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martedì 2 settembre 2014

La memoria coltivata del paese, da lontano

Una raccolta topica di Abate, dei temi e dei toni, in forma di brevi reportages, descrittivi più che drammatizzati - Abate è sociologo di formazione, debuttò con “I Germanesi”, sull’emigrazione di ritorno dalla Germania. I toni si possono condensare nell’elegia. Tra bisogno e riscatto. Il bisogno correggendo a volte politicamente, come conculcazione. 
I temi sono ritornanti. Abate ha altre corde – qui in alcuni personaggi femminili, giovani e meno giovani, prostitute comprese. Ma privilegia la memoria, nel suo caso dell’emigrazione. Anche se necessitata, il paesino d’origine non ha più di 5-600 abitanti. Amburgo dunque e Carfizzi, il paese in Calabria. Il padre emigrato. La vita “inutile” dell’emigrato. La vita inutile di paese, “sogni di sogni” (p.46). Il ritorno impossibile dell’emigrante. Sempre impervio, e comunque sgradito a chi è rimasto.
Abate stesso ha eletto a dimora il Trentino, dove insegna, cosa che avrebbe potuto fare a Carfizzi, luogo di tutta la sua memoria. Un curioso quesito proponendo. Se la memoria non è una culla dei sogni, sempre autogratificanti seppure impervi. La memoria, s’intende, coltivata. Che si propone come forza identitaria ma è in realtà una coperta di Linus consolatrice.
Ci si deve interrogare sul “valore” della memoria, da Gay Talese in giù. Che non è la riscoperta (ricostituzione) delle radici, la quale può rispondere a un bisogno di identità. Non nel caso dell’emigrazione recente e volontaria, seppure indotta dal bisogno, la quale sa e vuole integrarsi, più spesso senza residui. È piuttosto una culla dei sogni. Gratificante, ma veritiera?
Carmine Abate, Il muro dei muri, Oscar, pp. 209 € 9.50

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