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mercoledì 22 aprile 2015

Gli scrittori meglio usa e getta

La letteratura del Duemila è, nell’ordine: Michele Serra, Piccolo, Fabio Fazio, Crozza, Littizzetto, Severgnini, i vignettisti in blocco, Antonella Cilento, Michele Mari, Wu Ming, Andrea Vitali, Paolo Giordano, Scurati, Gipi (poesia a fumetti), Roberto Vecchioni, candidato al Nobel, e altri cantautori, la tv-verità, “Braccialetti rossi”, WhatsApp, con rimando a Ezra Pound, anche a Joyce, e a Apollinaire, e a Derrida (saggetto molto “alto”, qui Paolo Costa, pluricontributore divertito più degli altri, esagera), Amazon, i blog, google e il big data, google Italia,  le librerie bar, il digitale e l’editoria fai da te (una vera ricerca, questa, di Laura Cerutti, molto precisa, aggiornata), l’e-book, il diritto d’autore, il kindle, la distribuzione congiunta Messaggerie-Feltrinelli, “la retorica della commozione” per invitare a “una presa di coscienza sulla condizione omosessuale”, e il calo delle vendite, forse non dovuto alla crisi economica. Con la fame nel mondo naturalmente – aggiornata: ora la fame è in Africa, con le malattie.
Ci sono anche Magris e Maurizio Cucchi,  trattati, come Piccolo, con qualche deferenza. E Romano Montroni – che ha reinventato la libreria - che sa di che si parla. Per il resto, il “volume tiraturesco” 2015 Vittorio Spinazzola decide che è, al quindicesimo anno del millennio, la letteratura del secolo, se non del millennio, e rovescia tutto. La celebra con una cinquantina di monografie. E liquida quella degli sperimentatori, delle avanguardie, ammesso che ce ne siano ancora, e di ogni altro sopracciò, decidendo che il giornalismo è meglio, e farsi leggere è tutto - meglio senza ingombro. Proprio ora che il giornalismo è moribondo? È un canto alla memoria che il professore emerito si concede con questo suo annuale almanacco?
Una divertente compiléscion. Con tono grave, come si conviene a un’analisi che nasce sociologica, di sociologia della lettura. Ma come prenderla sul serio. Spinazzola, professore emerito di contemporaneistica, ne ha sicuramente viste di peggio – è uno dei pochi italiani a non essersi biografato su wikipedia: non si prende sul serio, viene da pensare, data la materia che annualmente lo prende. Qui accetta tutto, sul presupposto che l’alto e il basso non debbano distinguersi. E non può essere che un’antifrasi rabelaisiana.
Il Novecento voleva che si scrivesse difficile, il Duemila non più. “L’epoca duemillesca ha capovolto le carte in tavola, perché ha accettato il principio funzionale della leggibilità. Le opere scritte sono fatte per essere lette”. E quindi anche scritte mediocremente, senza lasciare traccia? Si. “Una cosa resta comunque certa: oggi come oggi, un rispetto particolare va riservato a coloro che si adoperano in favore di un incremento dei valori extraletterari più consentanei a un incrocio di liberalesimo e democrazia; assieme, un privilegio di simpatia spetta a quanti ricorrano a una scrittura di mediazione fra nitidezza affabile e cordialità
disinvolta”. Anzi, “all’aspetto più significativo di questo volume tiraturesco: il richiamo dell’attenzione su quella categoria di scrittori-giornalisti che lavorano per la grande stampa ma soprattutto per i mezzi audiovisivi”. Se non è ironico, il lettore ci guazza doppio, che deve rifarsi dei tanti euro spesi inutilmente, per libri di cui non ricorda nulla  - il giornale, come si soleva dire quando se ne facevano, il giorno dopo serve a incartare il pese, il talk-show è dimenticato coi titoli di coda.
Essendo offerta graziosamente dal Saggiatore, la lettura non fa male: bisogna sapere, in questo il professore ha ragione, in che epoca si vive – lui non si spreca per più di due paginette. Si lgge anche come il giornale, più in fretta.
Vittorio Spinazzola (a cura di), Tirature ’15. Intellettuali che fanno opinione, Il Saggiatore\ Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, pp. 258 free online

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