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mercoledì 30 novembre 2016

Donne sole a Kabul, nel 1939

“Due donne in viaggio dall’Europa a Kabul” è il sottotitolo. Nel giugno del 1939, preistoria. Tra rumori di guerra: il mondo era più aperto quando era chiuso.
Il viaggio è “crudele” non per se stesso, per i rischi che a occhio e croce comporta, ma per le due donne. Elsa Maillart, è lei stessa che viaggia, con una Ford, e ne riferisce, e Christina. È la storia di un viaggio alla scoperta di “come si possa vivere in accordo col proprio cuore”. Ma il relativo isolamento acuisce i contrasti, anche minimi, e le debolezze di ognuno.
Christina è Annemarie Schwarzenbach, già indebolita dalle droghe e dalla mancata riconciliazione con se stessa - ne morirà un paio d’anni dopo. Nel colloquio centrale del libro l’amica la sprona ad affrontarsi: “Un giorno fronteggerete la vostra paura. E con essa, attraverso di essa, approderete alla vostra vera natura”.
Ma è soprattutto un diario di viaggio, anche se è stato scritto “dopo”, tra il 1943 e il 1945, e altrove, in India, e pubblicato - originariamente in inglese – nel 1947. Infiorettato dalla diversità dei luoghi e delle persone, un paese tutto al maschile, ma in forma di charme e non di differenza, non repulsiva. Si viaggiava meglio quando era difficile viaggiare – se ne capiva il senso.
Si sapeva già molto. Per esempio della repulsione islamica per i Buddha di Bamiyan, che sessant’anni dopo i talebani vorranno demolire. I due Buddha, il grande e il piccolo, sono non poco “rovinati dai fanatici mussulmani”, e qualche anno prima, “quando il governo afghano aveva emesso un francobollo che rappresentava il Buddha monumentale, aveva dovuto ritirarlo dalla circolazione, troppi mussulmani erano scioccati da questa rappresentazione di una forma umana”.  
Elsa Maillart, La via crudele

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