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giovedì 17 maggio 2012

Letture - 95

letterautore

Cassola – Joyciano? Prima dell’“Ulysse”. Bilenchi si dice in “Amici” quello che per primo lo fa pubblicare, con la raccolta “La visita”, da Bonsanti per le edizioni di “Letteratura”. Convinti entrambi, lui e Bonsanti, contro le perplessità di altri amici, che “negli scritti di Cassola c’era una novità, sia pur piccola, la quale non veniva soffocata dalla palese influenza di Joyce sul giovane scrittore”.

Céline - Saul Bellow lo fa “nichilista positivo”. In “Ravelstein”, il racconto di due ebrei, il protagonista Allan Bloom (“Ravelstein”) e l’autore Bellow, Céline emerge in una delle prime pagine, quale autore di una “commedia, o farsa, nichilista”. E su questo “intransigente”: “Robinson (il personaggio alter ego di Céline, n.d.r.), il nichilista non transige su un punto solo: non mente sulle poche, pochissime cose che contano veramente”. Bloom-Ravelstein lo spiega all’autore, con una chiave persuasiva: “La situazione di questo Robinson è un replay del dramma medievale in cui i criminali più malvagi, abbandonati a se stessi, tornano a rivolgersi alla Beata Vergine”.
L’autore, Saul Bellow, se ne convince quando pensa di essere in punto di morte, per aver mangiato in un ristorante dei Caraibi un pesce velenoso. In una delle tante pause dell’interminabile ritorno alla salvezza negli Usa, confida alla moglie sconvolta: “Céline non avrebbe finto di non aver collaborato alla Soluzione Finale”. E in rapporto a “Grielescu”-Mircea Eliade, di cui è stato amico a Parigi ma che gli si è rivelato fascista e poi nazista, per vent’anni, e antisemita: “Non avrei scambiato l’interbase Grielescu con l’esterno destro Céline. Se la metti in termini mutuati dal baseball puoi comprenderne facilmente la follia”.

Confessione - Il romanzo viene dalla lanterna magica, dalla soffitta abbandonata, come dice Zambrano. Con un tempo diverso da quello della vita. Quando giunge a essere tempo del-la vita, Proust, Joyce, è una confessione. E, come in Giobbe, risuona della voce dell’autore. Che è il pregio della confessione: parola a viva voce.
La confessione è un romanzo, essendo narrazione. Il presupposto, della confessione come del romanzo, è che l’uomo soffre e rischia di perdersi. È genere letterario recente, che tenta di farcire il vuoto dell’inimicizia tra la ragione e la vita. Si trovano questi pensieri in Maria Zambrano, che la confessione propone a rimedio agli immaturi europei, sherpa del mondo vanitosi: “È stata nostra caratteristica aver agito, noi europei, dopo venti secoli di cristianesimo e altrettanti di filosofia, come adolescenti, esserci affidati all’azione per uscire dall’ermetismo del nostro cuore indurito”.

Inflazione – Sempre più regola i linguaggi: gestualità, parole, titoli, presentazioni. Da tre decenni a causa del politicamente corretto, in una con l’insignificanza dei linguaggi, ricercata, come un valore. Da qualche anno per l’adozione-invasione della pubblicità, per natura esagerata. Tutto è super in televisione, perfino i convenevoli e i buongiorno. I ristoranti moltiplicano i cappelli, gli alberghi le stelle. Tutto è – dev’essere – ecocompatibile, che non vuol dire nulla. Tutti i capiufficio sono direttori o vice-presidenti, anche se non si sa di che. L’“Economist” ha rintracciato perfino un Direttore di Prime Impressioni, sta per usciere. Tutti gli onorevoli a Roma sono presidenti di qualcosa. Anche i non-onorevoli che bazzichino Politopoli. I vecchi “dottori” sono ora professori. E così ogni medico in ospedale. Non ci sono più abitazioni tranquille, o modeste, o borghesi, ma residenze “mozzafiato” con finiture “di lusso” in ambiente “esclusivo”. Nelle crociere, negli alberghi, negli investimenti immobiliari non ci sono più proposte diversificate per dimensioni, finiture, posizione, ma soluzioni “di lusso” oppure, dice ancora l’“Economist”, “luxury”, “superior luxury” e “grand superior luxury”.

Informazione - Si leggono i siti dei giornali in sostituzione dei giornali. Per mancanza di tempo: andare in edicola, tornare, sfogliare, cercare una cosa, prende tempo. Per non spendere un euro – almeno finché i siti saranno gratuiti. Con milioni di contatti – idem. Per poterne “vedere” molti invece di uno. La comunicazione in internet è del resto molto più vasta dei giornali online. Ma si è meno e non più “informati”.

Intellettuale – Un’élite camuffata da egualitaria, la vuole Allan Blom nella memoria (“Ravelstein”) del suo amico Bellow. Che sfrutta l’egualitarismo, si può aggiungere, e lo devitalizza.

È una forma di potere, il potere intellettuale, che è esclusivo. Per secoli le donne poterono godersela con cavalieri, menestrelli e palafrenieri. Poterono perfino diventare sacerdotesse e, in Francia, ascendere al trono grazie a una legge salica di cui poco o nulla si sa. Ma non poterono entrare all’università - che era chiusa peraltro ancora nel Duecento ai frati mendicanti, Tommaso d’Aquino, Buonaventura.
Il potere si esercita con l’esclusione. E l’intelligencja è una maniera di esclusione. Il potere più feroce è quello politico, che giudica e squarta. Più determinato è nella forma religiosa. Il più furbo, naturalmente, è quello economico, che calcola senza passione. Il più ingiusto è quello intellettuale. Le donne non sono discriminate per il sesso, che scemata, ma per l’intelligenza.

L’intellettuale di Saint-Simon, il marchese industrialista, grande di Spagna, ha sempre gli occhiali, che allungano, accorciano, deformano. Simmel lo fa sociale: “L’uomo puramente intellettuale è indifferente a tutto ciò che è propriamente individuale”. Ma l’intellettuale individuo è in carriera e anzi incoercibilmente individualista, al riparo dell’esercizio critico.
Fu “operatore” in una parte del Sessantotto, adiacente a “Tempi Moderni”, a iniziativa di Cesare Garboli. Una sorta di salariato. Ma senza funzione se non per il prodotto: giornalista, redattore editoriale, pubblicitario. Fu detto anche Intellettuale Collettivo.
“Organico”, orrenda parola, è di Gramsci. Fu Mitlaüfer a metà degli anni 1935 con i Fronti Popolari, compagno di strada, un po’ gregario.

A lungo l’intellettuale non ha avuto radici, era un vagabondo, di casa mutevole dove curiosità e speranza lo spingevano. Viaggiavano i filosofi antichi, e quelli cristiani, e i poeti: Lullo, Dante, lo stesso pantofolaio Petrarca. È il qalendar persiano, di cui l’Iran ha perduto la memoria, W. Ivanov ci ha lavorato quarant’anni per ritrovarlo. Variamente tradotto outlandish, scholar-gipsy, uccello migratore, benché viva nella sua poesia, insiste Henri Corbin, il qalendar è “libero come il vento”, uno che “non dorme due notti nello stesso posto”. L’intellettuale ha ora invece l’intelligenza del sentimento - il rivoluzionario è intellettuale, dice Hobsbawm, storico compagno. Ma se organico al partito dev’essere politico, prudente: si evince da Gramsci, e l’opinione è consolidata in Occidente a partire dalla Riforma protestante, conclusa dalla Riforma cattolica a Trento, che fu concilio di storici e letterati, con alcuni teologi.

Pound – Frequentato da Bilenchi a Rapallo nell’invenro del 1941, durante una lunga convalescenza nella cittadina ligure, su presentazione molto ben accetta di Montale, è irrimediabilmente fascista. Dell’opinione incrollabile che il fascismo è un “superamento” del bolscevismo, sul fronte anticapitalista e su quello del progresso umano e sociale (le corporazioni, l’assistenza, la previdenza), e gentilmente rigido contesta ogni obiezione di Bilenchi, fascista di sinistra già mezzo comunista. Che però ne mantiene memoria di uomo eccezionalmente vigoroso, occupato in interminabili esercizi ginnici e partite da tennis. Nelle pause dei viaggi a Roma per parlare alla radio contro gli americani. Integro, nella sue “fissazioni”. Non remunerato per i radiodiscorsi. E anzi con i conti bloccati in banca, ricorda Bilenchi, in quanto cittadino americano, quindi nemico.
La novità più importante e trascurata di questo ritratto di Bilenchi è che Pound nel 1941 gli disse di Joyce, che lui stesso aveva “costruito”, nella redazione, per la pubblicazione, in libreria, nella critica: “Non vale nulla”. Con l’aggiunta: “Joyce non ha inventato nulla, c’era già tutto in questo libro”. In “Tarr” di Wyindham Lewis: “È tutto qua dentro”.

letterautore@antiit.eu

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