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martedì 23 maggio 2017

La satira (involontaria) della Grande Vienna

Curioso “grande messaggio di congedo della civiltà absburgica”, come vuole l’editore. Che probabilmente non esagera: il romanzo – l’“affresco” – è in repertorio come il capolavoro del romanziere viennese. Ma allora un capolavoro di ironia, non compassionevole né nostalgico, alla Joseph Roth e la sua “Cripta dei capuccini”, alla quale viene avvicinato.
La cifra è del romanzo d’avventure. Seppure nei primi giorni del novembre 1918, ben drammatici, tra fronti di guerra inutili e ammtinamenti della carne da macello – i rivoluzionari “consigli dei soldati”, o anche conatdini semplici, ma non stupidi. E vicino casa. Sul fronte balcanico contro l’artiglieria francese e la cavalleria inglese. Attorno a una delle capitali dell’impero che è ostile ma si finge che non lo sia, Belgrado.
L’alfiere protagonista e narratore, responsabile dello stendardo di reggimento, vede tutto questo e anche di peggio. Come ai contadini ruteni e polacchi, che il giorno 4 o 5 – dopo l’armistizio quindi – sono mandati al fronte e si ammutinano, viene fatto tirare ed alzo zero da uno squadrone di tedeschi: una carneficina. Come gli ufficiali si ritirano al palazzo imperiale a Vienna, deicisi a resistere ai consigli popolari, quelli che non sono morti. Ma nessuno sa cosa in realtà sta succedendo. Compresa la dimissione dell’imperatore, che con l’imperatrice ne attraversa imperturbato le schiere sparse a palazzo per lasciare Vienna.
Poi c’è la storia d’amore. L’alfiere-narratore mette lo stendardo avanti alla giovane bellissima donna che per tutta l’avventura si mette a rischio, di vita e dell’onore, per amore suo. Un amore che il civile absburgico concepisce in termini di “me la dai?”, e “perché non me la dai?”. In tutta serietà. In una società imbricato di ufficiali, dal generale di corpo d’armata all’alfiere, tutta di nobili e nobilastri, altro che crogiolo e opportunità.  Che delle famose popolazioni dell’impero riconoscenti parlano come di colonie – “le colonie erano perdute”.
Una burla? O l’impero era questo, impermeabile al ridicolo?    
Alexander Lernet-Holenia, Lo stendardo, Adelphi, pp. 309 € 12 

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