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mercoledì 5 dicembre 2012

L’amore è comico, se non è egoista

Luciana Floris raccoglie qui due saggi, “Sul problema dell’amore” e “Il Tipo Donna”, vecchi di un secolo e attuali. Affascinanti, come tutto di questa filosofa, e anche istruttivi. Il primo già tradotto nel 2005, il secondo e più famoso nel 1992.
Lou Andreas Salomé non ha ancora trovato il suo interprete. Il biografo Peters ha sgonfiato i pettegolezzi sotto cui gli amici l’avevano seppellita, col dire (Nietzsche, Rilke) e col non dire (Rée, Freud, Andreas): svampita coquette, o peggio interessata allumeuse (Floris la vuole “strega” - una che fu sempre socialissima?). Ma non c’è una “sistemazione” del suo pensiero, pure fertile per molti aspetti. Se non per la parte del femminismo della “differenza” (Lou non è femminista: nel saggio rinomato su Ibsen annota del personaggio Hedda Gabler la “profondità vuota”, come “un abisso sul nulla”).
“Sul problema dell’amore” è del 1900, e corona i quattro anni passati con Rilke - in un rapporto pieno, passionale, affettivo, creativo per entrambi, e d’incomparabile accumulo di esperienze, soli, in società, in viaggio. Espone i temi che poi amplierà nella sua opera maggiore, “L’erotismo”, scritto nel 1910 su insistenza di Martin Buber, dell’amore che è creatività e religiosità. L’erotismo Lou connette alla creatività artistica. Per il comune “infantilismo”, l’ingenuità. Per il comune parossismo, o acme, o concentrazione in un rapporto\opera. Per la comune “intermittenza” - l’acme non è costante.  E al senso del divino.
L’anno dopo “L’erotismo”, l’incontro con Freud e la folgorazione della psicoanalisi. Che nel 1914  arricchirà, in contrasto non polemico con Freud, anzi dai lui privilegiata come interlocutrice, con questo “Tipo Donna”, con la “differenza” della donna, amante, madre, madonna – successivamente con non meno radicali distanze rispetto alla pulsione di morte del maestro (“Nella paura della morte c’è qualcosa che fa pensare a un senso di colpa: con essa si manifesta forse la vendetta della vita non abbastanza amata. La morte è un pregiudizio”), e con la categoria del “narcisismo femminile”Ma anche qui non scherza: “Il Tipo Donna” è un formidabile colpo d’incontro al cuore di Freud, ai “Tre saggi sulla teoria sessuale” (la sessualità maschile è “la più coerente, anche la più facilmente accessibile alla nostra ragione, mentre nella donna interviene persino una specie d’involuzione”). Con due critiche, al “fatto” in sé, e all’opportunità di definire un maschile e un femminile in modo netto e così antitetico. Il saggio inizia con i famosi tre ricordi infantili, dei bottoni gioielli, della moneta d’argento divisa in due col mendicante, in due monete d’argento entrambe, e della discesa nella miniera di sale di Salisburgo, con le sue pareti brillanti.
L’amore è arduo
Filosofare l’amore è arduo, perché inevitabilmente patetico (coinvolgente). Lou non arretra: “Nell’amore, l’egoismo non apre i suoi confini diventando caritatevole e buono, ma piuttosto si acuisce e si affina come per diventare una potente arma di conquista”  (p.29). Molte citazioni sono possibili. Nella passione “è come se nella nostra vita interiore si producesse una crepa sottile attraverso la quale ci potessimo riversare, inebriati, su tutta l’esuberanza della vita fuori di noi mentre stiamo vivendo l’egoismo più sfrenato”. Oppure, siamo sempre nella stessa pagina 30: “Colui che ama si sente potente e capace di sfidare il mondo intero, come se lo avesse conquistato tramite questa intima unione  di se stesso con qualcosa che lo attraeva quale quintessenza di tutte le più belle, diverse possibilità del mondo”. L’erotismo coniuga “l’egoismo con l’essere sociale (con l’essere totale): è l’unica funzione che “coinvolge tumultuosamente l’intimo di tutta la persona, implicando al massimo l’intero suo essere” – come solo, oltre a esso, sa operare il cervello, “questo rampollo molto più giovane, tardivo, tenero nello sviluppo” (35). Dell’erotismo “l’effetto più benefico sta nel fatto che favorisce uno sviluppo più ampio e libero del nostro sé e un libero gioco delle nostre forze; mentre sono ben altri sentimenti, molto meno personali e colorati, a ridurre il sé di una persona a causa di un altro – per esempio la compassione, il senso del dovere, la stima” (52).
L’egoismo è inderogabile: “L’amore dura finché ognuno resta se stesso nella coppia” (54). La “forza amorosa” si lega “alla morte in tutti quei punti in cui non si dimostra fertile per la nostra vita interiore” (62). Che è una tautologia – la caduta dell’interesse, della curiosità viva – ma non del tutto: “Il segno più pertinente e inalienabile di ogni amore è un eterno rimanere estranei nell’eterna vicinanza” (70). Nel rapporto con Rilke l’amore si era precisato come amore di sé, il primo preliminare: la “celebrata lotta dei sessi” nasce, a letto, “in quell’egocentrismo acuto, in cui la donna sembra sopratutto donna e l’uomo uomo”. Non dal rapporto, ovvero sì, ma con se stessi: “Nell’amore diveniamo «dono», ci diamo a noi stessi”. E ancora, con Lullo, l’amore cortese, il due in uno e viceversa: “«Dandoci» noi ci «otteniamo». È solo qui che c’è amore, creazione, un compimento naturale e il culto del divino”.
Il corpo è conservatore
Poi c’è il corpo. Il corpo è il “terzo” nel rapporto. Che si anima “comicamente” per il mondo animale, anche per gli esseri umani – che un tale coinvolgimento si risolva nell’atto. Per gli adolescenti anche dolorosamente: il “pudore iniziale” non è solo inesperienza o pregiudizio, è anche “spontaneo”, di chi l’“estremo coinvolgimento affettivo”, questa esperienza rivoluzionaria, si ritrova a doverlo svolgere a letto. “Il corpo è il potere più conservatore” (68). Perché è tetragono. Ma più perché, alla fine, “l’amore è sia la cosa più fisica sia quella apparentemente più spiritualistica e più superstiziosa che dimora in noi” (70).
Il corpo, Lou chiarirà scrivendo a Freud, le donne lo sanno, “l’essere corporeo, che separa la cosa dalla cosa, la persona dalla persona, sta nel «segreto manifesto» di essere per eccellenza il principio di unificazione dei processi interni e esterni: il nostro corpo non è nient’altro che la parte di esteriorità più vicina a noi, inseparabile dalla nostra intimità, dall’identità; ma noi ne siamo anche staccati, al punto che dobbiamo imparare a conoscerlo, a studiarlo dall’esterno come ogni altro oggetto”. Uno spettacolo: il corpo “è al crocevia delle pulsioni che ci fanno rompere l’isolamento, per collegarci a tutte le cose, nell’universale parentela dei corpi, come se l’universale parentela si conservasse nel nostro essere fisico, il ricordo primitivo della comune identità, di cui le pulsioni amorose che ci gettano l’uno contro l’altro sarebbero le vestigia”. Hobbes non approverebbe, ma è bello pensarlo. “D’altra parte, si sviluppa in ognuno un’ostilità nei confronti del corpo a seguito della resistenza che oppone la tendenza all’io proprio”. Insomma, c’è “un rapporto equivoco con l’essere corporeo”.
Lou Andreas Salomé, La rivolta dell’eros, Stampa Alternativa\ Nuovi Equilibri, pp. 118 € 12

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