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lunedì 14 maggio 2012

Milano è corrotta, ma tra parentesi

Sergio Segio era già celebrato su “Repubblica” molto prima che, ultimamente, nel salotto di Lucia Annunziata su Rai 3: a fine maggio 1999, quale sociologo del terrorismo. A nemmeno vent’anni dai tanti assassinii di sua progettazione e personale esecuzione, di alcuni giudici tra gli altri, Emilio Alessandrini e Guido Galli. Stajano ne fa uno dei suoi brutti “incontri” in questo viaggio nella città e nella memoria, nella Milano terrorista e corrotta. Una memoria perfino troppo piena, si può dire, essendo egli stato del terrorismo il primo testimone quasi oculare, arrivando per caso alla Banca dell’Agricoltura a piazza Fontana pochi minuti dopo l’eccidio, mentre i feriti venivano portati via dalle ambulanze e “qualcuno – un infermiere, un poliziotto? – gettava in un mucchio informe braccia, gambe, teste, pezzi di cadavere trovati via via nel salone”.
Strano viaggio, caduto nel vuoto (è già vecchio di tre anni), “nel cuore e nelle viscere della città”. A Milano evidentemente non è piaciuto, se ne sa l’esistenza giusto nei cataloghi. Nostalgico, di un’altra città, bene amministrata, illuminista, caring. Ma il prologo è già il libro: l’autore ex studente alla Statale, con un parterre di professori di gran nome, tutti sempre “via, per un processo, una consulenza, un consiglio d’amministrazione”, trova ritornandoci nella bacheca dei professori nomi noti, “i figli, o forse i nipoti, degli antichi maestri”. La seconda immagine è quella di Antonio Cederna, che nel 1953 guarda il nuovo piano regolatore e non ci trova più “il centro della città” dove vive da trent’anni, “atrocemente tagliato, mutilato, devastato”.
Un viaggio nella deiezione, in un città sorda e muta, un inferno notturno, freddo, per un sonnambulo con gli occhi sbarrati. Strano anche nella rabbia repressa. Tra le macerie, morali e materiali – proprio di mura scrostate, di buche, di marciapiedi – della capitale mandevilliana d’Italia, dei “vizi privati pubbliche virtù” cui Milano pretende. Con un Montanelli, oltre che un Sergio Segio, dal vero: forcaiolo, fascistone, reazionario, pulcinella dell’anticonformismo, di “abilissima verve” e “uso sapiente e spregiudicato delle bugie”, antisemita, cui Milano “ha dedicato nel 2006 una statua dorata”. Con i Crespi arroganti sempre, i padroni del “Corriere della sera”. E poco altro, la corruzione della città è chiusa in una parentesi. Anzi, gli unici colpevoli sono Craxi, Ligresti e Berlusconi – e i tedeschi naturalmente, con gli americani che poi li salvano, salvano i tedeschi, a guerra perduta. Quasi una “sindrome di Stoccolma”, della vittima affascinata dal criminale: Milano soprattutto si vuole indignata, con gli altri (“le piace buttare la merda al piano di sotto”, diceva Malaparte).
Corrado Stajano, La città degli untori, Garzanti, pp. 255 € 16,60

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