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lunedì 4 dicembre 2017

Il mondo com'è (326)

astolfo

Cesare Borgia – È creazione letteraria – un racconto storico, poco fedele.  Immortalato nelle lettere di Machiavelli ai reggitori di Firenze e nel “Principe”, ma è durato appena quattro anni, con poco di suo, e più in male che in bene. Da quando si è fatto vassallo del re di Francia Luigi XII, che lo nobilitò per avere in cambio l’annullamento del matrimonio da parte del papa Alessandro VII, padre di Cesare. Alla morte del padre, il 18 agosto 1503, il successore Giulio II lo farà imprigionate, senza problemi. Evaso, sarà “condottiere” di suo cognato il re di Navarra ma presto morirà, l’11 marzo 1505, miserabilmente in un’imboscata a Vana, in Spagna, dei nemici del re francese pretendente del trono di Spagna..
“È un problema irrisolto sapere se la memoria viva dei principi del Rinascimento è dovuta al loro proprio genio o a quello degli artisti che hanno trasmesso l’essenza del loro essere alla posterità”. Ernst Kantorowicz poneva il problema nel 1939, ma già allora dirlo risolto, per quanto attiene a Ces are Borgia. Che non ha fatto nulla di memorabile, se non intrattenersi distesamente, la notte, in lunghi colloqui in solitario con Machiavelli, a Urbino e a Imola. Colloqui che sono anche la chiave probabile del fascino che esercitò sul suo “creatore” Machiavelli, altrimenti inspiegabile: Cesare Borgia fu l’unico uomo d’azione con cui il letterato fiorentino poté trattare fatti d’arme e di politica, di genio politico. Ebbe confidate numerose ambascerie importanti, ma trattava i problemi con i cortigiani. Il Valentino fu l’unico che, forse per sentirlo quasi coetaneo, s’intrattenesse con lui distesamente. E per argomentare delle sorti della storia, non per decidere in merito alle ambascerie.

Duca Valentono, Duc de Valentinois, della regione omonima, è titolo concesso l’1 dicembre 1498 a Cesare Borgia, che dall’età di sette anni accumulava titoli, per essere figlio del papa Borgia regnante, Alessandro VII (la nomina precedente era di cardinale di Valencia, la successiva, un anno dopo, per il giubileo del 1500, sarà di Capitano Generale della Chiesa), dal re di Francia Luigi XII. Che voleva l’annullamento papale del matrimonio con la biscugina Maria, la figlia di Luigi XII, per sposare Anna di Bretagna, la vedova di Carlo VIII. Luigi XII creò Cesare Borgia duca del Valentinois,  conte di Diois, e signore d’Issodun, e gli diede in moglie una principessa, Charlotte d’Albret, sorella del re di Navarra.

Proselitismo – Il papa in Birmania e in Bangladesh, dove i cattolici si contano, e anche i cristiani, sembra ripetere il tema del film di Scorsese sui gesuiti portoghesi in Giapone, e sul racconto storico dallo stesso titolo su cui Scorsese ha impiantato il film, di Shusaku Endo. Arnold Toynbee spiega in “Il mondo e l’Occidente”, 1952, che il governo giapponese nel Seicento non temeva tanto le conversioni, ma che la conversione stessa non fosse un atto di fanatismo, e quindi di pericolo per lo Stato, per la possibilità che il fanatico tradisse: “Ciò che temevano gli statisti giapponesi era che i compatrioti che questi missionari stranieri andavano convertendo al cristianesimo occidentale assorbissero lo spirito fanatico della religione adottata e, sotto questo influsso demoralizzatore, si lasciassero adoperare a mo’ di «quinta colonna», come diremmo oggi in Occidente”.
Questa la spiegazione che lo storico faceva seguire: “Se il sospettato disegno fosse riuscito, allora portoghesi e spagnoli (le nazionalità dei missionari, n.d.r.), che in sé non costituivano una seria minaccia all’indipendenza giapponese, avrebbero potuto ordire una conquista del Giappone mediante l’ausilio dei traditori giapponesi. Il governo giapponese del diciassettesimo secolo mise fuori legge e represse il cristianesimo per lo stesso motivo che oggi induce i governi occidentali del ventesimo secolo a mettere fuori legge e reprimere il comunismo; e proprio un elemento comune a queste due fedi occidentali – il fanatismo ad esse trasmesso in eredità dal giudaismo – ha fatto da pietra d’inciampo in ogni paese asiatico in cui è stato propagandato il cristianesimo”.
Lo stesso in Cina, il cristianesimo vi è avversato per la sua carica mobilitante?

Machiavellico (Francia-Italia 2) – Si può dire aggettivo francese, più che italiano, di conio e imposizione francese. Il “disegno di conquista che la Francia conduce, strategico e militare, nei confronti dell’Italia”, che sarebbe al centro del libro di ricordi in via di pubblicazione di Roberto Napoletano, “Il Cigno Nero e il Cavaliere Bianco”, sarà forse vero (la prova non c’è, è una valutazione. “Nei circoli internazionali il ragionamento geopolitico prevalente dà per acquisito che i francesi vogliono conquistare il Nord Italia”), ma è ben solido nella storia, secolare, radicato. Fino alla difesa del papa contro l’unità d’Italia repubblicana nel 1849, e dieci anni dopo di sostegno all’unità dell’Italia, in funzione antiaustriaca.
Il machiavellismo ne è la chiave: la sua creazione e l’imputazione, da “machiavellici”, a ogni cosa italiana.
Il re francese Luigi XI, definito speso il “quasi italiano”, da ultimo da Bouchardon (“Léonard et Machiavel”), per il cinismo, non aveva nulla di italiano. Più propriamente era detto “il ragno universale”, per la bruttezza e gli intrighi, a partire da quelli innumerevoli orditi contro suo padre, Carlo VII, quello di Giovanna d’Arco. Fu suo figlio Carlo VIII, quello della “discesa” conquistatrice in Italia. Luigi XII, il successore di Carlo VIII, che distruggerà le ambizioni regali degli Sforza e di Milano, fu suo cugino. A Luigi XII d’Orléans, figlio del poeta Charles d’Orléans, Luigi XI aveva dato da sposare sua figlia Giovanna, nata deforme dalla sua seconda sposa, Carlotta di Savoia - sposata tre anni prima, quando aveva otto anni, per la ricca dote.
Luigi XI si faceva chiamare il Prudente, per imbrogliare le carte. Carlo VIII, con le sue pretese dinastiche e cavalleresche, sconquassò il principio dell’ordine “italiano”, della pace fra i principi, concordata nel 1454 e sottoscritta a Lodi. Luigi XII attaccò e sottomise Milano. Era, come Cesare Borgia spiegherà a Machiavelli una notte a Imola, “il padrone della bottega”, cui non si poteva dire di no.
Fu sotto i colpi della “furia francese” che svanì il disegno di una politica di pace e di progresso, spiega qualche anno dopo lo stesso Machiavelli alla fine del cap. settimo, quello conclusivo, dell’“Arte della guerra”: “Credevano i nostri principi italiani, prima ch’egli assaggiassero i colpi delle oltremontane guerre, che a uno principe bastasse sapere negli scrittoi, pensare una acuta risposta, scrivere una bella lettera,mostrare ne’ detti e nelle parole arguzia e prontezza, sapere tessere una fraude, ornarsi di gemme e d’oro, dormire e mangiare con maggiore splendore che gli atri, tenere assai lascivie intorno,governarsi co’ sudditi avaramente e superbamente, marcirsi nello ozio, dare i gradi della milizia per grazia, disprezzare se alcuno avesse loro dimostrato alcuna lodevole via, volere che le parole loro fussero responsi di oraculi; né si accorgevano i meschini che si preparavano a essere preda  di qualunque gli assaltava. Di qui nacquero poi nel mille quattrocento novantaquattro i grandi spaventi, le subite fughe e le miracolose perdite”.
L’aggettivo machiavellico deve poco o niente a Machiavelli e molto alla Francia, che lo coniò e lo adopera come maschera. A partire, qualche anno dopo i Luigi di Francia (che il milanese Gadda ha immortalato con ironia sofferta), da Caterina di Medici, la prima vittima. Luigi XII, presso il quale Machiavelli era stato mandato in missione speciale dalla Repubblica di Firenze nel secondo semestre del 1500, si era già illustrato in Italia aiutando militarmente la Repubblica contro l’insurrezione di Pisa. Questo a maggio del 1500, cinque anni dopo che la resistenza opposta con successo da Firenze a Carlo VIII. I guasconi e gli svizzeri mandati dal re di Francia si guardarono bene dall’impegnarsi in battaglia, e la Repubblica fiorentina decise di non pagarli – Machiavelli fu mandato per questo due anni dopo, a inseguire la corte nomade di Luigi XII (i re di Francia non si erano ancora accasati a Parigi), per cercare un accordo. 

astolfo@antiit.eu

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