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giovedì 7 febbraio 2013

L’enigma Gramsci - e il romanzo Sraffa

Un anno esatto dai “Due carceri di Gramsci”, fascismo e sovietismo, e Lo Piparo ci riprova. Il “Quaderno dal carcere” mancante era già un corposo capitolo dei “Due carceri”. Qui le ipotesi sulla sparizione vengono dilatate e riargomentate. Anche se il succo è lo stesso: lo ha fatto sparire Togliatti. Ma a mezza strada.
Il titolo appropriato avrebbe dovuto essere sherlockholmesiano: “Il caso del quaderno mancante”. Oppure poteva essere poviano: “Il quaderno rubato di Gramsci”. Lo Piparo, da linguista sensibile alle differenze, lo ha voluto a mezza strada, come enigma. Punto d’incontro di una pluralità di enigmi, gli stessi posti nei “Due carceri”: perché manca uno dei 34 “Quaderni dal carcere”? Gramsci sapeva che Sraffa mandava e sue lettere a Togliatti? È possibile che Gramsci non abbia più scritto niente nei due anni e mezzo di semilibertà? E perché in clinica non riprese i contatti col Partito?
Il sospetto, l’accusa, non è da poco. Ma tra mille capziosità – la filologia è faticosa detective. Già un anno fa Lo Piparo aveva spiegato che era sparita, unica fra tutte, la lettera in cui Sraffa spiegava a Togliatti “dettagliatamente” temi e stesure dei “Quaderni”. E che le carte di Gramsci erano state sottratte da Togliatti alla famiglia, contro l’espressa volontà di Gramsci e dei familiari. Aveva anche sollevato l’interrogativo sulla campagna di stampa “Gramsci libero subito”, sempre contro la volontà di Gramsci, che ne aveva ritardato la liberta condizionata di un anno e mezzo. Insomma, il colpevole è Togliatti. Però.
Lo Piparo dà anche una lettura storicamente accettabile, e non ingiuriosa, del dissidio.  È studioso già dal 1979, “Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci”, della formazione liberale di Gramsci, per il rapporto stretto col glottologo Bartoli, suo maestro all’università, per le letture di Einaudi e Croce, e per l’amicizia con Gobetti. Di una convinzione persistente, che Gramsci riafferma ancora nel 1918, quando è già sovietizzante, dopo una prima perplessità sulla rivoluzione d’Ottobre: “Il liberalismo, in quanto costume, è un presupposto, ideale e storico, del socialismo”. Di cui Lo Piparo trova una reviviscenza negli ultimi anni di Gramsci, analizzando comparativamente le riscritture di alcuni “Quaderni”. Insomma, Gramsci è un fedele eretico nella chiesa (ex) Pci. Ed è in urto con Togliatti. Ma anticipa, ecco la chiave, un comunismo diverso: “Oggettivo cavallo di Troia”, di cui “l’astuto Togliatti fu l’Ulisse”.
Del revival gramsciano è questa l’unica novità sensata, per quanto contorta. Del dettaglismo non si può fare una colpa a Lo Piparo: colpito dalle reazioni brusche alla sua prima indagine, benché insignita del premio Viareggio, vuole mettere qui i puntini sugli i. E tuttavia niente, neppure questa pubblicazione è esente dalle critiche. Che già da un paio di settimane prima dell’uscita del libro si rincorrono. Tra Lo Piparo che insiste, per interposta voce di Luciano Canfora, e i suoi critici della fondazione Gramsci pure, quelli dell’ortodossia. Il problema a questo punto trasponendo: non è più se c’è un “Quaderno”  non pubblicato. Perché omesso, trascurato, accantonato, distrutto. Da Togliatti o chi per lui. No, si discute tra alcuni, residuati, defensor fidei, cioè del Partito, e e alcuni erotizzanti che si fanno di Gramsci una bandiera. A chi interessa?
C’è però anche qui qualcosa di buono. Un accenno a qualcosa di buono. È Sraffa, di cui infine si comincia a parlare. “I due carceri” Lo Piparo aveva chiuso ricordando che era rimasto fuori dal libro “il triangolo Gramsci, Sraffa e Witgenstein”. E che “Sraffa, le sorelle Schucht, Togliatti Gramsci, sono tutti personaggi tragici che vivono in un mondo tragico”, e “farne (averne fatto) degli eroi facili è (stato) un errore”. Sraffa è il personaggio più romanzesco, più delle sorelle Schucht (la moglie e le cognate, la fedele Tania e l’arcisovietica Eugenia), più delle trame al vertice del Pci, ma è rimasto finora stranamente quello più in ombra, benché abbia vissuto fino al 1983.  Lo Piparo non apre la finestra attesa con la parte forse stralciata de “I due carceri” un anno fa, rinvia a un suo saggio introvabile, scritto in inglese tre anni fa per una collettanea dell’università di Monaco di Baviera - in cui addirittura fa derivare Wittgenstein, non tutto, in parte, da Gramsci. Qui si limita a rinfocolare l’attesa: fra un anno? E a quando il romanzo delle sorelle Schucht?
Franco Lo Piparo, L’enigma del Quaderno, Donzelli, pp. 162 € 18

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