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martedì 21 giugno 2022

L’infelicità di essere madre

Dodici racconti “dal vero”, di e attorno alla cronaca (Cogne apre e chiude, con dedica a Anna Maria Franzoni: le storie sono in realtà dieci, incorniciate dall’infanticidio in val d’Aosta), con un’escursione esotica a Godarat nel 1237, su genitorialità fuori norma. Non in linea cioè col vero senso della procreazione, che è di dare vita. Di donne per lo più. Con tre storie di uomini. E una, la più poetica o meno truce, che si vuole di Ouro Preto in Brasile, nel 1936, con un narratore al maschile che si rivela portavoce di un io femminile.
Una mantide campeggia in copertina, ma sono racconti del rifiuto della vita, propria e altrui. Per inadeguatezza si dice, ma insomma per confusione mentale. Specie quando la madre rifiuta la figlia, per una forma di gelosia.
Un assunto originale, per un punto di vista forse solo necessario. Della donna che è naturalmente madre, ma rifiuta questa condizione. È strano semmai che arrivi in ritardo, in epoca di decostruzioni. Che dopo Tremestieri però – e Valfurva, e la stessa Cogne, che trova Petri solidale, e altri che le cronache trascurano (le guerre madre-figlia sono il caso più ricorrente dei servizi sociali in ambito urbano) – sa di raccapriccio. Funziona non contro la maternità in ambito patriarcale, ma contro le madri dei racconti, per quanto vittime: in nessun punto della storia, nemmeno nel maschilismo più bieco, la maternità è una imposizione, una tortura inevitabile.  
Romana Petri, Mostruosa maternità, Perrone, pp. 200 € 16

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