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martedì 20 marzo 2012

Umbratile, impegnato, scomunicato, Cassola

È la riedizione del Supercorallo Einaudi del 1959, con analogo titolo. Con una cronologia e una nota al testo di Alba Andreini che sono un racconto a sé, attingendo a fonti inedite e agli archivi Einaudi. Un vivace ritratto di Manlio Cancogni, amico della vita di Cassola, ne esaurisce la biografia, caratteriale e artistica se non puntuale. Era un’altra epoca, un altro mondo: una gita al mare a Marina di Pietrasanta nell’ottobre del ’48 vede assieme Cassola, Cancogni, Bassani, Carlo Laurenzi e Hombert Bianchi – il giornalista gentiluomo futuro direttore del “Giornale del Mattino” di Firenze. A Grosseto Cassola lavora insieme con Bianciardi. All’Einaudi ha come redattori Calvino e Luciano Foà. Quando a vent’anni era entrato, da Roma dov’era nato e cresciuto, a Firenze per il tramite del cugino Piero Santi, gli interlocutori sono Fortini, Parronchi, Franco Calamandrei.
Cassola ha vissuto gli ultimi vent’anni tra le polemiche politiche, per il pacifismo totale, e per una propensione alla polemica. Ma è scrittore letterato. Tracciato anche lui - come Pasolini – all’esordio nel 1942 da grande fiutatore Gianfranco contini. In contatto con gli ambienti fiorentini, di “Letteratura”, “Paragone” che negli anni 1930-1940 facevano la letteratura italiana. Autore di racconti umbratili, crepuscolari alla Marino Moretti, uno scrittore di una generazione precedente ancora in auge. Della stessa insularità senese, seppure decentrata, di Tozzi. Di esistenze umili e introflesse, anche nella Resistenza, Racconti d’ambiente e non di caratteri, da fermo, in surplace, dove nulla accade, non c’è aneddoto né intrigo, neppure della natura inclemente o del caso-fato avverso, istantanee di vita dettagliate, minute, e indistinte. Non un personaggio resta, ma un mondo. Il mondo degli umili – Cassola fu segnato dalla lettura di Verga - negli anni della nostra vita o epoca, postbellici cioè, ma precedenti al boom.
Ma conviene dirne di più. Dei crepuscolari Cassola ha distinta la vocazione alle tonalità basse, di personaggi non eroici, nelle gesta quotidiane. Del rifiuto netto dell’ideologia, religiosa come politica, per una sorta d’integralismo umanitario e di libertà. Ma, a differenza dei crepuscolari, è stato impegnato in tutte le più minute attività sociali e politiche, dall’insegnamento nelle scuole al consiglio comunali e alla Lega per la pace e il disarmo unilaterale. Si può anzi dire personaggio civile quanto nessun altro scrittore italiano, impegnato nella politica ideale e pratica con giudizio sempre attento e non per comodità o opportunismo. Già nel 1935, a diciott’anni, si vedeva con Zangrandi, Alicata, Zevi (e Vittorio Mussolini) in un Movimento Novista Antifuturista, in realtà di fronda al regime. Qualche mese dopo ne mise assieme uno suo, più propriamente di critica al regime, con Alicata e Zevi tra gli altri. Fu attivo nella Resistenza dopo l8 settembre. Dubbioso sul Fronte Popolare nel 1948, sarà poi attivo in politica tra i radicali del “Mondo” di Pannunzio e i socialisti di Nenni. Tra i creatori nel 1952 di unità Popolare, un partito che non sfonda alle elezioni del 1953 e nel 1958 confluirà nel Psi. Di cui Cassola diventa esponente di spicco (ne sarà consigliere comunale a Grosseto fino al 1964. Quindi, negli ultimi venti anni, nel pacifismo militante – un percorso analogo a quello di Jean Giono in Francia, suo gemello se non modello. Nel 1977 fonda la Lega per il disarmo, per il disarmo unilaterale, con la quale tiene raduni e convegni. Dal 1979 in collegamento con la Lega Socialista dei radicali di Rutelli, col quale pubblicherà l’anno successivo in alcuni numeri il mensile “L’asino”, un’antica testata socialista, per il disarmo unilaterale.
In questa battaglie Cassola è però stato spesso osteggiato, anche con virulenza. E non sempre per colpa, caratteriale o errore di scelta. L’aver tratteggiato la Resistenza fuori dagli schemi, nei romanzi “Fausto e Anna” e “La ragazza di Bube”, gli valse una sorta di ostracismo. “Fausto e Anna” s’indusse perfino a riscriverlo, sulla base delle riserve del suo estimatore ed editore Calvino, dopo un’accesa e lunga polemica, a riscriverlo. Cassola è stato uno scandalo in vita, benché mite e ritroso, e continua a esserle dopo morto, per il greve silenzio.
Si riedita ora timidamente da un paio d’anni, dopo un quarto di secolo di silenzio. Negli Oscar di cui pure fu la colonna. Con un milione e mezzo di copie, “reali”, nei primi vent’anni della collana, dopo il 1965. Cassola morì nel 1987, ma già da molti anni era stato accantonato nella “stima”, seppellito dai lazzi del Gruppo 63, un’avanguardia che dominava le redazioni culturali. Mentre il suo schieramento politico radicalsocialista lo isolava nella “politica culturale” dominante, del Pci. Un assassinio di lunga durata. Oggi Cancogni si ricorda nelle biografie della Fallaci, bersaglio delle prime imprese della giornalista al liceo, già allora in cerca di glamour, che lo irrise con un tazebao. E il posto di Cassola più venduto è stato preso da Umberto Eco, che animava il Gruppo '63 - gruppo che si celebra a Palermo, dove si consacrò nel 1965 su iniziativa e invito di Pietro A. Buttitta, omettendone il nome (Pietro non era bello abbastanza?).
Carlo Cassola, Il taglio del bosco. Racconti lunghi e romanzi brevi, Oscar, pp. LXVII + 505 €12

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