Cerca nel blog

venerdì 26 agosto 2016

Cecchi scrittore cattolico

L’apertura è travolgente, il pezzo d’autore del titolo – farà da titolo a un’elegante rivista letteraria Bompian del dopoguerra: dal quadro omonimo di Matisse all’Oriente, i pesci rossi visti in Giappone di profilo e di fronte, sullo sfondo della poesia e della grafica orientali, a Nikko, sulle montagne a Nord di Tokyo. Una lettura vertiginosa, non sintetizzabile, che introduce a un “Oriente” non più di maniera. Il resto un com’eravamo non lusinghiero, di prosa ornata: di pezzi de “La Ronda”, molto rotondi (compiaciuti e non più affilati), e de “La Tribuna”, di cui Cecchi fu corrispondente da Londra all’armistizio nel 1919. Perplesso anche Trevi nella breve presentazione. Come lo era De Robertis nel lungo saggio alla riedizone del 1940, vent’anni dopo la prima.
De Robertis lo dice autore di “ritratti d’uomini e danimali”, di “ricordi d’uomini e di paesi”. Ma l’unica presa viene da qui, dalla vena filosofica del Cecchi trentenne – spensieratamente ironico: “Io non avevo letto questo romanzo. Non ci avevo nemmeno scritto sopra una recensione”. Sparsa, dopo “Pesci rossi”, per incisi accidentali. Di Dio: “Il fondo dell’azione facilmente sembra ateo, quasi che agire significhi escludere dio, prendere il suo posto, interromere la sua partecipazione.  Ma il fondo dell’azione è soprattutto mistico; e agire significa estendere la solvibilità, allargare il credito di dio, farsene tacitamente garanti, diventargli in certo senso soci”. Dell’epoca, vista mille anni dopo: “L’Epoca dei Grand Affari”- la nostra, un secolo dopo! - è “un’epoca grigia, livellatrice”, che lascia pochi reperti, “per la ignobile qualità della carta da stampa in uso”, e usa vestirsi di nero, per tetraggine e sendo di crisi: “Vollero il ritorno alla materia, al deforme. E il Tempo li prese in parola, e li trattò come bestie, inghiottendoli confusamente”. Della città, vista dal di dentro e vista, meglio, dal di fuori. Dell’evoluzione, “una gerarchia scientifica degradante”, reazionaria: “Un antico andava in chiesa, a ritrovare il suo posto sull’infinita, gloriosa distanza che ancora lo separava da Dio, un moderno va al Giardino Zoologico a ritrovare il suo posto sull’infinita, gloriosa distanza che ormai lo separa dal cercopiteco. Un antico, per riconoscersi più uomo si confrontava, umiliandosi e annullandosi, agli dei. Un moderno, per riconoscesi più uomo, si confronta, applaudendosi e congratulandosi, alle bestie. Uno guardava avanti. Quest’altro è voltato indietro. Uno sentiva di avere ancora da attuarsi….”.  
Con la scoperta di un Cecchi “scrittore cattolico”. Non di parrocchia ma sì alla maniera di Flannery O’Connor, o dello stesso Chesterston che si reca a visitare e lo ingombra.
Il resto, uomini e animali, è molto fiorentino, bozzettista.
Emilio Cecchi, Pesci rossi, Elliot, pp. 124 € 12,50

Nessun commento: