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lunedì 23 settembre 2013

Quattro anni di Merkel

Con e senza i socialisti, del resto inutili, avremo dunque altri quattro anni di Merkel. Che i giornali tedeschi, tutti senza eccezione, effigiano oggi su fondo azzurro, l’azzurro Ue. Come a dire: l’Europa è salva. Ma quale Europa? Senza eurobond: mai l’europeizzazione del debito. Costantemente critica e anche terroristica verso i vicini, la Francia ora dopo l’Italia. A controllo sovranazionale sulle banche limitato. Solida sul piedistallo della liberalizzazione forzata del lavoro, sui suoi dieci milioni di sottoccupati. E quindi su un vantaggio comparato incolmabile con gli altri paesi europei, dove non si dà la qualifica di occupato a chi è pagato 4 o 500 euro, al mese. Saranno cinque anni di durezze, se non  ancora di crisi come il quinquennio passato.
Quella di Angela Merkel è l’Europa germanica, dove tutti devono sacrificare qualcosa alla Germania, a titolo dei conti in ordine. Per conti intendendo quelli contabili, Non economici né sociali. Un compito cioè impossibile per tutti: 1) la liberalizzazione del lavoro, ammesso che sia auspicabile, non è possibile durante una recessione, e una così grave quale quella italiana nel 2011-2013, richiedendo più spesa pubblica per finanziare gli stabilizzatori automatici; 2) la recessione è stata indotta dalle politiche di austerità, 3) la crisi del debito di molti paesi è stata indotta dalla carenza di liquidità.  Di tutto questo è padre-madre la Germania. Eccetto che per la Germania stessa, che aveva disintegrato il mercato del lavoro prima della crisi.
Un a parte è necessario per la rappresentazione distorta che del fenomeno Merkel si dà in Germania, e l’Italia recepisce. La Germania ci affligge col partito antieuropeo, mentre è noto a tutti, anche in Germania, che senza la Ue la Germania non sarebbe niente, una piccola Corea. Dappertutto ci sono fascisti antieuropeisti e sfascisti, ma in Germania molto meno che in Francia, o in Olanda, e non più che in Italia, frange.
Il cancellierato Merkel baluardo dell’europeismo è solo un artificio per jugulare l’Europa. La recessione in Italia è stata imposta da Merkel, sia pure via Napolitano e Monti. Nel mentre che si avocava e si avoca al suo governo un europeismo incondizionato. La Germania insomma si assottiglia. Lo storico anglo-americano Niall Ferguson, che il risanamento impossibile con l’austerità ha motivato sul “Financial Times”, è stato per questo insignito del premio Erhard per l’economia, il massimo riconoscimento tedesco. Ma non fa un gioco di dupes, di furbizia: Merkel è molto chiara, al livello del semplice elettore.
Con la vittoria Cdu-Csu di queste settimane diventa strapotente la Germania anche nella democrazia cristiana europea, l’area che meglio dei socialisti avrebbe potuto garantire meno lutti. I socialisti tedeschi, e con loro gli sbandati socialisti europei, scontano il passaggio al liberismo radicale nel lavoro, da essi stessi propiziato nel doppio cancellierato socialista di Gerhard Schröder, anteriore alla Merkel, solo garantito da modeste protezioni sociali.

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