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sabato 4 gennaio 2025

Secondi pensieri - 551

zeulig


Classicità
Il quinto secolo ad Atene fu epoca di falsi. Atene era stata bruciata, dagli ateniesi. La storia si riscriveva, cioè si scriveva.

Anche il quarto secolo fu epoca di falsi.
 
Destra-sinistra – Nell’affievolimento oggi, quasi indistinzione, della contrapposizione politica, l’opposizione fra i due termini resta terminologica, di radicali, che tutti vanno in un senso preciso: positivo per la destra, negativo per la sinistra. È la distinzione che Ernst Jünger faceva  diffusamente, con molti esempi, in epoca iperideologizzata, di contrasto politico vivo, radicale, in “Linguaggio e anatomia”, 1947 – lo faceva da destra, da conservatore, ma senza pregiudizio. Partendo da una constatazione semplice – naturalistica (fisica) più che simbolica: “Una legge generale, nel mondo dei simboli, vuole che, sotto le apparenze dell’unità e dell’uguaglianza, si dissimulino delle divisioni”. Anche nei suoni e nei colori (“nel rosso s’incarnano ugualmente e l’amore e l’odio, nel giallo la distinzione e l’invidia, nel blu il meraviglioso e il niente”), con gli animali e con le piante, e in tutti gli oggetti del mondo sensibile”. Così nelle mani (come poi, nella trattazione, nei piedi), “che da una parte offrono l’immagine dell’uguaglianza perfetta, e dall’altra quella di una grande differenza gerarchica”. Una differenza, cioè, in cui la destra è “più” (capace, giusta, migliore) dela sinistra.
Una serie di casi pratici Jünger faceva poi seguire. Agli incroci, “a destra, a sinistra” sono due direzioni, “ma il linguaggio ha già preso partito con un  giudizio, giacché la «direzione» è, di fatto, l’orientazione verso al Destra. L’espressione suggerisce che in fondo non esiste che una buona direzione. Più chiaramente anche in Italiano, in cui «dritto» e «tutto dritto» sono identici. La stessa opzione si traduce nei termini tedeschi che indicano la direzione migliore, dall’alto in basso, la verticae: senkrecht, lotrecht, aufrecht. In tutti i casi la destra è la regina, come tra gli angoli, dove si distingue l’angolo retto”.
E la sinistra? “Al contrario, la sinistra è la serva, che deve tenersi in disparte, cedere il passo.
 
Il conservatore è così detto da Henry James nei “Bostoniani”, a proposito del personaggio principale Basil  Ransom – attraverso la femminista Verena: “Educata, come lei era stata, ad ammirare idee nuove, a criticare le convenzioni sociali nelle quali ci si imbatte  quasi ovunque, e a disapprovare un gran numero di cose, non aveva tuttavia mai immaginato una  requisitoria così accesa come quella di Ransom, tanta asprezza vedeva lumeggiare dietro le due esagerazioni, i suoi travisamenti. Sapeva che era un forte conservatore, ma non sapeva che essere un conservatore potesse fare una persona così aggressiva e spietata. Pensava che i conservatori fossero solo pieni di sé e cocciuti e compiacenti, soddisfatti dell’esistente, ma Ransom non sembrava affatto più soddisfatto di quanto esisteva più di quanto lei voleva che esistesse, ed era pronto a dire cose peggiori su alcune di quelle che lei avrebbe supposto essere dalla sua propria parte di quanto lei avrebbe pensato giusto dire di ogni altro”.
Il conservatore può essere anticonformista e estremista.
 
Fede - “La nostra fede è una cosa vivente proprio perché cammina mano nella mano con  il dubbio”, fa dire al decano del Sacro Collegio (dei cardinali) in conclave lo scrittore Robert Harris (“Conclave”, p. 92): “Se esistesse solo la certezza, e non ci fosse il dubbio, non ci sarebbe mistero e quindi nessun bisogno di fede”. Lapalissiano, ma vero.
 
Heidegger – Si può ridurre a “l’essere dell’essere” – una lunga e lenta, ossessiva, divagazione sul tema.
 
Odio-di- – 
È la connotazione dell’epoca – nelle culture dette occidentali? Classificato in medicina (psichiatria) come un disturbo della personalità, all’origine di molti “disturbi mentali”, particolarmente della dismorfofobia, o “narcisismo «nascosto»”, e di forme di depressione, dilaga nelle discipline umanistiche e perfino in quelle scientifiche, nel senso esteso, storico, etnico, sociale, individuato per primo da Theodor Lessing, 1930, come “odio-di-sé ebraico”, la difficile, o disfunzionale, appartenenza etnica. E vent’anni fa, nel 2004, da Roger Scruton nel senso più lato di “oikofobia”, l’odio di sé della civiltà occidentale.

Rémy Brague può ora aggiornarlo (“Il Foglio” ,30 novembre) alla cancel culture o\e alla cultura woke di matrice americana, o anche alla “destrutturazione” francese del secondo Novecento, Foucault, Derrida, Bourdieu. Ma, più che ad attori\agenti determinati, precisa e insiste, a “un’atmosfera generale, dell’aria che respiriamo”. Di un pessimismo, o discredito, generale che è la chiave della percezione attuale. Dell’immigrazione come aggressione. Della storia dell’Occidente, come una serie di crimini. Dell’odio della religione. Delle istituzioni, compresa la famiglia. E fin della “legittimità dell’uomo nella sua esistenza concreta” (“secondo gli adepti dell’ecologia profonda, l’uomo è l’animale più pericoloso, un predatore universale…. Sarebbe più bello il pianeta senza uomini, diceva già Flaubert in una sua opera giovanile”).
Per misoneismo dunque (immigrazione)? O, al contrario, per desiderio di novità? Un’odio, si può aggiungere, nevrotico o rifiuto di sé, in contrasto con la situazione odierna, del never had it so good, mai stati così bene, nel reddito del più gran numero, nei consumi, l’alimentazione, la sanità, la durata della vita, nell’accumulo (proprietà), nell’autogestione. Donde, allora, l’ipercriticità? Dall’individualismo, secondo Brague, dalla percezione di sé come il tutto, ma senza sapere perché né come: “L’“odio verso sé” dell’uomo occidentale di oggi è un odio indiretto o, per meglio dire, per sostituzione. L’uomo dell’élite occidentale odia tutto ciò che viene da fuori e che lo determina. Ci sono determinazioni culturali come i genitori e l’ambiente sociale, il paese con la sua lingua, la sua cultura e la sua storia, ecc. Ci sono anche determinazioni naturali come il sesso o l’età, fino al fatto fondamentale di appartenere alla specie umana”.
 
Storia – “La storia vera è segreta”, Ronald Syme, il latinista del Novecento.
 
“Più si risale nel tempo e più numerose si fanno le menzogne” – detto cinese.
 
Verità – Il poeta René Char Char censiva “la perdita della verità, l’oppressione dell’ignominia artefatta che si nomina bene”, già nei “Fogli d’Ipnos”, i fogli della Resistenza.
 
La scienza non sa più verità del mito.
Ma alcune verità sono fatti, altre no.
 
Evola preparava una “Storia segreta delle società segrete”, a Vienna, dove le bombe lo resero cionco, con nome e documenti falsi, con i quali accedeva all’archivio segreto delle SS di tutti gli archivi segreti delle società esoteriche, massoniche, teosofiche. Ma la verità slitta.

zeulig@antiit.eu

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