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domenica 20 luglio 2025

Ombre - 783

E dunque il “Wall Street Journal” rivede al rialzo le previsioni di crescita dell’economia americana, e al ribasso quelle sull’inflazione –malgrado i dazi, o le minacce di dazi. E non è un calcolo di favore, poiché il giornale è ora il Grande Nemico di Trump. E non si calcola che il dollaro ha perso quel 13-15 per cento che Trump voleva. Si vuole Trump pazzo mentre la verità della cosa era lapalissiana alla partenza - perfino questo sito poteva registrarla:

http://www.antiit.com/2025/04/a-pechino-la-meta-del-debito-usa.html 

(tra i tanti riferimenti): bastava leggere il (non lungo) programma del presidente dei consiglieri economici di Trump, Stephen Miran.
 
Sarà un caso ma i giornali che più antagonizzano Meloni e il suo governo, “la Repubblica” e il “Corriere della sera”, all’improvviso apprezzano la riforma della giustizia targata Nordio. All’improvviso no, dopo la messa in stato d’accusa della giunta di Milano.
 
Nel 1995 la sentenza Bosman cambiò tutto, nel calcio da allora comandano i procuratori e i club più ricchi. Platini trent’anni ne era certo: “Sarà una rovina”. Non per i giuristi, che la imposero e la celebrano, come una misura “rivoluzionaria”. Il diritto si presume “cieco”, e invece è “barbaro”  - si fa con la forza.
 
Non pare vero al “Corriere della sera” di montare in prima, e per quattro lunghe pagine interne, il ricorso di Palermo alla Cassazione contro Salvini. Questione di irrilevanza assoluta, e di cui non interessa nulla a nessuno – se non che le anime candide dell’immigrazione da salvare sono diventate caute. Ma si può così subito declassare l’inchiesta contro la giunta Sala sul business immobiliare a Milano. E, indirettamente, dire non dicendolo la magistratura inaffidabile. 
 
La Procura di Palermo salta l’Appello confidando nella condanna di Salvini in Cassazione. I giudici si conoscono fra di loro, le correnti assicurano che i “percorsi” di giudizio siano garantiti. Altro che mafia.
 
I genitori di Cavallari, il carcerato in licenza laurea che si è reso latitante, patrigno e madre, che sono stati sicuramente complici della fuga, sia al pranzo di laurea che dopo, nei dieci giorni di latitanza-vacanza, pagata da loro con carta di credito, hanno criticato e criticano il giudice di sorveglianza e la direzione del carcere per non aver disposto la scorta al figlio e figliastro. Si puiò essere così spregiudicati? Impunemente - nessuna polizia li incolpa, nessun giudici li manda a processo. Se non c’è politica non c’è giustizia.
 
175 milioni Elkann, tassa di successione inevasa, 280 Pignataro, omessa denuncia dei redditi, quando vuole, il fisco si fa pagare, presto e bene. Perché lo vuole a intervalli? E con pochi personaggi – per lo più famosi: se non sono famosi non si tassano?
 
Il risentimento contro Elkann è comprensibile, che ha chiuso la storia di Torino, della Fiat, della Juventus, e forse anche della Ferrari. Dopo la fiammata Marchionne, con la Fiat acquirente in America e in Germania, nientedimeno (non ebbe la Opel per l’invidia tedesca contro l’Italia, preferirono la Francia e il ridimensionamento). Ma poi bisogna chiedersi perché in Europa si investe nell’auto in Spagna e in Inghilterra, oltre che in Polonia, Romania e Serbia, ma non in Italia. Neanche con gli “aiuti” del governo – i cinesi.
 
Se non che, fra un cosa e l’altra, Elkann e i suoi fratelli hanno versato al fisco almeno 1,2 miliardi. Di tasse dovute. Sempre per “accordo” – senza la perseguibilità, cioè - ma dopo accertamento. Su una semplice denuncia della madre. Non si può dire che il fisco non sia un signore, coi signori. Il fisco carogna è in virtù della famosa Riforma Visentini, 1974 - carogna solo col reddito fisso, spulcia, e punisce, i centesimi.
 
Vince Sinner e subito Kyrgios posta su X un asterisco, quello che si mette nelle vetrine dei titoli quando sono stati 
obliterati perché il vincitore non ne era degno. E per questo viene citato da tutti quelli che scrivono di Sinner. Per l'autortià di Kyrgios? Un tennista trentenne, australiano-greco-maltese (un tempo si diceva “levantino”), una ex “giovane promessa”,  che si mantiene a galla come il paguro, attaccandosi al più forte. Decisamente l’informazione si toglie il terreno sotto i piedi.

 
Eccesso strabiliante di borseggi e scippi per la calli e sui vaporetti di Venezia. A opera di rom,  minorenni e ragazze. Che hanno organizzazione tribale, e quindi basterebbe renderne responsabile il capo-clan per bloccare il borseggio – è possibile anche un intervento più radicale, obbligarlo a lasciare la città. Ma bisogna far finta che i rom non esistano.
 
I borseggi si moltiplicano anche a Roma (e a Milano, stando a “Striscia la notizia”), nelle stazioni e sui treni della metro quando sono affollati. Qui non di bambini, ma di adulte specialiste. Perché la legge Cartabia ha depenalizzato borseggi e scippi: non sono atti di violenza (sic!), si perseguono solo su denuncia. Una incredibile stupidaggine. Ma non si dice, perché Cartabia è tutti noi, giudice costituzionale eccetera – non doveva fare anche la presidente della Repubblica, la prima donna?  
 
Lnnedì, qualche minuto dopo che Bruxelles annuncia la bocciatura del golden power di Giorgetti contro UniCredit, “Il Sole 24 Ore” mette online  “Banco Bpm scala il listino”. Può essere, certo, contro la scalata di UniCredit su Bpm, e comunque in favore di Bpm francese, o leghista, o senese che sia, ma Bpm aveva già conosciuto di più che 10,4. Si dice una cosa per non dire (nascondere) quella vera.

Due-tre cose da dire di Israele

“Mattarella: colpire chi prega e chi ha fame genera odio”. Dice giusto il presidente della Repubblica.  Compresa la cura di non nominare l’esercito o il governo israeliani. È come un avvertimento da amico, il sionismo è una pietra d’inciampo difficile – da rispettare comunque.
 
Quale che sia la verità dello sterminio quotidiano dei palestinesi alle code per il cibo e l’acqua, fa senso che a sparare ad alzo zero sulla gente ammassata siano dei giovani, coscritti. E forse anche gli stessi ogni giorno, ad azionare voluttuosamente la mitragliatrice. Trenta-quaranta-cinquanta morti al giorno richiedono un buon quarto d’ora di fuoco – preparazione, mira, sostegno, ricarica, inceppamenti, eccetera.
 
S’immagina senza difficoltà Netanyahu dare l’ordine, l’uomo non ha freni. Ma l’artiglieria, i carristi? L’imbarbarimento probabilmente è generale – anche nella diaspora, l’insofferenza per preti, vescovi, cardinali, papi.
Nessuna artiglieria colpisce per caso un edificio visibile come s’immagina una chiesa. Meno che mai una artiglieria sperimentata dall’esercizio quotidiano, ormai da anni. È comunque impossibile se a tirare è un carro armato, che non deve fare “aggiustamento”, come il pezzo fisso o il semovente, non ha un obiettivo che non vede, colpisce a tiro fisso, senza traiettoria - ad "alzo zero" tira anche l'artiglieria, ma non è considerato esercizio onorevole, è da disperati o da cattivi. 

Si capisce la collera del pur mite papa, Netanyahu è notorio ipocrita. Non si tratta solo del tiro al bersaglio su palestinesi disarmati, solo affamati. Obbligare degli ebrei di venti anni a operare come i famigerati Einsatzkommandos è terrificante

Frantumare l’individuo, il lungo potere maoista

“Nella primavera del 1967 la Rivoluzione Culturale era in Cina all’apogeo. In un centro di rieducazione per Famiglie del CCP, il partito Comunista Cinese, una “sessione di denunce” si concentrava sugli individui “neri” – quelli così etichettati intendendosi “cattivi elementi” in quella stagione politica maoista. Sei persone vennero denunciate quel giorno: cinque adulti e un adolescente, il figlio di XI Zhongxun (1913-2002), che era stato capo della propaganda e vice-primo ministro, prima di cadere vittima di una purga brutale”. Con prigione e confino, nel quadro della Rivoluzione Culturale maoista, governata dalle Guardie Rosse, e del programma di Ritorno alla Terra, o rieducazione politica.
Una storia a lieto fine di un regime comunista, che in genere non ne annovera – Mao “rieducava”, seppure col confino e la fatica (umiliazione) nei campi di lavoro, e non fucilava.
La prima vera biografia del presidente cinese – sembra strano ma è così. Thibault, corrispondente da Pechino, ne fa la recensione. La scena così prosegue: “L’umiliante berretto d'asino che è costretto a portare in testa perché suo padre è stato accusato di slealtà verso Mao è così pesante che il ragazzo tredicenne deve aiutarsi con le mani. Di fronte a lui l’assemblea, a pugni alzati, urla “abbasso Xi Jinping”. E sua madre non ha altra scelta che fare lo stesso”.
Il titolo di “Le  Monde” scimmiotta la Trinità, ma il comunismo cinese è qui per restare, sebbene solo come sistema di potere e non professare giustizia, eguaglianza, etc., sul vero principio maoista del potere: frantumare l’orgoglio, l’individuo.
Harold Thibault, 
The father, the son and the Party, “Le Monde” (leggibile anche in francese, En  Chine, Xi le père, le fils e le Parti)