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venerdì 15 giugno 2012

La Germania non vuole una soluzione

Jens Weidmann, giovane presidente della Bundesbank, convoca i grandi giornali europei, annuncia su ogni punto aperto della crisi che i tempi non sono maturi e, non contestato, mette in guardia Draghi e la Banca centrale europea, che si stanno adoperando per far uscire le banche e l’Europa dalla crisi: “La Bce ha fatto molto per prevenire un peggioramento della situazione. Ha tagliato i tassi di interesse. Continua a dare liquidità quasi illimitata a condizioni molto generose, e ha deciso diverse misure straordinarie. Così facendo ha esteso il suo mandato in modo considerevole. Se agisse da prestatore di ultima istanza per i governi, ridistribuirebbe i rischi di solvibilità fra i contribuenti nazionali – senza avere una legittimazione democratica – cosa severamente proibita dai trattati della Ue”.
Collegando la convocazione dei giornali con questa messa in guardia si pensa male, ma non si sbaglia. Questo avveniva a Francoforte mentre a Berlino Angela Merkel stigmatizzava la “mancanza di fiducia” fra i governanti europei, cioè le “strettissime convergenze” tra Hollande e Monti. Le autorità tedesche non lo faranno apposta, ma fanno come se. La speculazione (sui cui i media tanto “speculano”) si configura in modo semplice. O c’è una Spectre, un’organizzazione internazionale che coordina gli assalti con una strategia segreta – non c’è. O c’è il mercato, con il suo armamentario di analisi e previsioni, sempre meno personalizzate e più motivate, e con il suo sistema di premi, anche eccessivi, e castighi, anch’essi eccessivi, un sistema di difese. Di cui la Germania è parte, la previsione cioè che la Germania farà fallire ogni tentativo di stabilizzazione dell’euro: ne ha troppe convenienze, in materia di tassi e di esportazioni, e nessuno, dentro e fuori l’euro, ha una leva o un’arma per indurla a recedere.
Il problema dell’Europa è sempre quello. Angela Merkel dice cose giuste – ridurre il debito pubblico – coi tempi sbagliati. Oggi lo ribadisce: “Non ci sono soluzioni rapide”. Cioè, alla fine, non ci sono soluzioni – nel medio termine, come diceva Keynes, potremmo essere tutti morti. Se la Grecia fosse stata salvata – poiché si è deciso di salvarla – un anno e mezzo fa, ora saremmo a buon punto nell’alleggerimento del debito italiano, e nella bonifica del credito senza fondamentali dei banchi spagnoli. Rei, peraltro, questi ultimi, di aver favorito l’appartamento al mare, nella Costa Brava ipercostruita, in Andalusia, nella Galizia e nel golfo di Biscaglia, alle masse tedesche.
Questo tutti lo sanno. Anche in Germania. Ci si chiede allora – i mercati devono chiedersi – perché la Germania fa fallire ogni soluzione, in attesa, certo di quella “giusta”. E si ricoprono svendendo, la Grecia, la Spagna, l’Italia, quello che capita.
L’Europa, dice ancora caratteristicamente Weidmann, beneficia “del rating di tripla A della Germania”. Che è la finanziatrice di ogni pacchetto di salvataggio. E questo è invece rovesciare la realtà. L’Italia, per esempio, non beneficia della tripla A della Germania ma ne è vittima, e finanzia il debito degli altri alla pari della Germania. Anche questa verità è semplice: ogni paese vorrebbe poter contare sulla propria A, e questo la Germania contribuisce a impedire. Non poco.

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