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lunedì 14 maggio 2012

Il mondo com'è - 94

astolfo

Arianesimo 3 - Fu un altro inglese, Chamberlain, a dare l’“arianesimo” ai tedeschi, che del suo La genesi del XIX secolo, 1.500 pagine, comprarono centinaia di migliaia di copie. I Wagner se lo sposarono, il kaiser ricostituì sul suo libro la propria anima e il governo. Nel contempo si diffondeva in Inghilterra la teutomania del dottor Arnold, etnologo, detto l’“odiatore dei celti”, che vedeva teutoni ovunque, a partire dall’India. Ci vuole determinazione per dare purezza alla razza in Europa, che è un trivio, o negli Usa. Ma è in Francia che l’“arianesimo”, come ogni altra dottrina, fu perfezionata. Da Paul de Lagarde, il quale scelse di essere tedesco malgrado le ascendenze lorenesi, voleva Parigi rasa al suolo, e ungheresi, turchi, lapponi e celti perire, in omaggio alla religione dell’avvenire. Fine Ottocento pullula di religioni dell’avvenire: in questa chiave si sostenne pure che il marxismo è opera dell’“ariano” Engels, cui il semita Marx l’ha rubato.
Lagarde fu amato da molti Thomas: Carlyle, Masaryk e Mann, il quale lo nominò Praeceptor Germaniae. Il genio di Gesù, sosteneva, fu di “non voler essere ebreo”. Lagarde lo sostenne nell’ambito dell’“arianità” di Gesù, dolicocefalo biondo, mentre Chamberlain lo faceva “ariano” ad onore. Vacher de Lapouge annesse ai dolicocefali biondi Dante e Napoleone.
Fino a Drumont l’“arianesimo” fu francese. In Germania ebbe un solo avvocato prima di Hitler, Arthur Trebisch, che era ebreo. Arnaud de Quatrefages, padre dell’antropologia francese, disse peraltro i tedeschi “ariani” a metà, i prussiani essendo slavo-finnici, o finnici, popolazione che il professore non stimava in quanto ramo inferiore della razza bianca. L’ipotesi il dotto politico e scienziato teutone Rudolf Virkow empiricamente verificò nelle scuole tedesche, svizzere, austriache e belghe. La ri-cerca durò dieci anni e coinvolse quindici milioni di ragazzi, di cui si misurò il cranio e si rilevò il colore degli occhi e dei capelli. L’idea iniziale era di misurare i soldati, ma i generali non vollero. Coronò lo studio la scoperta che pure i finnici sono biondi, benché non dolicocefali, verificata personalmente da Virchow, il quale a tale scopo si recò in Finlandia.

Governo, Parlamento, Tecnici – Il testo che segue, sulla sostituzione della “tecnica” alla “politica” in regime plebiscitario, si leggeva nel 1932, al § 74, del “Lavoratore” di Ernst Jünger (in traduzione italiana “L’operaio”):
“Bisogna rifarsi qui al modo in cui i Parlamenti cessano di essere organi del concetto borghese di libertà e istituti di formazione dell’opinione, per convertirsi in unità di lavoro. Conversione il cui senso equivale a trasformare degli organi sociali in organi esecutivi. Bisogna qui rifarsi alla padronanza della tecnica del plebiscito che si compie in uno spazio in cui non soltanto il concetto di popolo ma anche le alternative emerse in argomento hanno rivestito un carattere molto equivoco. Bisogna inoltre rifarsi alla sostituzione del dibattito sociale e politico con l’argomento tecnico, che corrisponde alla sostituzione del ceto politico con gli esperti. In questo contesto si situa anche il prosciugamento della palude della libertà di opinione che è oggi la stampa liberale. Qui, ancora una volta, bisogna riconoscere che le tecniche sono molto più importanti dei singoli che producono l’opinione all’interno delle tecniche stesse. La macchina, il cui funzionamento assorbe a elevata andatura questa opinione, è infinitamente più pulita, la precisione e la rapidità con le quali non importa che giornale di partito giunge ai suoi lettori sono infinitamente più significative di tutte le differenza di partito immaginabili. È una potenza, ma una potenza di cui l’individuo borghese non sa più servirsi, e che utilizza, per difetto di legittimazione, come un perpetuum mobile della libera opinione.
“Si comincia infine a vedere che un’umanità molto uniforme è qui all’opera e che il fenomeno degli scontri di opinione deve connotarsi come uno spettacolo che l’individuo borghese rappresenta ripartendo i ruoli. Tutte persone radicali, cioè noiose, il cui tipo comune d’alimentazione consiste senza eccezioni nel monetizzare i fatti in opinioni. Il loro stile comune si definisce come un entusiasmo ingenuo scatenato da non importa che punto di vista, non importa quale prospettiva, di cui essi abbiano l’esclusiva – e dunque come il sentimento di un vissuto unico nella sua forma più svalutata”.

Islam – Ha sempre vissuto nella guerra civile, dagli inizi e in ogni sua conquista (in Spagna, per esempio, in Sicilia). Non ha nella sua tradizione politica (culturale) un Alberico Gentile, quello del “silete, theologi!”. O un Hobbes, buon credente ma antigesuita e antiprotestantesimo, nonché anti-independentista inglese.
Tuttavia, fino a quarant’anni fa, anche fino a trent’anni fa, all’avvento del khomeinismo, pur all’ombra del terrorismo palestinese, contro Israele, il Libano, la Giordania, era un mondo a parte. Alla ricerca di una collocazione tra Ovest e Est, tra capitalismo e comunismo, ma dominato da valori desueti, tutti di buon gusto. La cerimoniosità, l’omaggio alla bellezza e all’intelligenza, delle persone e della parola, il culto dell’ospite. In tutto il Maghreb, inclusa la insocievole Algeria, al Cairo, in tutto il Libano e a Damasco, in Iran, e massimamente tra i Palestinesi. Ahmed Shamlù, ultimo grande poeta persiano, riempiva gli stadi e si diffondeva in long-playing. Umm Khaltum al Cairo, Feiruz a Beirut cantavano per ore, per un pubblico estasiato, seppure di soli uomini, canzoni d’amore. Le donne a Teheran, Isfahan, Shiraz risentivano come una violenza la promiscuità imposta dallo scià in segno di modernizzazione – la stretta di mano, la conversazione obbligata con gli uomini.

Poteri forti – Ritornano costantemente nella pubblicistica ad adombrare un classismo mascherato e subdolo. E a spiegare il malfunzionamento della democrazia, prospettando la paranoia del complotto. Ma ci dev’essere dell’altro.
Carl Schmitt, il maggior filosofo politico del Novecento, li spiega nel “Leviatano”, il suo studio di Hobbes, connaturati allo Stato, al regime costituzionale (pp. 116-117): “Il pensiero hobbesiano è riuscito a farsi valere, assai efficacemente ma per così dire in via apocrifa, nello Stato «di leggi» positivistico del’Ottocento. Gli antichi avversari, i poteri «indiretti» della Chiesa e delle organizzazioni degli interessi, si sono ripresentati in questo secolo (il Novecento, n.d.r.) sotto la forma moderna di partiti politici, sindacati, gruppi sociali, in una parola come «forse sociali». Strada facendo, si sono impadroniti del potere legislativo e dello Stato «di leggi», scavalcando il Parlamento”.
Potere “indiretto” va inteso nel senso che J.Burckhardt gli dava, un potere che agisce “per mezzo di autorità secolari che (ha) precedentemente maltrattato e umiliato”. L’esito è noto – nelle parole di Schmitt: “Così, grazie al’irresponsabilità di un dominio soltanto indiretto – ma non per questo meno intenso – si ottengono tutti i vantaggi del potere politico e se ne evitano i rischi”. Il liberalismo è diventato il cache-sex di “potenze supremamente illiberali”. Con effetti mefitici sull’opinione pubblica: “Questo tipico metodo indiretto à deux mains permise ai poteri indiretti di presentare la propria azione come qualcosa di diverso dalla politica, cioè come religione, cultura, economia o come una faccenda privata, e tuttavia di sfruttare a proprio tornaconto tutti i vantaggi della statualità”.
Non rimane nulla, in effetti.

Si può dire di questi regimi che sono democrazie per procura. Ancorché costituzionali, ma di un parlamentarismo esangue (parolaio, inutile, asservito alle lobbies).

Sinistra-Destra – Nel 1936 Mussolini fece chiudere “L’Universale”, periodico di Berto Ricci, fascista della prima ora e al momento volontario in Etiopia. Concedendo un ultimo numero, nel quale promuovere, “se guerra ci dev’essere”, l’alleanza di Russia, Germania e Italia “contro le potenze capitaliste”.

Tra i libri che Romano Bilenchi, giovane fascista passato al Pci, passa da leggere e Leone Traverso nelle estati solitaria a Firenze durante la guerra ci sono, insieme con John Reed, Lenin, Trockij e la Krupskaja, tutto von Salomon: “I cadetti”, “La città”, “I proscritti” e “Il Memoriale”.

astolfo@antiit.eu

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