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martedì 21 aprile 2015

La Resistenza fu anche gappista – terrorista

L’assassinio di Gentile è un cold case, dice l’editore, che dopo settant’anni resterebbe da esplorare. E perché? Il Pci lo rivendicò, dopo una ribadita condanna – Togliatti sull’“Unità”, che allora si pubblicava a Napoli,  se ne inorgoglì, riducendo il filosofo a “bandito politico” e “camorrista, corruttore della vita intellettuale italiana”. I gappisti fiorentini se sono assunti la paternità.
È un brutto storione, e si presta alle ricostruzioni, questo sì. Questa è particolarmente insinuante, un labirinto. Di nomi, riferimenti, retroscena, progetti e complotti politici, aggrovigliati e quindi confusi. La parte migliore sono i “ritratti” di molti personaggi dell’epoca, nello specchio dell’evento, dell’assassinio: Berenson, Croce, Markevitch, Gelli, i gappisti Fanciullacci e Martini, Garin, Guido Calogero, Concetto Marchesi, Antonio Banfi, Bianchi Bandinelli. Un terzo del testo è di note (con bibliografie), che però non chiariscono. L’ennesima ri-narrazione, il “caso” resta “freddo”.
Mecacci si basa su una insinuazione di Cesare Luporini, in un’intervista radiofonica del 1989: ci sono “cose che forse ancora non si possono dire”. Con l’aggravante che Luporini è – era - “una delle teste pensanti del Pci”. Dopo essere stato - si può aggiungere ma a nessun effetto risolutivo, giusto per intorbidare ancora più le acque - a Firenze con Cantimori, altra testa pensante a guerra perduta del Pci, vicino al nazismo, antisemitismo compreso: Luporini studiò in Germania con Heidegegr e Hattmann, il itolare di filosofia a Belino negli ani di Hitler, Cantimori da Firenze si legò a Moeller van den Bruck (“Il terzo Reich”, 1923) e Carl Schmitt. Ma la verità non è tutta qui, nelle cose che si sanno?
No, Mecacci ci aggiunge il quadro internazionale, di spie e affari riservati, inglesi e americani, in Italia. Un quadro anch’esso risaputo. La “ghirlanda fiorentina” è il titolo di un taccuino di un italianista scozzese che si vuole agente dei servizi segreti britannici e in missione a Firenze durante la visita di Hitler nel maggio 1938, John Purves. Sono molti i britannici uomini di lettere che si vogliono agenti segreti contro le dittature. Ma pensare che gli americani, o gli inglesi, avessero in mente di sconfiggere Hitler uccidendo Gentile è un po’ troppo, probabilmente si occupavano di altro.
I retroscena sono piuttosto l’evidenza. Un attentato facile – nulla a che vedere con l’agguato di via Fani, che Mencacci evoca – che bastava solo concepire. Gen­tile era indi­feso, benché fosse personaggio eminente nella Repubblica di Mussolini. E non era in sintonia col fascismo estremista  toscano e fiorentino. Ma anche l’ipotesi di un regolamento di conti all’interno del fascismo, proseguito con l’eliminazione del filosofo, non regge. Perché si sa come andò: chi decise l’assassinio e chi lo realizzò. Il Pci fiorentino avallò l’operazione, il resto del Comitato di Liberazione Nazionale cittadino lo criticò.
Gentile era migliore
La narrazione resta tuttavia accattivante. Per i personaggi – Firenze ieri, e oggi - e qualche retroscena. Fu Bianchi Bandinelli il mandante? Uno dei mandanti, come disse la Polizia subito dopo l’assassinio, che lo arrestò? Sì. “Sai bene quello che gli hai fatto”, gli avrebbe detto  Pompeo Biondi, suo padrone di casa, quando vennero per arrestarlo, annota Mencacci. E uno s’immagina bene Biondi, gigantesco e sbuffante, sempre un po’ agitato, di fronte all’irruzione. Ne viene fuori anche un Gentile migliore di molti.
È questo forse l’oggetto vero dalla lunga rappresentazione dello psicologo Mencacci. Qui c’è il Gentile degli ultimi scritti, sotto l’occupazione tedesca, ministro di Mussolini ma pensatore in proprio, per la concordia e la ricostruzione. Per la continuità dell’Italia e dello Stato italiano. Come disegno politico e non come fatto bellico, di guerra civile. E non come complotto, o disegno surrettizio. Ma non vale l’ipotesi della “pacificazione nazionale” che Gentile avrebbe patrocinato e gli inglesi avversato: Gentile era pur sempre un “irriducibile”. Invocava la “concordia”, ma sotto la guida di Mus­so­lini, “voce antica e sem­pre viva della Patria”, e a fianco del “Con­dot­tiero della grande Ger­ma­nia”. E per i partigiani aveva parole di disprezzo - “i sobil­la­tori, i tra­di­tori, ven­duti o in buona fede, ma sadi­sti­ca­mente ebbri di ster­mi­nio». Mentre non si fa abbastanza caso del terrorismo urbano, allora “gappista”, che è pur sempre un dato di fatto. Specialmente in Toscana, all’epoca, e a Firenze. Più la Liberazione si allontana più i libri che la celebrano si allontanano dalla storia invece di chiarirla.
Luciano Mecacci, La Ghirlanda fiorentina e la morte di Giovanni Gentile, Adelphi, pp. 520 € 25

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