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martedì 23 agosto 2016

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (298)

Giuseppe Leuzzi

Colonialismo
Uno scrittore che ha molto viaggiato nel Terzo mondo, negli anni 1960-1970, Hans Magnus Enzensberger, riflette nel suo ultimo libro, “Tumulto”, 159: “È più facile trasformare il sottoviluppo in arte che eliminarlo”. In chiacchiera è ancora più facile.
“Tutto questo”, dice Enzensberger, cioè tutto ciò che risulta incomprensibile del Terzo mondo, un  mondo alieno, “viene spiegato con il sottosviluppo. Che nessuno sembra sapere con precisione che cos’è. Io credo che con ciò s’intenda più un modo di esistere che un concetto esatto. Il meccanismo economico è ancora quello più chiaramente comprensibile; è evidente, infatti, che risale alla colonizzazione. Più difficile decifrare le forme mentali miste che ne sono derivate: quanto c’è di variegato nella coscienza di sé delle persone, la loro concezione del potere, del compromesso e della corruzione”. Di variegato nel senso di proprio o locale.
Il Sud non è stato colonizzato. Non politicamente. Ma sì culturalmente, e in questo ultimo quarto di secolo senza respiro. Si può dirlo anche dagli effetti, che sono quelli della vasta esperienza dello scrittore tedesco.

Sudismi\sadismi
Non dà scampo il professor Ernesto Galli della Loggia al Sud, aprendo il “Corriere della sera” il giorno di san Rocco:

Il “mondo a parte” è nostra vecchia categoria. Ma non così apodittica – autorevole? “Il Mezzogiorno appare sempre di più un mondo a parte”, spiega lo storico, per almeno dieci motivi:
1) Per “i voti degli esami di maturità delle sue scuole”.
2) Per “un’altra idea di che cosa siano la scuola e lo studio e il loro rapporto con la società”, e  “un’altra idea — si deve supporre — di che cosa sia la vita stessa”.
3) “Per l’assenza consolidata di ogni prospettiva di sviluppo”.
4) “Per gli elevatissimi tassi di disoccupazione”.
5) “Per il crollo demografico”.
6) Per l’insediamento ormai egemone in molti ambiti delle organizzazioni malavitose”.
7) Per l’indice carente di tutti i servizi (dalla sanità alle comunicazioni).
8) Per le dimensioni e l’inefficienza e delle sue burocrazie”.
9) Per la qualità disastrosa di quasi tutte le sue classi politiche”.
10) Per un’atmosfera sociale ancora dominata in pieno dal familismo, dai rapporti clientelari, dalla raccomandazione”.
Mentre al Nord tutto ciò non c’è.
Il professore è buono: “Tutto ciò, sia chiaro, non già a causa di qualche malformazione genetica dei nostri concittadini di quelle regioni”. No, la causa è “una storia infelice”. Che però, ecco il punto, “qualche decennio fa molti segni indicavano essersi finalmente interrotta”. E invece ora niente.
Ma qualche decennio fa, due e mezzo per l’esattezza, lo stesso storico decretava sulla “Stampa” un altro decalogo, “Dieci comandamenti contro la mafia”, che terminavano così: “Lo Stato deve rendere la vita impossibile (al Sud) come e più della mafia”. Tagliando l’acqua, l’elettricità e il telefono, togliendo la patente.
Non c’è progresso.  

Sicilia
Si beve vino bianco a bordo mare, grecanico, inzolia, vini siciliani, non speciali ma bevibili, con etichette tipo Terre Siciliane, un nome di fattoria molto locale e il simbolo della Trinacria, che poi si scopre essere ditta di Lumezzate o Cermenate.
Si condisce l’insalata a bordo mare con l’impossibile bustina europea dell’olio d’oliva nella plastica, che risulta prodotto di Crescenzago o Parabiago.

S’intrattiene lungamente Camilleri col conterraneo Saverio Lodato in “La linea della palma”, sugli aneddoti suoi innumerevoli, che altrove ha raccontato o racconterà molto godibili, stancamente. Per il lettore quasi un tormento. A conferma che un siciliano è una meraviglia, due una rottura?
La “linea della palma” è copyright di Sciascia. Che s’immortala anche in una più godibile raccolta del 1982, “La palma va al Nord”. La differenza è che Sciascia aveva a interlocutore-collazionatore  Valter Vecellio, un italiano di Libia?  

Sciascia, “grande amico” di ogni memoria, nella “Linea della palma” Camilleri dice “grande questore fallito”. Mai privarsi di una perfidia.

“Chi sapeva del barocco? Poi è arrivato Montalbano… “  Un narratore di Scicli persuasivamente argomenta al Tg 2 che il suo paese, 30 mila abitanti, prima che il sito di mare fosse scelto da Degli Esposti e Sironi per il caffè in terrazza e la nuotata del commissario, era in letargo. “Ora abbiamo tutto: abbiamo ristoranti, alberghi, la gente arriva a frotte curiosa, noi stessi ci sentiamo molto a nostro agio”. Basta poco. 

Pirandello ha fatto il ginnasio-liceo ad Agrigento di nascosto dal padre. Il padre l’aveva iscritto al tecnico, perché lo voleva ragioniere, ma lui, nella stessa piazza, ogni mattina entrava al ginnasio. Per cinque anni. Si può? In Sicilia evidentemente sì.

Si fatica, ovunque nell’isola, anche nei paesoni dell’interno, a ritracciare la “donna del Sud” della pubblicistica padana. Donne imprenditrici per lo più, anche di piccoli o minuti commerci, ma mai remissive o con le mani in mano, dopo aver sbrigato le faccende di casa e di famiglia – figli, nipoti, mariti. Si direbbe piuttosto un matriarcato.

Nelle biografie di Matteo Messina Denaro c’è la sua frequentazione a vent’anni di un gruppo di gigolò, col quale si divertivano “signore di una certa età dell’alta borghesia”, o “donnine di mezza età”, dicono testimoni e pentiti, “che si definivano tardone piacenti”. Fu convitato come uomo di rispetto, già killer emerito. Ma di queste “donnine”, capitolo succulento, chi erano, e quando, come, cosa si faceva, non si parla. O di straforo, per dire del superlatitante. Solo accostando la vicenda a una di mafia: se non è mafia la Sicilia non esiste.

Cazzullo fa su “Sette” – da Rio, dove si trova da un mesetto – le pulci allisola, “Sicilia desaparecida”.  Cioè no, “mai tanto rappresentata nella politica e nella letteratura”, eppure in declino. C’è poca mafia?

“Isole non altrettanto belle, come le Baleari o le Canarie, attirano un numero di turisti undici volte superiore” alla Sicilia, spiega Cazzullo. Le Canarie è da dubitare. Le Baleari: Cazzullo vorrebbe che si costruisse in Sicilia ogni cm. quadrato, per i mini appartamenti dei tedeschi?
Non tutto in Sicilia è colpa dei siciliani.

Però, è autocannibalica. Che forse non si può fare, ma in Sicilia sanno come. Generosa con tutti, specie coi turisti, sempre premiati, feroce con se stessa: i siciliani amano soprattutto sbranarsi. Per e contro il ponte, le ferrovie, le autostrade, i porti, le stesse mafie, tutti danno volentieri del mafioso all’altro.

Antimafia e mafia
La mafia va combattuta, col carcere, subito, e non magnificata, in discorsi, libri, film. Lo dice
Camilleri a Maurizio Assalto, “La Stampa”, dieci anni fa: “Resto dell’idea che i migliori scrittori di mafia debbano essere i poliziotti, i carabinieri, i giudici…. Un narratore sia pure pessimo finisce col nobilitare il fenomeno mafioso. Lo abbellisce, lo rende attraente”.
Sciascia veramente non è scrittore mediocre, che la mafia ci ha imposto. Ma Camilleri, pur professandosene devoto, tiene duro, sempre dieci anni fa: “Sciascia ha scritto un’opera fondamentale sulla mafia, «Il giorno della civetta». Però: com’è simpatico il suo don Mariano Arena, quello che ci ha lasciato l’indimenticabile partizione dell’umanità in uomini, mezz’uomini, ominicchi, pigliainculo e quaquaraquà...”. 
Salvo successivamente dedicare tre libri, a partire da “La linea della palma”, alle imprese di mafia. Con Saverio Lodato, è vero. A metà con Berlusconi, è vero, con le imprese di Berlusconi. Quattro libri anzi, col commento ai “pizzini” di Provenzano. È business nel mercato delle idee, di Camilleri e dell’antimafia.

Ricorre poco nelle storie di mafia il racconto di testimoni e pentiti delle frequentazioni eterodosse di Matteo Messina Denaro ventenne a Palermo. Quando fu aggregato a un gruppo di gigolò, studenti universitari, a uso di un certo numero di signore della capitale. E quando se ne parla è con rispetto. Delle amanti o fidanzate di Denaro, Maria Mesi, Andrea Hasslner, viennese, Francesca Alagna, madre di sua figlia Lorenza, si dice di tutto. Della signora Sonia M. di Mazara del Vallo, che Denaro visitava a letto, e alla quale inviava anche lettere che sono state trovate sui suoi impegni criminali, si dà un nome falso, con iniziale. L’antimafia è selettiva, o a senso unico, ripetitiva.

Denaro fu aggregato ai gigolò da Lillo Santangelo. Un amico d’infanzia, studente a Palermo, di cui suo padre Francesco era padrino di battesimo, se non ne era lo zio o lontano parente - Santangelo era sua moglie, la madre di Matteo. Francesco farà poi uccidente Lillo, perché spendeva troppo.
Francesco Messina Denaro era mafioso noto. Riceveva l’assegno di disoccupazione dell’Inps, e poi  la pensione.

leuzzi@antiit.eu 

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