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lunedì 8 febbraio 2021

La fine del Pci

Nel ricordo - che non si ricorda - della fine del Pci all’ultimo congresso di partito, a Rimini trent’anni fa, può essere utile rileggere quanto se ne scriveva l’8 febbraio 1991:
“La tragicomica conclusione dell’ultimo congresso del Pci potrebbe essere una buona notizia: dopo il comunismo nulla. I vecchi che passano da una corrente all’altra, il non possumus di Garavini (e del «Manifesto», come a dire: «Chi non c’è mai stato scagli la prima pietra»), i miglioristi che silurano Occhetto, Occhetto che fa il Machiavelli della Bassa, è tutto da ridere, e forse solo da ridere.
“Persone che sono state comuniste una vita, e fino a ieri, mentre tutti scappavano disperati, e hanno discusso per un anno e mezzo di rifondarsi, ma non sanno andare oltre il «Craxi sì, Craxi no», è meglio perderli. È gente capace di procurare altri guai.
“Forse aveva ragione Craxi – o i suoi ragazzini. Ma che desolazione! Il XXmo congresso del Pcus era stato la scoperta di Stalin, drammatica, il XXmo congresso del Pci la scoperta del vuoto, che pure non esiste in natura.
“Il partito era finito da tempo, ben prima del crollo del Muro, arroccandosi sulla «diversità» di Berlinguer. Un leader carismatico senza una sola idea politica: la «questione morale» è roba di furbastri, spesso corrotti, il «compromesso storico» una dichiarazione prolissa di resa alla Dc - una sorta di «entrismo» dissolutorio.  Rimini ne ha preso atto”.

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