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sabato 9 febbraio 2013

A Sud del Sud - l'Italia vista da sotto (161)

Giuseppe Leuzzi

Sant’Arcangelo massone al potere
Almeno un paio di libri, “Il mago dei generali” di Silverio Corvisieri, ex capo di una frazione del Pci, dodici anni fa, e ora “Italia. La massoneria al potere”, dello specialista Fabio Zanello, sono centrati sulla figura di un calabrese, Giuseppe Cambareri. Che avrebbe regnato su Roma nel dodicennio 1933-1945. Dapprima su Mussolini, poi su Badoglio, e sempre per conto dei servizi segreti americani, anche se all’epoca non esistevano, e\o forse  inglesi.
Un calabrese emigrato in Brasile a dodici anni che nel 1933, arricchitosi, dice, con le fazendas, tornò a Roma come teosofo. Subito dopo aver fondato a San Paolo del Brasile, esattamente il 27 febbraio dello stesso anno, la prima Loggia della Augusta Fraternità Bianca Rosa Croce Antica. E il 27 luglio, a Rio de Janeiro, la loggia Aula Lucis Cagliostro. Il 30 settembre torna in Europa, e a Roma, dove si stabilisce con una ditta di export-import,  latinizza la sua prima loggia. Ma era già stato in Italia, forse, nel 1919, o nel 1921, tra le squadre fasciste.
A Roma si accrediterà quale ispiratore del presidente Vargas in Brasile, e confidente di Mussolini. Suggeritore, in particolare, delle mosse anti-sanzioni dopo la guerra all’Abissina. E nel 1938 della “pace di Monaco”, per la “coincidenza delle tre M”: Monaco, Mussolini, Michele Arcangelo. Si accrediterà anche come mago, insieme con la seconda moglie, Jole Fabbri Vallicelli, una medium in contatto con entità angeliche, specie col maestro Ergos. Con lei - e con, dicono alcuni, trecento altre persone che vogliono fare fortuna con le fazendas - tornerà in Brasile dopo la guerra. E vi fonderà la Fbuam, Federazione Bianca Univesale dell’Arcangelo Gabriele, con sede nella fazenda di Saô Roque, all’interno di Paratì, (bellissima) località di mare nello stato di Rio de Janeiro. Ma non prima di essersi accreditato, dopo l’armistizio, quale confidente di Badoglio e “istruttore” del colonnello Giuseppe Cordero di Montezemolo, il capo della resistenza monarchica che i tedeschi trucideranno con gli altri martiri delle Fosse Ardeatine. Sempre per conto dei servizi segreti americani e\o inglesi. Nonché quale organizzatore della Ratlinie, l’operazione che portò in Sud America i nazisti più feroci. Grazie naturalmente ai rapporti coperti con Peron e altri regnicoli locali.
Rinfrescante, specie per chi è cresciuto con sant’Arcangelo, il culto desueto dell’Arcangelo Michele,  che invece in Calabria era venerato. Venendo a fine ottobre, in tempo per l’acquisto del maialino da ingrasso e per la fiera degli utensili da campagna. Tanti sono gli Arcangelo ancora coetanei. Inoltre, il cultore dell’Arcangelo Michele si chiamava Cagliostro Cambareri, pare, anche all’anagrafe. Lo poteva perché in Sud America c’è l’uso di chiamarsi col nome della madre insieme con quello del padre. Ma, ammesso che ci sia stata una madre di nome Cagliostro, anche il nome resta confuso: Cambareri era nato a Solano, dove vigeva il matriarcato e la poliandria, ogni donna aveva più “mariti”.

La donna del Sud
Figliolanza. Domesticità, specie in cucina. E lutto, da quando la morte s’introduce per ogni generazione in famiglia – mediamente sui quarant’anni, ma anche prima, e poi sempre. È l’immagine della donna del Sud, cui si correlano le connotazioni di sottomissione, incapacità, bruttezza. Correlazioni però approssimate, di una sociologia superficiale – ma, più che della sociologia, del giornalismo, non c’è sociologia del Sud. Le tre funzioni sono passibili di opposta connotazione, che tale si rivela nella realtà.
La figliolanza è voluta. Da molte generazioni ormai. Le figliolanze non volute non sono lamentate al Sud più che in altro ambito, urbano, settentrionale, europeo. Anche dalle ultime bisnonne, madri degli anni 1930-1940. La padronanza della casa è esclusiva, e non perché l’uomo sia renitente alla cura domestica o incapace. Nel rapporto con i figli in specie, dall’alimentazione all’abbigliamento e alla scuola, ma in ogni manifestazione. È avvertibile anche là dove la padrona di casa non siederà alla tavola alla quale siete invitati, perché vi deve servire di ogni cosa. Il lutto, che non implica il beghinaggio, fa anche visivamente della donna la custode della continuità e dell’integrità della famiglia. Quando il lutto era di regola e anche ora che è desueto: la memoria (la tomba, i fiori, le ricorrenze) è della donna.
La famiglia – la continuità – è della donna. Ma anche il mondo. Quando le morti sopravvenivano in giovane età, le vedove volevano e sapevano gestire la figliolanza e la famiglia, i vedovi no, che dovevano risposarsi. Anche quando le leggi erano sperequate, la loro applicazione al Sud (eredità, matrimonio, separazione legale, patria potestà) non vedeva la donna soccombente. Il matrimonio è stato, è tuttora, spesso organizzato, ma non imposto. Il delitto d’onore, per cui il maschio della famiglia doveva vendicare l’onore offeso delle donne, era un onere e non un privilegio, da scontare con la prigione, per quanto ridotta, e con le inevitabili rappresaglie.
In famiglia e fuori, l’industriosità è il segno della donna del Sud. Nel commercio al minuto, ma anche nelle imprese medie, sono per numero – e anche per costanza - più le donne titolari reali e gestore degli affari che gli uomini. E nei lavori pesanti e oggi si direbbe degradanti, da qualche tempo dismessi. Avendo fatto le paghe per lunghi periodi negli anni 1950, le raccoglitrici di ulive, mestiere poi abbandonato per la gravosità, si presentavano sempre con le idee chiare su tutto: senza rivalse ma scontando i diritti acquisiti, in termini di orari, paga oraria, cottimi, trasporto – avendo disposto ognuna l’accudimento della casa. Sia le lavoratrici singole, o in gruppo familiare, sorelle, madre con figlie, sia quelle organizzate in squadre: a differenza che tra gli uomini, la “caporale” era sempre una che aveva più loquela e capacità organizzativa, mai una sfruttatrice.
Il Sud non figura matriarcale, perché la donna del Sud non rientra nell’archetipo, nella categoria storica. Ma essa viene da una cultura, quella semitica e poi magnogreca, che per millenni lo fu. Le tracce archetipicamente matriarcali sono ancora vive – lo erano fino a una pio di generazioni fa - in vaste zone del sassarese, a Bagnara (commercio ambulante) e Solano (agricoltura) nella Calabra prospiciente lo Stretto, e nel Salento interno. La modernizzazione, del resto, non ha sopravanzato le persistenze, e questo è il nucleo “privato” del ritardo del Sud – un fatto tanto incisivo, macroscopico, gigantesco quanto sottaciuto (come tutta la realtà del Sud): non c’è nella narrativa, né negli studi, poco nella poesia, forse solo in Calogero.
La donna del Sud è la Dea Bianca di Graves, la “madre divorante” mediterranea (anche africana), biblica e greca insieme. Molto presente nella letteratura ebraica contemporanea, da W. Allen a P. Roth e Susanna Tamaro, in forma di “liberazione”, di psicoanalisi della figura invece che delle persone. Di modernizzazione, o adeguamento a un diverso assetto della famiglia (legami di sangue), della pedagogia, dei rapporti di produzione e sociali. Al Sud, invece, la figura resta intoccata nella sua complessità, con effetto modernamente depressivo: la guardiania feroce della famiglia si traduce nel rammollimento delle sue unità. La funzione di protezione deborda nell’annullamento dell’iniziativa e delle stesse capacità di difesa. I figli vanno al “mercato agnelli sacrificali: troppo belli (pieni di sé) e tropo disarmati, presto “vittime”.

L’odio-di-sé
L’Italia è sempre esotica nel quotidiano per americani in Italia, “The American”, l’ex “Rome Daily American”, ora online. I suoi collaboratori, generalmente donne, trovano tutto diverso e strano a Roma, l’estetista, o la massaggiatrice, come il gelato – perfino quello, non ci lasciano niente. La single che decide di farsi animo con una seduta, poi due, poi tre, di massaggi (costano poco?) trova curioso il tanga di carte che le viene consegnato, le pareti sottili, le conversazioni delle massaggiatrici, che pensano di saperne più di lei, e tutto ciò che riguarda l’eterno problema della depilazione – c’è un problema di depilazione in questa Età dell’Acquario, o del mercato. Nulla di diverso, s’immagina, dagli Usa, dai quali il tanga di carta, i divisori laminari, e il knowledge delle massaggiatrici, in fatto di scapole e depilazioni, saranno magari arrivati. Nulla di più facile anche che le collaboratrici di “Tha American”, tutte giovani, facciano a Roma le esperienze che non hanno mai fatto a casa, come prendere il gelato da sole e farsi i massaggi, e che per questo ritengano tutto diverso e strano. Molto c’è anche la continentalità della Bildung americana, per cui tutto ciò che succede in Canada, appena dietro il Niagara, è stranissimo, figurarsi in Europa, in Italia, a Roma, dove si parla pure un’altra lingua. Ma quasi tutti questi collaboratori (collaboratrici) hanno nomi, o luoghi di nascita, italiani. Sono cioè figlie o nipoti di italiani, o sono nate e cresciute in Italia. C’è nella differenza, nell’incapacità di vedere un’altra Italia che quella strana e diversa dello stereotipo esotico, un complesso. Un disagio: non un rifiuto, ma l’insofferenza. Naturalmente di se stessi, ma addebitata al luogo d’origine o di esilio.

leuzzi@antiit.eu

1 commento:

Pino ha detto...

Cambareri fu un molto discutibile personaggio, un fascista antemarcia come amava definirsi, molto legato alla eversione nera, anticomunista (antibolscevico), legato ad Ademar de Barros ed a Vargas, operò in Brasile anche come falsario di buoni del tesoro e fu amico d'infanzia di Giovanni Piras o se volete Peron del quale ospitò nella fazenda delle sue squadre per addestramento....