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giovedì 4 settembre 2014

Galileo, o come sequestrare la chiesa dal progresso

L’anno di partenza è quello della “condanna” e dell’“abiura”. Il volume collettaneo, conciso, fu voluto trent’anni fa esatti dal papa Giovanni Paolo II dopo il perdono da lui stesso chiesto anche a Galileo. Ma il papa chiedeva perdono a tutti con l’aria di dire: “E adesso a noi!” E così è con Galileo.
Il volume mira a “estinguere un’ipoteca”, come dichiara breve nella prefazione il cardinale Garrone, coordinatore della speciale commissione di indagine creata da Giovanni Paolo II nel 1979 sul “caso Galileo”. Un’ipoteca antica, anticlericale. Il domenicano Bernard Vinaty, uno dei curatori, ricordò all’epoca sull’“Osservatore Romano” che il titolo avrebbe dovuto essere “350 anni di storia e di mito”, il mito della condanna per eresia. Oppure “350 ani di storia e di leggende”.
La chiesa aveva rivisto presto il suo giudizio. Nel 1734, un secolo dopo i fatti, era stato autorizzato un monumento funebre a Santa Croce a Firenze. Nel 1757 Benedetto XIV aveva tolto dall’Indice i libri di Galileo sul moto della terra. Che stavano all’Indice, però, solo per inerzia. Il recupero era già stato ufficializzato dal papa Alessandro VII nel 1664, col ritiro del decreto del 1616. Giovanni Paolo II ha voluto in realtà appropriarsene. La condanna viene fatta cadere nella “confusissima” questione del copernicanesimo, su cui non c’è mai stata una pronuncia ex cathaedra, e che comunque trovava nell’ambiente religioso stesso sostenitori accesi, anche dopo la condanna. Galileo ne esce comunque bene. È ovvio, ma ne esce anche meglio di Descartes. Il gesuita Mario Viganò argomenta che egli fu doppiamente vittima, del disprezzato “mondo di carta” dei filosofi, della loro invidia, e della “filosofia meccanicista” che era invece del pensatore francese.
Galileo non poneva, non pone, problemi ai religiosi. Di beghe o di potere accademico sì, ma non dottrinale. Era senz’altro un credente, perché lo voleva, e a ragione se credere è come dice Dante: “Fede è sostanza di cose sperate,\ Ed argomento delle non parventi”. E faceva – fa – suo il motto del cardinale Baronio: “L’intenzione dello Spirito Santo è come si va al cielo, e non come va il cielo”. Di un sapere distinto dalla fede.
Per la chiesa il discorso sarebbe diverso. Ancora nel 1754 non era infondata l’ironia involontaria della “Encyclopédie”, dove dice che “una delle cause principali del discredito delle scienze in Italia e in Spagna è il fatto che là si è persuasi che alcuni sommi pontefici hanno deciso che la terra non gira”. Tuttavia, vale sempre la prudenza di Garin, “Scienza e vita civile del Rinascimento”: “La storia segreta della grande battaglia intesa a sequestrare il mondo cattolico dal progresso del sapere europeo è ancora da scrivere, sebbene per tanta parte interessi proprio l’Italia”.
Paul Poupard-Bernard Vinaty, a cura di, Galileo Galilei, 350 anni di storia. 1633-1983.

1 commento:

bla78 ha detto...

Interessante il dossier di Focus che nell'ultimo numero fa il punto su una futura missione su Marte: sapevate che Marte ha un terzo della gravità terrestre, che la temperatura media è di circa –60 °C e che le radiazioni assorbite durante il viaggio corrispondono a una Tac ogni 6 giorni?