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lunedì 10 febbraio 2014

I tradimenti di Conrad

Si gioca alla rivoluzione anarchica tra collezionisti antiquari e una ricca casa in un quartiere alto di Londra. Se non che tutti i complotti del gruppo falliscono. Il racconto essendo un giallo, bisogna fermarsi qui – basti dire che c’è il lieto fine, la ricerca del colpevole non dovrebbe essere difficile per il lettore. Ma, come per tutte le trame “segrete”, inevitabile s’impone la conclusione che sono ripetitive: sanno sempre di già visto. Quella di Conrad tre quarti di secolo prima – quasi: il racconto è del 1906 – dello stolido terrorismo italiano. Ma anch’essa più o meno rituale. Forse non ci sono tanti modi di tradire.
La proposta del racconto con l’originale è la vera sorpresa. Mostra netto quello che è un limite di Conrad: aggrovigliare la storia in narrazioni indirette, di qualcuno che le racconta a un altro - e questi spesso a un terzo. Forse per scrupolo di verosimiglianza, ma creando molteplici piani, quando si poteva raccontare con semplicità in terza persona. Mostra anche che la lingua apparentemente aggrovigliata di Conrad in traduzione è in buona misura dell’originale: Conrad è uno scrittore inglese di formazione polacca, probabilmente, e di lingua francese, sicuramente. L’uso dei possessivi, o l’aggettivo spesso dopo il nome: un inglese, che non fosse lusingato di arruolarlo, avrebbe da obiettare. Ha anche- benché sincero ammiratore del modo di vivere inglese – dei personaggi inglesi che non lo sono: non la bella ragazza, non gli anarchici, non l’eminenza grigia. Ancora di più qui Conrad è continentale – o “europeo”, come lo voleva, Orwell.
Questo è il suo punto di vantaggio, secondo lo stesso Orwell: per il romanticismo, “l’amore per il nobile gesto”, e per “la notevole comprensione della politica cospirativa” – aveva in orrore anarchici e nichilisti, e nello stesso tempo li ammirava: “reazionario magari in politica interna, ma ribelle alla Russia e alla Germania”. Uno scrittore terragno, meglio che marinaro, argomenta ancora Orwell (“L’uomo venuto dal mare”, ora in “Gli anni dell’«Observer»”): “Può darsi che i suoi brani più ricchi di colore abbiano come tema il mare, ma è quando sbarca sulla terraferma che Conrad tocca l’apice della maturità”. È vero: memorabili sono i racconti di perversione degli animi candidi, l’ansia del fallimento.
“L’informatore” uscì nel 1906 in rivista e due anni dopo nella raccolta “A set of six”, con altre storie di eroismi fallimentari, “An anarchist”, “The Brute”, gli stessi “Duellanti”.
Joseph Conrad, L’informatore, Leone, pp. 91 (con orig. a fronte) € 6

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