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sabato 19 maggio 2012

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (128)

Giuseppe Leuzzi

Siamo kantiani. Dice Kant che ciò che sta al di sopra di ciò che ha un prezzo, e che non ha prezzo, è dignità. Il Sud non avendo prezzo, non sarà tutto di dignitari?

Si chiama Libero il cane dell’amico d’infanzia calabrese a Belgirate, dove fa il professore.

È incredibile il cumulo di sciocchezze che si sentono sulle donne al Sud. Sull’asservimento eccetera, derise, sbeffeggiate. E più sull’essere madri, che è il bello delle donne.
Anche da parte delle donne meridionali.
La madre mediterranea è invenzione di Corrado Alvaro.

Resistono forti i microcosmi, malgrado l’omologazione dominante e ormai lunga. Separati, molto diversi (anomali) e caratterizzati, negli accenti, i linguaggi, gli atteggiamenti, perfino nell’aspetto.

L’ironia è costante al Sud, una sorta di seconda pelle. Manierata in Sicilia, competitiva in Calabria, feroce a Napoli, ma irrinunciabile. L’ironia, si sa, demolisce e non costruisce, specie in amore e in affari.

La Spagna è cattiva non solo a Milano. Era cattiva già al tempo dei Borgia, che invece curavano il giardinaggio e l’arredamento. E diedero il primo santo ai gesuiti.

Per molti anni, fino al 1948, l’Italia è stata fatta anche dal Sud. Dallo hegelismo napoletano e dalla sua concezione dello Stato alto, attraverso i burocrati e i magistrati.
Poi il discorso del Sud si è spostato sulla criminalità, e ora non è niente altro.

A Nord, in Germania per esempio, il basso è in alto: la Bassa Sassonia, la Bassa Baviera sono le regioni settentrionali.

Napoli
Era una capitale d’Europa, che l’unità ha duramente punito. L’unica – non Torino, non Milano.

Pagare il pizzo alla camorra per fare un film (“Gomorra”) contro la camorra non è male. Sembra strafottenza napoletana, e in parte lo è - come aver dato parti non marginali a camorristi anche non piccoli nello stesso film. Ma conferma che le mafie sono solo interessate ai soldi. L’onore? La politica? Il potere? Il controllo sociale? Sono imprese, nefaste.

È stata la capitale del postmoderno, nel rinascimento bassoliniano e dopo: il recupero e il cambiamento (stravolgimento) d’uso. Le stazioni super di una metropolitana che non c’è. Il chiostro di Santa Lucia disfatto per rifarlo com’era nel Cinquecento. Gli alberi d’epoca (del Trecento? del Cinquecento?) trapiantati forzosamente a san Martino. Il riutilizzo di cappelle, chiese, acciaierie, fabbriche, col loro fondo d’inquinamento e morti, costoso e impraticabile. L’invenzione dello spreco.
In termini poveri, è la camorra degli architetti.

“Quale italiano ha fatto con la penna per l’Italia più di noi in tre anni?”, Dumas poteva vantarsi nel 1862. E per Napoli naturalmente, dove profondeva l’inesauribile energia. Che ha dimenticato tutto, nemmeno “L’Indipendente”, il giornale di Dumas, è studiato.

Dumas aveva due servitorelli, un ragazzo calabrese di San lucido e uno napoletano di Santa Lucia, “rappresentanti dell’odio che divide i due popoli”. Al punto che agevolmente li indusse a duellare al coltello: una sola ripresa, di dieci minuti, al termine della quale uno contò diciannove ferite, l’altro ventitré,.

Dumas aveva vicini di casa a Napoli gli ospiti di una succursale del carcere. Una settantina di persone, molte delle quali uscivano per le loro attività in carrozza.
- Chi sono – chiese lo scrittore.
- Galantuomini.
- Ma che hanno fatto?
- Niente.
- Come niente?
- Beh, hanno ammazzato qualcuno.

Mafia
Mafia come Mothers and Friends in America è conio di Norman Mailer, in “Miami e l’assedio di Chicago”

Può essere una mitopoiesi insistita, forma di demenza. Nella sua forma “occulta” è la sindrome perfetta del complotto. Tale è in Giorgio Galli, che prima di spiegare al Tribunale di Palermo la mafiosità di Andreotti, l’aveva celebrata in “La regia occulta”: la storia d’Italia fatta dalla mafia. La mafia (i leader della Dc siciliana, Gioia, Lima, Gullotti) vota Fanfani a congresso di Firenze, ottobre 1959. Quindi vota il centro-sinistra. E così via: centocinquanta pagine, su un articolo di Pietro Zullino, giornalista di “Epoca” – che però si chiama fuori.
Galli aveva già scritto una biografia di Fanfani. Per Feltrinelli. Senza mai incontrarlo, è vero.

Ritorna Leoluca Orlando e uno non può fare a meno di ricordare che combatté Craxi e Andreotti col metodo della mafia: colpire l’avversario con le sue stesse armi. Contro i politici delle leggi speciali antimafia preparò dossier che in qualche modo (sentito dire, sostenitori remoti e opportunisti, chiamate di correo) potesse infangarli nelle pratiche più rivoltanti: lupare bianche, traffico di droga, corruzione negli appalti. Lui che fu il re, insindacabile, degli appalti. A Palermo. Dove ebbe voto unanime, benché la stocastica lo escluda, nelle sezioni elettorali di mafia.
Falcone non se ne fidava. Nemmeno Borsellino.

Non è un’emergenza. Poiché è una costante. Né un fenomeno emergente, poiché è lì da tempo immemorabile. È dappertutto, non solo al Sud, quando la legge è debole.
Tutto questo è ovvio. L’emergenza serve per altri scopi, per esempio per attivare l’antimafia.

I suoi pentiti sono una riedizione cialtronesca del patto col diavolo. Anche se i magistrati s’illudono di gestirla, troppo ingenui per tanta infamia – si assimilano i pentiti di mafia ai pentiti del terrorismo, mentre sono due mondi diversi, opposti.
Come nascono i pentiti di mafia è impossibile prevederlo, il loro terreno di coltura è infetto: sul tema mafia e politica, per esempio, s’innestano su un potenziale di ricatto enorme, personale, familiare, di cosca (sono oggi in realtà i “pentiti di una politica”).

leuzzi@antiit.eu

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