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sabato 13 febbraio 2021

Il mondo com'è (422)

astolfo

Islamismo  È più radicale in Oriente - Medio, mondo islamico compreso, e subcontinentale - che in Occidente.  Nello stesso anno dell’attacco alle Torri Gemelle a New York e al Pentagono a Washington, un gruppo islamico aveva assaltato il Parlamento a Nuova Delhi, uccidendo ventidue persone. I dirottamenti multipli di aerei, la tecnica usata per l’attacco a New York e a Washington, era stata sperimentata in India dagli stessi gruppi islamisti. Non si contano gli attentati islamici in Medio oriente (Iraq e Siria in particolare), alle moschee, ai mercati, alle scuole, alle caserme, i luoghi più frequentati nelle ore più frequentate, con migliaia di morti. Nella stessa Arabia Saudita, alla Mecca
Particolarmente cruenta, in qualità di carnefici e di vittime, è stata ed è la presenza islamica in India. Il presidente indiano Modi ha varato una legge un anno fa a garanzia del diritto di asilo, con possibilità di naturalizzazione, per i profughi dai paesi confinanti che perseguitano le minoranze religiose. Escludendone i mussulmani. Modi è stato per questo accusato di discriminazione. Ma la legge nasce dal fatto che i paesi confinanti sono mussulmani, Pakistan, Afghanistan e Bangladesh, e perseguitano come un dato di fatto le minoranze, induiste, cristiane, buddhiste, ebraiche, giainiste e zoroastriane – nell’ordine di peso demografico
Il terrorismo islamico di questo primo quinto di secolo ha colpito l’India allo stesso modo che gli Stati Uniti e l’Europa, con l’attacco, dopo quello al Parlamento nel 2001, all’hotel Taj Mahal nel 2008, che fece 273 morti dopo una caccia mirata agli ospiti stranieri, e con altri numerosi attentati cruenti. Un terrorismo favorito dai servizi segreti pakistani, con basi di addestramento e programmazione.
L’India è un paese diviso, di necessità quasi confessionale, per la forte presenza mussulmana. La  partizione fu volta dagli islamici. Che, ciò malgrado, continuano a essere una minoranza molt contestataria in India.
Gandhi e poi Nehru prospettavano all’indipendenza una grande India negli stessi confini del Raj britannico, indipendentemente dalle confessioni religiose professate. I gruppi dirigenti mussulmani hanno voluto invece la secessione, prospettandosi il Pakistan come una teocrazia islamica – una sorta di revival novecentesco dei grandi califfati medievali.
 
Śambhala
– O Shambhala, è il luogo mitico del mitico Tibet, che, rimasto fuori della colonizzazione, inglese, francese, russa, un po’ perché remoto e elevato, di clima anche rigido, un po’ perché di poca o nessuna importanza commerciale, ha alimentato a lungo, fino a metà Novecento, ogni sorta di fantasie. La più famosa di queste è stata Shangri-La, creata dallo scrittore di best-seller James Hilton, nel 1933, in “Orizzonte perduto”, e resa planetaria dal film dallo stesso titolo che Frank Capra ne trasse nel 1937qualche anno dopo. Ma la mitizzazione più importante e duratura, durata un secolo,  all’origine di molte ricerche e spedizioni, fu Śambhala .
Federico Rampini, “Oriente Occidente”, ricorda una spedizione russa: “Dal 1870 al 1876 un esploratore dello zar, il romantico colonnello Nikolaj Michailovič Prževal’skij, detto «il Lord Byron russo», lancia diverse spedizioni nella speranza di scoprire l’antica Śambhala, che ha sentito descrivere da un lama come un’isola dorata in mezzo a un mare a elevatissima altitudine”.
La più avventata, e la più stolida, ricerca europea della purezza a croce uncinata è di Himmler – che in “Gentile Germania” viene così ricostruita:
“In Germania l’Ahnung era diffusa, la sensazione che qualcosa di terribile succedesse, ma non si sapeva che. Si può dire, più che una conoscenza, un’eredità atavica, poiché ahnen, sentire, è pure avi: da Taormina al Tibet i dati che rastrellava sulla razza teutonica Himmler li confidava all’Ahnenerbe Studiengesellschaft, la società delle SS per lo studio degli avi. La Colpa allora sarebbe del Tibet, che dell’AS fu campo unico di studio, e oltre alla runa fornì il film Tibet segreto, ventimila foto, quattromila uccelli, e il fantomatico battaglione Waffen SS Tibet a difesa di Berlino. Cioè, di nuovo, della chiesa di Roma, la quale, Himmler non lo sapeva ma lo riproduce tutto, dal concistoro al papa: rifà il Tibet, comprese le barzellette sui monaci…..
“L’Ahnenerbe Gesellschaft, la società degli avi, arruolò duecento scienziati per cercare, in missione spesata con amante, gli “ariani” nel mondo. Prima che nel Tibet l’archeologo Altheim li aveva trovati in Val Camonica, in compagnia della fotografa Erika Trautmann, una che dava belle soddisfazioni ai gerarchi nazisti. Concludendone che l’antica Roma era “ariana”, anche se ciò sconfessava Arminio. La coppia Altheim-Trautmann ripeté la vacanza in Siria, Iraq e Romania. Qui, trovandosi sul Mar Nero, propose di ripopolare di “ariani” la Crimea, ripulendola dagli ebrei. Hitler vi destinò i tirolesi di Bolzano che avevano optato per la Germania nel ‘39, “i goti sopravvissuti alle glaciazioni”. Altri scienziati invece, nell’ottica di elevarsi in altezza come in Tibet, scoprirono gli “ariani” in Bolivia.”
 
I nazisti organizzarono cinque spedizione nel Tibet, alpinistiche e etnologiche, alla ricerca degli avi puri. Himmler, in qualità di referente dell’Ahnenerbe, ne organizzò una nel 1938, e in parte la finanziò personalmente. Doveva trovare nel Tibet l’origine dell’arianità, della razza pura – dal Tibet  poi discesa a invadere e conquistare l’Asia, Cina, India, Giappone. La spedizione durò quindici mesi, dal maggio 1938 all’agosto 1939, guidata da Ernst Schãfer, 28 anni, ornitologo, capitano delle SS, che si era illustrato nel 1931-2 in una spedizione in Cina e nel Tibet, organizzata dal naturalista americano Brook Dolan, finanziata da un’Accademia di Storia Naturale di Filadelfia. Folta di  specialisti giovani, tra i venti e i trenta anni, la missione di Himmler produsse quattro anni dopo, nel mezzo della guerra ormai sulla difensiva, il “Tibet segreto”, opera dello stesso Schãfer, e il documentario dallo stesso titolo.
Erano gli anni in cui il Tibet era indipendente, dalla fine dell’impero cinese nel 1911. Un sostenitore del Tibet protoariano, Walter Wurst, sanscritista all’università di Monaco, si era illustrato per le analogie tra Buddha e Hitler.
Un altro libro-racconto di una spedizione nazista in connessione con il Tibet, da cui un altro film famoso fu tratto, entrami intitolati “Sette anni in Tibet”, fu dovuto a Heinrich Harrer, uno sciatore e alpinista carinziano nazista, iscritto alle SA a 21 anni nel 1933 (quando la formazione era proibita in Austria). Furono l’esito di un’altra spedizione organizzata da Himmler, nel 1939, nel Kashmir. Guidata da Peter Aufschnaiter, un agronomo e scalatore anch’esso austriaco, naturalizzato tedesco, membro della prima ora del partito Nazista, dal 1936 animatore di una Fondazione dell’Himalaya Tedesca”. Alla spedizione del 1939, mirata a conquistare il Namga Prabat, Himmler gli volle affiancato Harrer, personaggio popolare in Germania per le sue avventure alpinistiche sull’Eiger bernese.
Poco dopo lo sbarco a Karachi, allo scoppio della guerra i componenti della spedizione furono  arrestati dai britannici e detenuti in prigionia in India. Riuscirono a evadere, e alcuni del gruppo si congiunsero con i giapponesi in Birmania. Harrer si diresse con Aufschanaiter verso Lhasa, dove rimasero fino a dopo la guerra e oltre. Aufschnaiter come consulente tecnico del governo, per la riforestazione e il riassetto idrico. Harrer s impiegò come fotografo (il governo ne aveva bisogno per far vedere il Tibet al Dalai Lama allora ragazzo, che non poteva uscire dal palazzo) e traduttore.
Nel 1950, all’invasione cinese, i due si divisero. Aufschnaiter lavorò per molti ani nel Nepal come agronomo – salvo un breve soggiorno a Nuova Delhi, dove si era arruolato nell’esercito indiano Harrer rientrò in Austria, si risposò, e riprese viaggi ed esplorazioni - segnalandosi come accompagnatore dell’ex re belga Leopoldo III, il fratello maggiore della regina aria José, esiliato dal suo Paese dopo l’occupazione nazista. Nel 1953 pubblicò “Sette anni nel Tibet”, consacrandosi anche come scrittore. Molto amico del Dalai Lama, che nel 2002 gli fece visita per i suoi 90 anni, e difensore dell’indipendenza del Tibet. Nonché fustigatore del concetto di “primitivo”, tutte le culture avendo la stessa dignità. Non trovò Śambhala, ma forse sì, nell’allegra disinvoltura.
 
La storia non finisce qui. aimbhala significherebbe in sanscrito “Fonte della Felicità” – “un luogo protetto”, lo dice wikipedia, “dove predominano pace, quiete e felicità incontaminata: un paradiso sulla terra, una terra pura, un regno mistico e misterioso nascosto tra le montagne più elevate dell'Himalaia, nella zona occidentale del Tibet”. Tra i Lama tibetani sarebbe diffusa la convinzione della sua esistenza, in un punto dell’Asia Centrale a nord del fiume Sita delle scritture buddiste, che alcuni studiosi identificano con il fiume Tarim, nella regione autonoma cinese degli Uiguri, il Sinkiang, autonoma perché mussulmana. Gli Uiguri che il regime della Cina Popolare ora perseguita: si stima che il presidente Xi abbia ordinato la detenzione di un milione di Uiguri in campi di rieducazione nel Sinkiang.

astolfo@antiit.eu


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