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lunedì 23 settembre 2013

Secondi pensieri - 150

zeulig

Amore - È un ancoraggio alle forme naturali (istintuali) della vita. Nonché al mutuum auditorium prima che adiutorium, alla conversazione. Il rimedio alla solitarietà che è il proprio della condizione umana, della vita sempre al singolare.

Ecologia – Si applica bizzarramente alla protezione dei beni rinnovabili, aria, acqua e  materie legnose, nella cui riproduzione la natura eccelle.

Invidia – “Un errore della natura cognitiva e di quella morale”, la dice il ragazzo Nietzsche. Un errore logico, di conoscenza, dunque. Lo dice scolasticamente, ma meglio che da grande, nella “Gaia scienza”. “Ecco un invidioso: non augurategli di avere dei figli: sarebbe geloso di loro eprché non può avere la loro età”. Dove l’invidia apparenta alla gelosia. Il giovanissimo Nietzsche ne fa un modo della conoscenza – in linea a non sappiamo quale dettato professorale al suo famoso liceo di Pforta. Come se, sapendosi leggere bene la società, le cose si disporrebbero senza invidia. Mentre è una disposizione dell’animo: una costante insufficienza – deprezzamento di sé – che si ribalta in misantropia: disprezzo, rivalsa, sopruso. Ne è la pezza giustificativa, nell’etica personale e nella politica. È la molla della democrazia, che la democrazia è chiamata a comprimere, governare.

È la base del rivoluzionarismo. Soprattutto sociale, ma anche politico. Che si esaurisce più spesso nel possesso – la borghesia italiana e la manomorta. Ma sempre alimenta l’estremismo, l’oltranzismo incontenibile. Di cui l’ingrediente topico non è la cosa in sé per cui si protesta, ma un rifiuto-possesso di fondo, nelle vesti del protagonismo (eroismo, martirio).

Morte – L’invito di Zarathustra alla morte “libera”- attesa, non sorprendente, non spaventosa, e anche voluta – è poetico, simbolico, allegorico, non filosofico, come tutto l’inno-poema, e non nuovo. Culmina, nell’onirismo di Nietzsche, la sua concezione di sempre. La morte cambia aspetto con la contemporaneità, post-Nietzsche, intesa degli svaghi e dell’edonismo. Dell’orizzonte basso e la razionalità ovvia, a basso voltaggio.
È nella storia il fatto più scontato. Meno événementiel, raramente drammatico . E nelle storie: molto meno di un amore, che non è raro, si sa, e mai unico.

Onore – Un tempo molto diffuso, onora il padre e la madre, parola d’onore, giurì d’onore, sul mio onore, punto d’onore, onore militare , onorevole, fare onore, tornare in onore, salvare l’onore, avere l’onore, rendere gli onori, con grande onore, con tutti gli onori, delitto d’onore e delitto contro l’onore, codice d’onore, l’onore delle donne, l’onore della nazione, del nome, della famiglia, della ditta, dell’istituto, del governo, della patria, della bandiera, dell’esercito, militare, l’onore del mento, in onore, la pace onorevole, questione d’onore, campo d’onore, spada d’onore, nastri d’onore, codice d’onore,  posto d’onore, tribuna d’onore, ospite d’onore, damigella d’onore, gli estremi, funebri, onori, senso dell’onore, debito d’onore, ferito nell’onore, geloso dell’onore,  onorare il debito, perdere l’onore, macchiare l’onore, con onore, senza onore, punto d’onore, salvare l’onore, offendere l’onore, l’alto onore, a suo onore, in onore, in onore di, picchetto d’onore, guardia d’onore, scorta d’onore, picchetto d’onore, parata d’onore, avere in onore, avido d’onori, la scala degli oniri, gli onori della carica, gli onori divini, un onore, grande onore, troppo onore, vostro onore, onorevole, uomo d’onore, onorevolmente, ad onore (laurea, riconoscimento, premio), l’onore della vittoria, a onor del vero. Ora non più.

Storia - La storia di Tucidide è governata dal principio di gravità, dalla forza: “Degli dei crediamo, e degli uomini sappiamo, che dominano ovunque possono”. Che a Roma sarà detto da san Gerolamo biblicamente, derivato dall’“Ecclesiaste”, “nihil novi sub sole”. Con moto uniforme, ripetitivo. Mentre per Platone è, come la vita e il mondo, illusoria. È da poco, da sant’Agostino, che è diventata una fabbrica: l’opificio dell’uomo. Nel suo piccolo anch’egli creatore, diceva il santo, Con la parola, a fronte della Parola di Dio eterna. L’homo faber prima era prometeico, mitico – anch’esso illusorio?

Verecondia – È materia ignota, sia letteraria sia, nell’era cristiana, filosofica. La patristica l’ha sostituita con la verginità, materia di molti trattati: col fato corporale.
Il dizionario la registra come timore di fare qualcosa che possa venire rimproverato. Citando Dante, “Convivio”, 4, XXV: “La verecundia è una paura di disonoranza per fallo commesso”. Dante tratta della migliore adolescenza, alla quale dice necessaria “la passione della vergogna”: “La vergogna è apertissimo segno in adolescenza di nobilitade”.  Per “vergogna” intendendo “tre passioni necessarie al fondamento della nostra vita buona: l’una si è Stupore; l’altra si è Pudore; la terza si è Verecundia”. Delle tre “passioni” dà una definizione e un esempio tratto da Stazio, “lo dolce poeta, nel primo libro della Tebana Istoria”. Della sua “verecundia” spiega che “di questa paura nasce un pentimento del fallo, lo quale ha in sé una amaritudine che è castiga mento a più non fallire”. L’esempio portando di Polinice, che al re Adrato tace, tra i motivi della sua violenza contro il padre Edipo, i delitti dello stesso Edipo, “perché bene appare, vergogna essere necessaria a quella etade” - anche in un violento come Polinice?

È intesa quasi esclusivamente in senso passivo, atteggiamento riservato e modesto dovuto a un naturale senso del pudore, dice il vocabolario. In origine, in Cicerone e Tito Livio, primo secolo quindi a.C., in Roma repubblicana, era una passione attiva: di discrezione, decenza, attitudine o portamento, delicatezza, assenza voluta di vanità. È con Quintiliano, un secolo dopo, in Roma imperiale, che diventa sinonimo di timidezza, mancanza di sicurezza, di ardimento.

zeulig@antiit.eu

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