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lunedì 8 febbraio 2021

Auschwitz, o del grottesco

“Un uomo a terra è menomato, è risibile”. Ma Primo Levi sa farne un personaggio, riscattarlo nel racconto. L’uomo a terra come tutti quelli che qui racconta: il “capaneo” Rappoport, la “farfalla angelica”, Alberto, l’ing. Müller, l’ing. Mertens  Nella sua chiave modesta, fattuale, ma alta. Con un fondo, sempre di grottesco – che non si sottolinea di Primo Levi ma è costante: di meraviglia nell’abiezione. Rapport lo è, il polacco gigantesco ingegnere a Pisa, che sfida il mondo e svanisce. E la sua vittima e amico, il piccolo, debole, autolesionista Vidal. O lo stesso osservatore che può ora raccontarli, se è per questo.
Una silloge di racconti pubblicati variamente e già apparsi in diverse raccolte, riuniti per un qualche riferimento, anche indiretto, a “Auschwitz”. Alcuni anche celebri: il “Cerio” dell’amico Alberto, il più forte e intraprendente di tutti, vittima dell’ultimo giorno. Il ritrovamento aziendale in “Vanadio”, da manager di due industrie di vernici, una in Italia, una in Germania, con l’ing. Müller, il capo dello scrittore al laboratorio di ricerca chimica di Auschwitz-Buna Monowitz. Il giovane ingegnere con famigliola di “Auschwitz città tranquilla”, scelta per evitare il fronte e accelerare la carriera. Ma tutti si rileggono, curiosamente, come nuovi. E, a distanza, per una sottile, insopprimibile, vena grottesca, quasi satirica.
I curatori Fabio Levi e Domenico Scarpa rilevano l’onnipresenza di Dante - “la «Divina Commedia» è onnipresente e essenziale”. In tutto Primo Levi, da “Se questo è un uomo” a questa raccolta. In “Schiena bruna”, la poesia che apre il volume, e nei primi due racconti, “Capaneo” e “Angelica farfalla”. Nel sentito epico e tragico – ma anche, a suo modo, scettico, in quello religioso - della vita. La novità della silloge, involontaria, è di sottolineare la vena grottesca del narratore. Osservatore autoironico. Per segni evidenti: Rappoport-Capaneo, la pignoleria tedesca, la pignoleria tedesca spaccata in quattro con l’occupazione, quando il gesto più insignificante va condiviso dai quattro occupanti - che tra loro comunicano in tedesco… Oppure segni minimi, ma irrinunciabili. La chiave della sopravvivenza?
A volte il grottesco è dell’impianto, sotto il para- o fantascientifico: le metempsicosi dell’“Angelica farfalla”, la bella guagliona “addormentate nel frigo”, che si scongela ogni anno al compleanno per farci, intiepidita, un po’ di flanella, le “versamine” che trasformano i dolori in gioie. La morte e il dolore sono sempre in agguato. E anzi il dolore, alla fine di “Versamina”, è detto compagno di vita: “Il dolore non si può togliere, non si deve, è il nostro guardiano”. Ma subito poi il racconto si chiude col lato buono del “Macbeth”: “Fair is foul, and foul is fair”.
Primo Levi, Auschwitz, città tranquilla, la Repubblica-LA STAMPA, pp. 139 € 8,90
 

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