Cerca nel blog

mercoledì 24 agosto 2016

I beati mafiosi

Una delle prime “Sicilie senza giustizia” – un topos (luogo comune giornalistico, ma anche storico e letterario) post-unitario: “Vacilla la fede nella giustizia legale; anzi non vacilla, manca addirittura”, Che spopolò sul “Giornale di Sicilia” per 239 puntate, un recod, tra il 1909 e il 1910. Uno storione ben siciliano, benché l’autore venisse da Patti e Messina, ambienti marginali all’isola. E si celasse sotto un pseudonimo inglese, Wiliam Galt, un nome d’arte che rinvia a Walter Scott - bizzaramente trascurato nel revival (rinviava Manzoni, e duque Natoli). Che coinvolge tutta l’isola, tra Palermo. Catania e Messina. Ma l’intrigo prevale qui sulla vicenda storica, l’intrigo e il complotto più che il destino eroico: uno stotione più gotico che storico. Stiracchiato, troppo.  
L’edizione princeps di Flaccovio nel 1977, che ridiede il giusto nome all’autore, è ancora più avvolgente. Le quasi 1.400 pagine proponendo a due colonne, come usava nei vecchi fogli di colportage,  con la “revisione letteraria” di Giovanni Mormile - la nuova introduzione di Maurizio Barbato ne segue la vicenda editoriale. Corredate da molte illustrazioni tratte dalla collezione di stampe di Rosario Lo Duca. Con una prefazione di Eco, “«I Beati Paoli» e l’ideologia del romanzo «popolare»”. Un saggio stotico e bio-bibliografico dello stesso Lo Duca. Una nota di Mormile. E un sottotitolo forse deviante, “Grande romanzo storico siciliano”.
Lo Duca, un ingegnere e deputato comunista che fu storivo dell’arte e collezionista, inscrive Natoli in una tradizione orale dei Beati Paoli che dice viva ancora all’epoca, negli anni 1970: una società popolarmente intesa di giustizieri e non di sicari. Che sono invece i protagonisti degli intrighi di Natoli, il quale si sarebbe puuttosto ispirato a uno degli “Opuscoli palermitani” del marchese di Villabianca, secondo Settecento. Ma inscrive Natoli nel romanzo d’appendice come lo configura Gramsci, del fantasticare popolare – una sorta di “romanzo familiare” popolare si sarebbe detto con terminologia psicoanalitica: il “complesso d’inferiorità sociale”, argomenta Gramsci, alimenta sogni di vendette e punizione. Uno stimoante e insieme un narcotico, che esime dalla rivolta.
È la chiave di Eco: non un romanzo storico ma un romanzo “popolare”: “I suoi ascendenti non sono Guerrazzi, Cantù, o D’Azeglio, ma Dumas, Süe o per restare in Italia Luigi Gramegna” (Luigi Gramegna…). E il “romanzo popolare francese” in particolare, malgrado lo pseudonimo scottiano. Il filone che comincia in Francia, stabilisce Eco, nel 1823 col “Museo delle famiglie” di Émile de Girardin, e subito s’illustra con “I misteri di Parigi”, molto Dumas e molto Victor Hugo.
Ma non c’è solo Gramegna, Eco dà sfogo in anteprima alla “passione per la falsificazione”, per il teatro di teatro: “Dalla Compagnia di Gesù come viene presentata nell’«Ebreo errante» di Süe, agli Abiti Neri di Ponson du Terrail, ai figli di Kali, sempre im Ponson du Terrail, al patto di sangue dei Tre Moschettieri, dai Tredici balzacchiani ai nostri Beati Paoli, la società segreta è la maschera dell’eroe e ne è al contempo il braccio secolare”.
Il marchese di Vilabianca è il meno colpevole. Funzionario pubblico, dilettante di storia locale, onoato anche da Sciascia, storicizza i Beati Paoli, in uno degli “Opuscoli palermitani”, il XVImo: li dice una setta creata per reazione alla dominazione normanna. Che invece in Sicilia non ci fu, anzi, non fu una dominazione prolungata, tale da suscitare un’opposizione popolare, né una reazione. Il marchese racconta, su questo e altri inciampi storici, personaggi e vicende senza spessore, ridicoli semmai e niente affatto terificanti, ma la voglia di incattivirsi faceva aggio già ai suoi anni.
In francese un classico
Un romanzo d’intrecci vari e avventure, agnizioni, disconoscimenti, equivoci, fughe, duelli, soperchierie, tradimenti, vendette, tra il 1698 e il 1719. Quando la Sicilia, col trattato di Utrecht (1713), viene passata dalla Spagna ai Savoia, e poi sarà contesa tra Spagna e Austria, con grande messe di baroni locali e gente di mano. Roba di un secolo fa, ma è quasi una prima, dopo l’edizione Flaccovio del 1977, passata incognita agli atti.
Natoli, relegato in Italia, prima di questa edizione, alle familiari patriottiche “I Buoni Cugini”, è autore di culto in Francia. Proposto dopo l’edizione in volume del 1977 da Jean-Noel Schifano, vi ha conosciuto una fortuna durevole, a differenza che in Italia, “I Beati Paoli” insieme con i sequel “La caduta di Messina” e “Coriolano della Foresta”. Ripubblicato in edizione tascabile, in tre volumi, a ogni decennio dal 1991. Con traduttori nuovi d’eccezione, che figurano coautori dei tre volumi: Maruzza Loria, Serge Quadruppani e Jacqueline Huet. Preceduto da un’eulogia fuori posto di Schifano, che lo presentò all’edizione del 1991 apparentandolo ai “classici” italiani contemporanei, dopo “I promessi sposi” e “I viceré”: al “Nome della rosa” e alla “Storia” della Morante. Ma il successo c’è stato, ed è durevole.
In Italia è finito invece nel calderone della mafia. Auspice lo stesso Sciascia. L’edizione Flaccovio fu accolta male, cioè bene. Relegata nel “culto” pervasivo della mafia che in quegli anni si affermava, per le mattanze di Cosa Nostra e dei Corleonesi e la saga di Coppola, e per il filone aperto da Sciascia con ”Il giorno della civetta”, il cui splendore finì per riversarsi su quelli che poi abbiamo visto essere i Riina e i Provenzano. Sciascia recensì il reperto, cominciando col dire che non si può non leggere Natoli se si vuole capire cosa è “essere siciliani”, per poi affossare il romanzone e l’autore nell’orrenda sintesi – elogiativa - del “tutto è mafia”: “Coi romanzi di Natoli si può dire che arriviamo a scoprire la mafia come vera profonda inalterata costituzione”.
La vecchia edizione Flaccovio è riedita da Sellerio, la nuova di Flaccovio è preceduta da una mappa ragionata di Palermo all’epoca della storia, di Adriana Chirco.

L’edizione Newton Compton riproduce Natoli tal quale, come un libro di avventure.
Luigi Natoli (“William Galt”), I Beati Paoli, Sellerio, 2 voll., pp. 1255 € 25
Newton Compton, pp. 960 € 9,90

Flaccovio, pp. XXIX- 702, ill. € 26

Nessun commento: