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mercoledì 3 settembre 2014

La letteratura di casa, cosa di tutti i giorni

Undici novelle, le prime dello scrittore, purtroppo elzeviristi che. Ma sempre vive, d’intelligenza. Lo scrittore stesso, in quanto “Alessandro Rossi”, s’interroga, nelle “Memorie” aggiunta alla raccolta, benché giovanissimo, novant’anni fa, in questi termini profetici: “La letteratura moderna s’è messa alla pari con le cose i tutti  giorni, non ci sono più personaggi come ai tempi della mia gioventù, e quando leggete un libro non uscite fuori della vostra seggiola e dalle quattro mura di casa” – di che altro si scrive oggi, se non di sé e dei propri cari? Per sé riservando, profetico, il viaggio – sarà, prima di Arbasino, l’unico scrittore di viaggi del Novecento che ancora si rilegga: “Bei tempi, quando dai Re all’ultimo cittadino facevano tutti sul serio la loro parte”.
La narrativa breve è stata funestata nel Novecento dalla misura dell’elzeviro, due colonne di quotidiano, il racconto di apertura della “terza pagina”. Genere meritorio, per sovvenire ai legittimi bisogni alimentari degli scrittori. Ma obbligato, nella misura e anche nelle tematiche, chiaroscurali, accennate più che risolte. Nelle tonalità, crepuscolari. Nell’indefinitezza. Ghirigori – “rigaggio” in gergo giornalistico.
Questi di Alvaro sono diversi in quanto sono i suoi primi racconti, pubblicati a 25 anni e, dopo studi erratici, la guerra al fronte, la parziale mutilazione, molto professionali. L’introduzione di Giuseppe Rando ha il pregio di avviare a sistematicità la narrativa di Alvaro. Qui rintracciando quattro dei suoi temi ricorrenti: il sesso, il paese, la città, la guerra. Ma il paese è prevalente. Nelle tante immagini del padre e dei fratelli. E nella figura del segretario comunale onnipotente annientato dal torrente – uno degli affluenti del Bonamico non tanto benevoli d’inverno a San Luca.
Corrado Alvaro, La siepe e l’orto, Iiriti, pp. 204 ril. € 16

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