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La memoria è più forte della realtà
La memoria, in forma di narrazione, di scrittura, è più forte della realtà. In dialogo pubblico, a Yvetot, il paese dove è cresciuta, e ne ha stimolato molte memorie, con la sua personale “cultrice della materia” Marguerite Cornier, la non ancora Nobel Annie Ernaux precisa il suo modo di raccontare. Come il suo modo di raccontare, di “fare storia”, si è venuto via via formando, si è imposto. Anche, aggiunge, per la forza delle immagini, le vecchi fotografie, che ne hanno catalizzato molte storie, occorrenze, ambienti, personaggi.
È la riedizione
della prima pubblicazione del “Retour” - il ritorno al paese, in Normandia,
nel 2012 – a suo tempo curata dalla municipalità. Arricchita da nuove
considerazioni sulla scrittura della memoria, da estratti del diario delle
elementari e da letterine d’epoca, con molti facsimile, specie di un’amicizia
infantile rimasta cara, e molte foto. Della scrittrice, giovane pin-up,
della scuola delle monache, delle amiche, del bar-drogheria dei genitori, del paese.
Della scrittrice
Nobel si scava tutto. Ma questa compilazione, oltre che di interesse per la
letteratura “della memoria”, la prima forma dell’autobiografismo oggi
imperante, è piacevole e distensiva. Soprattutto le immagini, dicono tutto con
poco della vis di Ernaux, apparentemente anodina, di ananke quotidiana,
scontata, e invece potente nella narrazione. Nel far riemergere, dando loro
spessore, vicende anche insignificanti. Soprattutto sul lato erotico, per la
capacità di dare corpo, come non altre prima di lei, a una narrazione
erotizzante. Con una curiosa inversione della vita di paese come
vissuta nelle rimemorazioni narrative, classista, mentre oggi la trova
esemplare della mixité sociale, l’ultima tendenza dell’urbanistica,
della coesione sociale invece della caratterizzazione divisiva, per quartieri o
per progetti immobiliari.
Lei
stessa ne dà la ricetta nel saggio “Comment écrire” aggiunto alla plaquette:
“Scrivere la vita è il titolo che mi è sembrato più adeguato
per definire il mio progetto di scrittura da quarant’anni e l’insieme dei testi
riuniti nell’antologia della collezione Quarto pubblicata da Gallimard.
Scrivere la vita, non la mia vita. In che consiste la differenza,
si dirà? È considerare ciò che mi è successo, che mi succede, non come qualcosa
di unico, di accessoriamente vergognoso o indicibile, ma come materia di osservazione
per comprendere, mettere a giorno una verità più generale. In questa
prospettiva non esiste ciò che si chiama l’intimo, non ci sono che cose che
sono vissute in modo singolare, particolare”. Appellandosi a Sartre, al suo “singolare
universale”, il solo modo per la letteratura di “rompere le solitudini”: “È solo
così che le esperienze della vergogna, della passione amoroso, della gelosia,
del tempo che passa, dei propri cari che muoiono, tutte queste cose della vita,
possono essere condivise”.
Annie Ernaux, Retour
à Yvetot, Éditions du Mauconduit, pp. 105, ill. € 13
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