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giovedì 1 aprile 2021

Ecobusiness

Il  World Resources Institute dà l’Italia a secco di acqua nel 2040.
È un dato italiano. Fermo, non una proiezione. E noto da tempo. Per un eccesso di consumi. E per le troppe perdite negli acquedotti – poco meno del 50 per cento dell’acqua recuperata alle sorgenti e negli invasi si disperde negli acquedotti. Si direbbe una situazione criminale, prima che suicida. Ma, rilevata già nei primi anni 1990, quando si cominciò a parlare dell’acqua come un business, niente è stato fatto per rimediare, né è in programma, nemmeno in agenda di discussione.
Non si investe negli acquedotti. Tanto meno dacché l’acqua è tornata bene pubblico inalienabile.
“I ladri d’acqua assetano l’Europa” è il tema del supplemento “Green & Blue” di ”la Repubblica”. Non sono banditi, sono le dighe. Che “rubano” l’acqua, e uccidono la biodiversità: “In Europa una barriera formata da un milione di dighe ha causato la perdita dell’80 per cento della biodiversità”. Non è vero, cioè è detto male: uccidono la biodiversità le tante dighe in aree protette, in essere o progettate. Ma l’energia rinnovabile di fonte idrica (dighe) è la fonte maggiore tra le energie rinnovabili: dei 129 terawattora di energia elettrica prodotta nel 2019 in Italia da fonti rinnovabili, il 40 per cento è idroelettrico, di gran lunga più di eolico, fotovoltaico, biomasse, geotermia.  
L’ecologia è un serpente che si morde la coda? Quella industriale sì – l’ecologia è oggi, pur con Greta e ogni integralismo, un settore industriale, il più ricco di soldi (pubblici, gratuiti).

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