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venerdì 24 aprile 2015

L’accoglienza è un business

Tanta buona volontà, forse, tante chiacchiere sicuramente, e tanta superficialità. All’insegna del piccolo business. Un’emergenza che dura da venticinque anni, gestita all’insegna della carità, che solo si preoccupa di avere “più risorse”, meglio se europee. All’insegna del “salviamo le vite umane”. Dopodiché niente più interessa: chi sono queste masse, da dove vengono, che cosa realmente fuggono, quali prospettive si pongono: il terzo settore non sa, non chiede, non ascolta, gli basta gestire i 30 o 40 euro al giorno dell’accoglienza per ogni immigrato.
Frutto di incapacità, forse. Il terzo settore è pieno di buona volontà ma con un personale per molti aspetti di scarto – il terzo settore funziona esso stesso da recupero psicologico e sociale. Dagli orizzonti limitati. Tipo quelli che “Mafia Capitale” ha illustrati, ma che sono generali, e noti a tutti: il terzo settore vive della carità pubblica. Della gestione della carità pubblica, un piccolo business. Compresa l’accoglienza. Che tanto piccolo business non è, è anzi la stella del terzo settore, più dell’assistenza ai tossicodipendenti o di quella ai senzatetto. È così che la questione si risolve con appelli alla Ue. Cioè ad avere più soldi da Bruxelles.

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