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martedì 8 marzo 2016

Il cavallo non beve, ma i debiti crescono

La Stiftung Markwirtschaft tedesca, una fondazione di studio del mercato, valuta periodicamente l’indebitamento complessivo delle economie, il debito “esplicito”, cioè pubblico, più quello implicito, dando un giudizio di sostenibilità complessivo: valuta cioè la sostenibilità del debito in rapporto al debito pubblico e all’indebitamento privato. Finendo (il fatto era segnalato già due anni fa in “Gentile Germania”) per dare un voto alto alla sostenibilità del debito complessivo italiano, rispetto, per esempio, a quello complessivo tedesco. Non un’alzata d’ingegno né una trovata polemica, magari politica, contro questo o quel partito al governo in questo o quel paese, ma un dato di fatto, calcolato.
Quest’anno “Il Sole 24 Ore” non ha potuto non segnalare l’esercizio della Stiftung, ma lo  commenta come un paradosso. Prova ne sia, arguisce Luigi Guiso, che i “mercati” non ci credono. Come se i mercati fossero anonimi, equanimi, automatici, e non obbedissero a interessi ben di parte, e in grado di sostenersi. Magari con le opinioni pubbliche: creando ex nihilo aspettative, oppure ansie e qualche volta il panico. Il giudizio del mercato è certo un dato di fatto, dell’Italia addirittura ha azionato due enormi crisi, nel 1992 e nel 2011. Ma ergerlo a giudice è un’infamia, mentre sarebbe corrigendo, e anzi da ergastolo.
Ma non importa – è certo bizzarro, nel mondo d egli affari, che l’Italia abbia malgrado tutto fondamentali solidi. Il fatto importante è che il debito privato è cresciuto troppo – non in Italia. In una conferenza un mese alla London School of Economics, che roa si pubblica online, il direttore generale della Bri, la Banca dei regolamenti internazionali di Basilea, Jaime Caruana, ne ha fatto un quadro preciso, “Credit, commodities and currencies”.
Le turbolenze nei mercati finanziari Caruana attribuisce a tre fattori: “Il primo è la crescita debole e in revisione al ribasso, specie nelle economie emergenti; il secondo sono le ampie oscillazioni dei tassi di cambio, di nuovo in particolare per le monete delle economie emergenti nei confronti del dollaro;  e il terzo è il crolo dei prezzi delle materie prime”. Non è finita, e la turbolenza durerà ancora – in effetti è durata per un mese: “I tre sviluppi sono connessi; e condividono fattori comuni”. Ma la risultante sarà positiva: questi sviluppi Caruana giudica “manifestazioni di un importante riallineamento delle forze economiche finanziarie”. Il che sarà vero da un punto di vista globale, ma non per alcune economie, e cioè per l’Europa – come si deduce dal prosieguo di Caruana.
La turbolenza finanziaria è stata forte per “un eccesso di stock di vulnerabilità” in alcune economie. Da un lato il debito pubblico, in aumento ovunque. Quello privato è stato ridotto in alcuni paesi, Irlanda, Spagna, Gran Bretagna, gli Usa e altrove, “ma il debito pubblico è cresciuto significativamente nelle economie avanzate, e il debito privato è cresciuto nelle economie emergenti e in alcune economie avanzate”. Il debito è il fondo comune delle tre matrici della crisi dei mercati: bassa crescita, cambi instabili, crollo dei prezzi delle materie prime.
Nelle economie emergenti, il debito del settore privato è cresciuto negli ultimi sette anni dal 75 al 125 per cento del pil. L’indebitamento in valuta estera è raddoppiato, a 3.300 miliardi di dollari. – grazie anche all’indebolimento del dollaro, che però ha un costo. Negli Usa l’indebitamento privato complessivo si è ridotto, ma nel settore petrolifero è esploso a 3.000 miliardi di dollari, tra obbligazioni societarie e prestiti bancari. L’indebitamento “petrolifero” è cresciuto anche per le società a capitale pubblico, in Russia (del 15 per cento annuo dal 2009), in Brasile (del 25 per cento annuo), e in Cina (del 31).
C’è più di una ragione per il tracollo delle Borse in questo avvio d’anno, spiega il direttore della Bri.  Che ha portato nei primi due mesi del 2016 a una perdita di valore soprattutto per le banche, tra un quarto e un terzo della loro capitalizzazione. Il sottinteso è che la bufera dovrebbe essere passata, almeno per le banche cui Caruana sovrintende. Ma non è detto.
Non bisogna dimenticare che la crisi da cui l’Europa ancora non è uscita, dopo otto anni, è la conseguenza dello stratosferico indebitamento privato negli Stati Uniti. La crisi è stata poi perpetuata in Europa dal debito pubblico, ma questo per un’errata, o ostile, manovra politica tedesca, di cui l’Italia soprattutto ha fatto e fa le spese, con Grecia, Portogallo, e altri minori.

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