuito, con “Norimberga”, altro libro ben scritto, sul processo ai criminali nazisti, il venerdì di un mese prima, il 29 marzo. Per il quale la tiratura era stata anch’essa accresciuta ma non di molto, dalle 286 mila copie di crociera per quel giorno della settimana a 320 mila.
Il libro gratuito piace. Ma senza effetti sulle tirature-vendite dei giorni successivi, che rimangono attestate sui livelli pre-regalo. Il regalo si giustifica con una maggiore raccolta pubblicitaria, o una più cara per il giorno dell’accresciuta tiratura. Altro beneficio non c’è: il libro è un costo, e non porta lettori.
Più in generale la trasformazione dell’edicola in libreria e negozio di oggettistica si conferma aver contribuito al calo delle vendite dei giornali: non ha fermato l’emorragia e forse la ha alimentata. La diversificazione opera commercialmente nel senso di attirare più pubblico, che poi qualcosa comprerà. Ma lo spazio dell’edicola è ristretto, non consente il curiosare. Mentre i troppi libri e altri gadget, in regalo o in promozione, non consentono nessuna forma di attenzione ai giornali. Che peraltro sono praticamente invisibili.

Interesse – Si faticò a lungo, dalla ripresa dell’economia nel Duecento fino al Cinquecento, a trovare una giustificazione” al prestito a interesse. Che si lasciava agli ebrei ma, in teoria, non si giustificava tra cristiani. Si cominciò con i poveri, con i monti di Pietà. Dove non si paga un interesse, ma sì col maggior valore del riscatto rispetto al prestito su pegno. Presto peraltro i Monti di Pietà furono sottratti agli Zoccolanti, che li gestivano a titolo gratuito, e organizzati per battere con la concorrenza i “banchieri strozzini” - leggi gli ebrei, che erano di fatto i banchieri dei poveri. Cominciò Firenze a fine Quattrocento, e l’esempio venne presto imitato.
Senza però risolvere il problema dell’interesse. Varie teorie fiorirono, ma ancora nel primo Cinquecento si sosteneva che, poiché l’usura esiste, imposta dagli ebrei, il principe cristia­no, quando tratta di queste cose, non è soggetto a peccato, es­sendo anzi egli stesso, nei suoi doveri di protettore dei propri sudditi, un patiens, una vittima. Un martire. Questo era il parere dei domenicani di Brescia, gente di dottrina.

Papa - Il papa è un maschio dell'Europa centrale. Paolo IV Carafa, 1555-1559, fu l’ultimo papa meridionale della Chiesa - l’unico dell’evo moderno. Anche prima l’influsso del Sud nella Chiesa è stato limitato, appena tre papi napole­tani sul finire del Trecento, se si eccettuano evidentemente i fondatori.
Ma anche il Nord non va meglio. La Polonia devota ha atteso a lungo prima di arrivare a San Pietro. Gli apostolici britannici possono vantare un solo papa, Adriano IV - se non si con­sidera Giovanni VIII, il papa femmina, di cui Cesare Baronio e i gesuiti contestarono perfino l’esistenza, fino al punto di far distruggere i documenti che la riguardavano..

Bruno Rizzi – Dimenticato nel dopoguerra, anzi cancellato da Togliatti e il Pci, benché sia vissuto fino al 1977, è stato un militante comunista che prima della guerra, emigrato politico a Parigi, teorizzò il sovietismo come burocrazia, come regime burocratico. Senza pregiudizio ideologico: in quanto organizzazione , di vaste aree e grandi popolazioni, a fini produttivistici.
Già nel 1937 pubblicava, a Milano, “Dove va l’Urss?”. Nel 1939, emigrato a Parigi, fece la sintesi delle sue riflessioni in “La burocratizzazione del mondo”, pubblicato in francese. Preliminare al concetto di totalitarismo sviluppato nel 1951 da Hannah Arendt in “Le origini del totalitarismo” - al terzo libro dell’opera, “Totalitarismo”, che la filosofa connette alle masse senza classi, all’affollamento-isolamento di tutti e ciascuno nella massa informe. Preliminare anche alla “Rivoluzione manageriale” di James Burnham nel primo dopoguerra, che invece avrà ampia fortuna e farà testo. Burnham era stato lettore e estimatore di Rizzi, così come Orwell. Trockista come Rizzi prima della guerra, Burnham diverrà un forte conservatore dopo la guerra. Rizzi invece sarà animatore di vari gruppi e di riviste in ambito marxista-leninista..
Un’organizzazione non capitalista né socialista Rizzi rilevava nell’Urss: un regime che definiva di collettivismo burocratico. Un terzo “sistema”, creato e dominato da una gerarchia, una burocrazia di vertice, come è nella natura delle burocrazie. Il “regime” sovietico Rizzi estendeva, quasi copia conforme, ai fascismi allora dominanti in Europa. E di cui riscontrava tracce solide anche nel dirigismo di Roosevelt, delle politiche di rilancio dopo il crac del 1929-1933, al Sud degli Stati Uniti e in tutta l’economia.  

Totalitarismo – Viene con la fake news  e la parcellizzazione. È l’assunto di Hanna Arendt nel terzo libro, “Totalitarismo”, delle sue “Origini del totalitarismo”. Viene con la disinformazione, allora propaganda, e con l’eliminazione di tutte le strutture sociali e politiche intermedie. Con lo sradicamento dell’individuo, e la sua collocazione nella massa informe.

Tribù – Ineliminabili le dice Gertrude Bell, che ne ebbe conoscenza diretta e approfondita, per molti anni ai primi del Novecento, nel deserto arabico e siriano, fino all’odierno Iraq. Per una ragione semplice, per rappresentare il paese non urbanizzato, non cittadino: “Il grosso dei membri delle tribù, i pastori, gli abitanti delle aree paludose, coltivatori di riso, orzo e datteri dell’Eufrate e del Tigri, la cui esperienza dell’arte del governo è confinata alle voci e alle condotte dei vicini della porta accanto, potrebbe con difficoltà essere richiesto di decidere il prossimo capo del paese, e con quale costituzione”.
Ma “non è solo giusto in sé che le tribù siano rappresentate, è anche essenziale per la  salvezza del governo nazionale che le tribù siano associate ad esso”. Hanno contro tutti “nei circoli nazionalisti avanzati”: La gente di città e i proprietari terrieri, che odiano e temono le tribù (come le tribù odiano e temono la gente di città), non gradiranno affatto che esse guadagnino uno status politico”. Succede anche oggi, dovunque la tribù siano gruppi sociali influenti, se non fatti istituzionali riconosciuti, in Iraq, Siria, la penisola arabica e la Libia come in molta Africa, a partire dalla Nigeria. 
L’analisi G. Bell concludeva con una nota pragmatica: conveniva al governo di Londra accettare una rappresentanza politica delle tribù, anche per sottrarle all’influenza dei gruppi arabi nazionalisti. Degli intellettuali arabi: “È l’intellighentsia urbana che vuole una rappresentanza politica delle tribù, ed essa è l’ossatura del partito nazionalista”, avvertiva il governo britannico. Di fatto, da ultimo, è l’intellighentsia politica sia in Iraq che in Siria che ha portato ai disastri degli ultimi venti anni, per avere voluto un modello urbano e occidentale, e un uomo un voto.

astolfo@antiit.eu

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