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domenica 12 giugno 2022

Il romanzo dei luoghi comuni, degli anni 1930-40

Il libro più Eco di Eco, il più divertito. – e il meno fortunato, sono troppe 450 pagine di divagazioni. Un libro di citazioni. Eco nelle vesti di Pierre Menard, il personaggio di Borges che si voleva riscrittore del “Don Chisciotte” tal quale, e non riusciva mai a eguagliare l’originale. Figurandosi nelle vesti di Yambo, un signore che di nome fa l’impegnativo Bodoni, anzi proprio Giambattista Bodoni detto Yambo, che ha perso la memoria. La memoria “autobiografica”, di tutto ciò che lo concerne, non quella “semantica” che invece ha attivissima, di tutto ciò che ha letto e imparato, e quindi è in grado di procedere per citazioni di mezze frasi e frasi intiere. Citazione del genere “mezza calzetta” o popolare, quello che faceva impazzire Eco, tra Mike Bongiorno e il conte di Montecristo, qui allargato a Pitigrilli e simili - roba da “Ma Pippo non lo sa” a “Forse qualcuno ti disfiorerà”. Al modo delle frasi fatte che irritavano e divertivano Flaubert.
Un racconto del 2004, agli inizi dell’era dell’autofiction. Eco, vecchia generazione un po’ pudica, la prova con le citazioni, le parole degli altri. Dovendo ricostruirsi la biografia, ne ricostruisce il mondo. Uno scherzo. Yambo-Eco ritorna così, per rifarsi la memoria, bambino, e vive gli anni 1930 e 1940. Soprattutto con i suoi giornaletti – i fumetti - così pieni di eroi e eroine: pistoleros, cow-boys al vento, bayadere ammiccanti, alla Josephine Baker. I titoli dei film, con i manifesti, e delle canzoni. I motivetti. Si comincia dall’infanzia, e quindi dalla nebbia. Che ora non ha più, a Milano dove abita. Ma nella valle padana, attorno a Alessandria, era spessa, come la memoria perduta.
La smemoratezza è un modo per rivivere i tempi passati, tutte le situazioni. Una opportunità al quadrato, in quanto soggetto e autore – autore di personaggio che deve risituarsi di suo, anzi ricostituirsi. Un congegno inventivo goloso per il golosissimo Eco – goloso di trovate e agudezas. Con molte liste, e repertori. È anche un’occasione per raccontarsi – pudicamente.
Eco era per il romanzo romanzesco, non per l’autoromanzo, ama Dumas – ama anche Joyce, ma non cita mai, nella sua opera sterminata, Proust. Legittimo, anzi promettente. Non fosse che non vuole sprecare nemmeno una virgola, e quello che ha tesaurizzato, in cataloghi evidentemente sterminati, qui riutilizza. Come già nella “Rosa” e nel “Pendolo”. Solo che qui la digressione è a ogni riga, da piccolo Rabelais incontinente.
Resta un centone di fesserie. Una sorta di monumento alla stupidità, sotto le fattezze della filologia, della citazione colta. Inframezzato da scoperte – Yambo scopre, delle cose perdute in memoria, il vero senso, ora che non sono più il prodotto dell’abitudine, irriflesse. Anche se, sempre, del tipo scemenzario flaubertiano: “La vita sociale è solo finzione”, “è tutta una commedia”, la storia è un enigma, il mondo un errore, sanguinoso.... Dopo verrà la “vertigine della lista”, cicaleccio puro e semplice.
Un libro bellissimo, in carta patinata, da collezione. Con una bibliografia delle citazioni - non esaustiva: non ci troverete quella che vi interessa. Da leggere a puntate.
Umberto Eco, La misteriosa fiamma della regina Loana, Bompiani, pp. 454, ill. € 13

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