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giovedì 17 novembre 2011

Contro la svastica, apologia dell’impero

Ripubblicato per i cinquant’anni in supereconomica, è il romando della storia filosofica o controfattuale , del “se…”. L’Asse ha vinto la seconda guerra mondiale. Ma anche gli Alleati possono averla vinta, secondo un romanzo incuneato in quello principale – o almeno gli angloamericani, l’Urss qui non c’è. L’oracolo non ha preferenze in proposito, l’“I-Ching” o “Libro dei Mutamenti”, la “saggezza millenaria cinese”, che segna la verità della storia nei suoi momenti. È il romanzo più famoso di Dick, e il più fumoso – è l’unico dei suoi libri di successo di cui non è stato possibile fare il film.
L’Asse dunque ha vinto la seconda guerra mondiale, ma qui siamo al punto in cui si rompe. Una lettura sempre attraente dopo mezzo secolo. Con sorprendenti anticipazioni. C’è già l’opzione tra pacifica dell’America californiana, invece di quella transatlantica dell’America del New England. C’è già la Fortezza Europa, ben prima dell’euro: la presidia il Reich. Sono i tedeschi a fare, nel 1962, lo sbarco sulla Luna, anzi giù su Marte. Mentre in Africa, che hanno desertificato, sperimentano i trapianti le staminali. La Germania ha anche risolto “il problema degli anziani”, con l’eutanasia. C’è già Speer invadente, prima del suo autorilancio. C’è già il Grande Orecchio, il controllo diffuso attraverso confidenti e intercettazioni. C’è già, nel romanzo fattuale all’interno di quello controfattuale, la Cina “gigante”, il cui risveglio viene dagli Usa con televisori a un dollaro, le autostrade, le fabbriche, l’atomica: “E quel mercato, formato da una massa sterminata di cinesi, mise in movimento le fabbriche di Detroit e di Chicago”.
Il romanzo si legge per lunghi tratti anche sull’ironia, solitamente indigeribile nella narrazione lunga. Compresa l’ironia involontaria di un Giappone colto, civile, mite - la sola parte del romanzo che ha suscitato qualche riserva negli storici, seppure controfattuali, e nei critici. Le generazioni emergenti del Giappone, dei giovani ma anche del vecchio saggio Tagomi, “che non ricordavano i giorni prima della guerra, e nemmeno la guerra stessa”. E simboleggiano “la speranza del mondo”, la fine della guerra. La copertina di questa riedizione riprende un giornale tedesco che parla di truppe francesi in missione Unifil-Onu nel Sud del Libano – il moderno Stato imperiale della giustizia e dell’umanità. Che riecheggia la filosofia apatica, fatalista, dell’oracolo: “Perché lottare? Perché scegliere? Se le alternative sono sempre le stesse”.
Per molte cose il libro si rilegge però col sorriso. Tocca ancora al conte Ciano ammansire le belve naziste, “un uomo intelligente, affidabile, molto coraggioso, completamente votato alla distensione internazionale”. Gli Stati Uniti erano in declino “fin dalla prima guerra mondiale”: l’ideologia americana è la negazione, l’impero americano è riluttante. L’America californiana conquistata è una grande Napoli malapartiana: vi si trafficano falsi, copie, contraffazioni, cimeli, ricordini, memorie, “ogni cosa” – non sesso. L’unico americano che resiste in cuor suo, dopo aver fatto la guerra, è un ebreo che pensa e parla yiddisch, ed è alla fine apatico, fatalista, sembra un calco tedesco. Il Giappone, cessato l’effetto ironia, è quello della macchietta, che s’inchina sempre, arretrando. Quando non rientra nel solito Oriente – il Giappone può’ essere indifferentemente cinese… L’Occidente vi è curiosamente in disarmo, di fronte a un Oriente da burla. Mentre la Germania è un mondo a parte, come un giardino zoologico, un recinto di bestie feroci, imprevedibili.
È un romanzo più citato che letto? In chiave sovversiva, la storia controfattuale è solo ipotetica. “La svastica sul sole” si può dire invece – è – un’apologia imperialista, per quanto sottile. Non per nulla l’Urss nel 1962 è scomparsa, non se ne dice nulla, solo un paio di righe, a proposito di von Paulus che vince a Stalingrado. I veri nazisti, può argomentare un personaggio italiano, in una parte della storia in cui è ancora credibile, “erano uomini mille volte migliori degli industriali come Krupp e dei banchieri”, e insegnarono il valore della manualità, “la dignità del lavoro” – “per la prima volta ho visto le mie mani”.
Philip K. Dick, La svastica sul sole, Fanucci, pp. 302 € 4,90

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