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martedì 5 febbraio 2013

Il mondo com'è (126)

astolfo

Destra-sinistra – Una differenza c’è, e si lega alla Modernità quale la viviamo da due secoli e mezzo, da riportare a “quel grande movimento di idee e di pensiero che anticipa e accompagna la rivoluzione industriale e il capitalismo, ai grandi pensatori scozzesi, francesi, tedeschi, italiani del Sei e Settecento, all’erosione o all’abbattimento violento dell’Ancien Régime, all’asserzione dei diritti dell’uomo e del cittadino, all’ingresso nell’era individualistica e liberale”. Magistrale - infine libero? - intervento di Michael Salvati in argomento, su “Lettura” domenica, per “sistemare” la questione, con l’ausilio di Marcel Gauchet, “Storia di una dicotomia”, un vecchio testo, rispetto alla limitata (politica) distinzione di Norberto Bobbio.
Curiosamente, sullo stesso “Corriere della sera” di cui “Lettura” è il supplemento domenicale, Pierluigi Battista fa il giorno dopo un brillante  elenco delle insignificanze tra destra e sinistra. Una frontiera che lui stesso, lui fra i tanti, attraversa a ogni istante, sulle questioni etiche come sul quelle politiche ed economiche, e di diritto internazionale, di giustizia, di lavoro, generazionali. Ma non c’è dubbio, come dice Salvati, che “è una retorica legata a un’azione tenace di difesa dei diritti e dell’eguaglianza”. Uno spartiacque di fondo che continuerà a riproporsi, almeno “fino a quando resteremo nella Modernità, nell’era storica che h fatto seguito all’Ancien Régime, fin quando sarà presente l’individualismo che caratterizza le società contemporanee”. Perché è vero: siamo sempre nella fase storica successiva all’Ancien Régime, pur tra le guerre totalitarie e le rivoluzioni.

Europa – Muore di se stessa? Il declino è anzitutto demografico. Che è un fatto di convinzione: non c’è speranza. E poi religioso, cioè ideale.
Da qui forse il successo della ricetta tedesca, che da quasi un secolo ha rinunciato alla demografia per l’immigrazione (l’acquisto di manodopera). Ed è approdata all’indifferenza religiosa e all’amorfismo – quando interessi di bottega non siano in ballo. Tutto il contrario di quanto ancora si percepisce in Francia e in Gran Bretagna. Due paesi dove è forte il senso della cittadinanza. La quale è forte perché si può conseguire – a differenza della Germania (e dell’Italia) che segue il criterio del sangue e suolo. E dove è forte anche il senso della religione. Nella Francia repubblicana per esclusione. Che è tutt’altro che l’indifferenza, anche per il riconoscimento esplicito dell’opinione più fortemente laica e perfino scettica. In Gran Bretagna per l’inclusione: i primati delle maggiori religioni hanno un seggio di diritto in Parlamento, alla camera dei Lord, sul presupposto che la riflessione religiosa si deve considerare parte del processo normativo, in forma non pregiudiziale ma nemmeno simbolicamente, tanto per dire. Il discorso che Benedetto XVI andò a pronunciare a Berlino al Parlamento tedesco è caduto invece nel vuoto – benché il papa stesso sia tedesco.

Google – Ha parole “sensibili”, che protegge. Per esempio massoneria, e alcuni nomi propri (di massoni?). Si posti un testo che le contenga e non verrà pubblicato subito: sarà visibile sul vostro blog, ma non reperibile in rete. Per un certo tempo.

Italiano - Italiano: una nazionalità serena. Benché divisa, anche dal cibo. In rapporto ai vicini slavi e tedeschi, a fortissima componente tribale, fino ai tedeschi minori del Belgio, che l’università di Lovanio hanno voluto divisa a metà, compresa la biblioteca, e ora non sanno nominare un governo. In rapporto all’immigrazione, che non è un problema – solo in Italia (è mal governata, ma allora come tutto lo è in Italia). Per essere stati gli italiani stessi emigranti, quindi per essere “indebitati”. E per saper sottostare da millenni ormai alla vicende vaghe della storia, pur al chiuso dentro il Mediterraneo.
Una “sicurezza” visibile nell’emigrazione. L’italiano di Malta, di Corsica, di Corfù, di Buenos Aires, di San Paolo, sa restare se stesso e insieme identificarsi col paese che l’accoglie. Pure quello di Francia e di New York, benché per generazioni sottoposto a discriminazioni e angherie, e tuttora soggetto di rappresentazione negativa - l’irlandese può diventare presidente degli Stati Uniti, un mezzo neo c’è diventato, un mezzo italiano mai (Cuomo, Geraldine Ferraro e Giuliani non ci hanno realmente provato per questa tara).

Usa – Ha ballato per Obama all’Inauguration Day, la festa in piazza della rielezione, e una settimana dopo è stata uccisa a pistolettate. A quindici anni. Per nessun motivo, per caso. A Chicago, non all’inferno. Sarà la nostre fine, poiché tutto ci viene dagli Usa? No, è il diverso senso della morte, della vita e della morte, “inesistente” negli Usa. Come già nella Roma antica.
La condizione imperiale è tutta politica? Porta all’inconsistenza-irrilevanza della persona, se non nel quadro generale, politico.

L’America, paese grandiloquente, ha natura disincarnata. La retorica stessa non vi è fittizia, è l’unico posto dove i concetti, alcuni concetti, sono concreti: la nazione, il destino individuale, la giustizia. È il proprio della democrazia aristocratica: gli Usa sono Roma non solo per i campidogli e le leggi inaggirabili, la costituzione è aristocratica. Per il Senato che regola la democrazia: i tribuni del popolo e il presidente. La stessa elezione del presidente è democratica all’apparenza, è una cooptazione che si fa patrocinare dal popolo. Nasce da qui il senso del proprio diritto in quanto popolo, che una volta si chiamava onore, intrattabile: c’è l’America e niente, poco, altro.

Questo impero è romano per i campidogli, le legioni, le aquile, i pronai e i peristili non solo, dove di tanto in tanto si assassinano i cesari. Né solo per la massoneria, che presiedette all’indipendenza e alla costituzione, con cortei e messe laiche – e le presiederà ancora, la massoneria si segrega vincendo, a imitazione in tutto del clericalismo: resta ben massone il dollaro, con la piramide tronca e l’Occhio Vigile nel triangolo, e il numero 13 ovunque a guardare bene, la liberazione di Lucifero, tredici le frecce, i rami d’olivo e le olive dell’aquila, le stelle sopra l’aquila, le strisce dello scudo, gli strati della piramide tronca, le lettere di “E pluribus unum” e “Annuit coeptis” . L’America è romana per la legge, che è semplice e si applica, non come in Europa. È la democrazia. E per l’orgoglio della cittadinanza, anche i latini riottosi vi divengono fieri e disciplinati.
È Roma senza la Grecia. Allo stesso modo che s’è costituita, con la schiavitù, perdurante nella desegregazione – non dei negri, di tutti. Dominante, sulla natura e il mondo, conquistatrice. E senza chiesa, malgrado il bigottismo. È un popolo ateo idolatra. Di se stesso: la legge sono io.

L’America culturalmente non è Europa, saggia e stanca, stanca per dover essere saggia: molti equivoci nascono da questa identificazione. L’America è Roma, fin negli orpelli, il potere dei campidogli, delle leggi, dell’esercito, l’Europa invece è latina, nel senso che si è modellata sulla cultura romana addomesticata dalla chiesa, superba ma attendista, e lagnosa.
“Gli ordinamenti politici pesano più della capacità bellica”: è l’epitaffio di Pericle in Tucidide, e l’idea del romanizzato Polibio, che i Federalisti hanno ripreso dando agli Usa un cesare per quattro anni. Dell’Europa l’America ha mantenuto i fabbri ferrai, che sono i vecchi celti, il gusto di fabbricare.
Anche la pax americana non è senza progetto. Anche se Roma, civiltà imperiale per eccellenza, che faceva le conquiste per mantenerle, non ha mai redatto piani. D’altra parte gli americani, che con i campidogli e la costituzione, senatoriale e imperiale, vanno anch’essi piantando sassi ovunque, mai ne piantano uno che duri. Che sembra che duri. Né si riservano le pietanze buone delle case in cui entrano, come già gli spagnoli o gli inglesi. Mangiano male, e vogliono che tutti mangino male, per l’uguaglianza.

astolfo@antiit.eu

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