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giovedì 7 febbraio 2013

Nord Africa, donne e giovani non tornano indietro

Si protesta a Tunisi come al Cairo. In piazze affollate ma che si sanno perdenti. Come già a Teheran nelle ultime due elezioni presidenziali. Ma non è questa la verità del momento storico nel Nord Africa. L’assoggettamento delle forze moderniste (democratiche) del Cairo e di Tunisi al maincurrent islamico è la coda del vecchio imperialismo delle aree d’influenza. Che si serve – la Turchia fa testo – dell’islam moderato contro l’estremismo e il terrorismo. In uno di quei progetti che in gergo si chiamano di stabilizzazione. La novità è la prevalenza delle donne nella protesta. E dei giovani.
Perché questa è la realtà, checché si propongano i governi islamici, con o senza sharia. Ovunque si registra simbiosi, curiosità e assimilazione, Iran compreso. Mentre il regresso è un fatto di polizia. I diritti civili e umani cosiddetti occidentali sono ormai patrimonio comune e irrinunciabile – se non per residue code generazionali. Il rifiuto è di gruppi piccoli, le barbe, i talebani, i burqa, i kamikaze, anche se violenti.
Il caso delle donne va letto al rovescio, per la loro costante partecipazione ai moti di piazza, ma anche per un briciolo di corretta informazione: ciò che conta non è il ritorno, legiferato o minacciato, alla sharia, ma l’intangibilità dei loro diritti. All’indomani della guerra all’Irak e in pieni psicosi da terrorismo, donne giovani attillate in veli e soggoli monacali pubblicizzarono l’islam a Brooklyn: non era un ritorno indietro.
Le donne nei moti dei paesi islamici sono state dappertutto all’avanguardia - gli uomini hanno voluto che ci fossero, o non hanno potuto impedirlo. Anche in Iran, già dagli inizi del khomeinismo trentacinque ani fa. In Nord Africa oggi, dal Marocco all’Egitto. E probabilmente fra i turchi in Germania e gli algerini in Francia. La verità del momento storico è che la modernizzazione è irrinunciabile, quali che siano i disegni di stabilizzazione.

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