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martedì 17 luglio 2018

Baudelaire gran signore gran censore

“Essere divertente parlando della noia, istruttivo palando del niente”: il proposito è promettente. Ma perché proprio il Belgio nel mirino – la capitale del titolo è Bruxelles? “A fare uno schizzo del Belgio c’è, in compenso, il vantaggio che si fa nello stesso tempo una caricature delle stupidaggini francesi”. E della modernità – del tutto business: “Come si cantavano da noi, vent’anni fa, la libertà, la gloria e la felicità degli Stati Uniti d’America! Stupidaggine analoga a proposito del Belgio” – “il Belgio e gli Stati Uniti, bambini viziati dai giornali” è un tema vecchio, già trattato in “Il mio cuore messo a nudo”, prima di esiliarsi a Bruxelles. E per un dubbio: “Forse abbiamo parlato troppo male della Francia. Bisogna sempre portarsi la patria attaccata alla suola delle scarpe. È un disinfettante”.
Un gran reportage. Prevenuto, perché Baudelaire non ha avuto a Bruxelles l’accoglienza che sperava, gli editori che avevano fatto ricco Victor Hugo, le sale di conferenze paganti piene, gli onori, uno spirit vivace. Ma dopo un lavoro da Grande Inviato, curioso e scrupoloso, lungo due anni, gli ultimi della sua vita – come annota subito Montesano, che ha curato il revival: “Il dandy si aggira per i balli public durante il Carnevale, va ad assistere a meeting repubblicani, osserva le case private,  curiosa nelle botteghe, legge gli annunci pubblicitari, le scritte sui muri, colleziona statuti di associazioni, osserva i giochi dei bambini, nota le abitudini delle donne, copia i manifesti elettorali e le partecipazioni funebri, registra gli errori di pronuncia e di stile come segni dell’errore morale”. Diligente, ma subito incattivito.
Un strano libro dunque, di invettive. Con poche, brevi, “cose”. La ballerina “Amina”, Elisa Neri, e poco più. “Le plat pays” di Jacques Brel è antevisto con furore. Anticipato dal giovane Voltaire in esilio nel 1722 – “La triste città dove ho stanza\ è il soggiorno del’ignoranze,\ dlla noia, delal pesantezza,\ della stupida indifferenza…” – ma questo non esime. Né si può dire che Baudelaire abbia cattivo carattere. Ma era già mortalmente sofferente, anche se non lo sapeva, e tornava alle insofferenza della prima età, con la caratteristica mancanza di misura.
È anche indispettito: il suo non-conformismo non stupisce nessuno a Bruxelles. E questa è forse una chiave utile: c’è già la mancanza di curiosità che caratterizza i nostri giorni in Italia, forse per lo stesso motivo, per il potere “alla piccola borghesia”, direbbe Baudelaire, “che è micragnosa e solo vigila sul suo piccolo interesse”.
Più cattivo ancora Baudelaire è nelle lettere da Bruxelles, alla madre, al tutore Ancelle, all’editore, a Sainte-Beuve. Che Montesano documenta nella lunga introduzione. Insieme col consiglio di leggere i versi ancora più irrispettosi dedicati a Bruxelles, le “Amoenitates Belgicae” - che però meno di questa silloge si recuperano.
“La capitale delle Scimmie” è uno dei moltissimi titoli che Baudelaire registra nelle note qui raccolte. Che Montesano ha preferito ai titoli meno immaginativi adottati dai curatori delle due edizioni “critiche “di questi appunti lasciati sparsi e informi, Pichois e Guyaux. Anche il montaggio Montesano ha fatto diverso, in qualche modo tematico e non cronologico.
Montesano fa di questo Baudelaire un progressista, e anzi un rivoluzionario, al passo di Marx, che sta scrivendo “Il Capitale”, lo stesso che Flaubert, che sta scrivendo “Bouvarad e Pécuchet”, e un socialista proudhoniano, ma è arrischiato. Baudelaire ce l’ha col modo di vivere che Pound dirà dei “dollaria”, tutto calcolo e poco spirito. Ma da high tory, gran signore gran liberale, e per questo tanto più sprezzante. Contro Napoleone III e la demagogia al potere. Contro il potere del denaro, esaustivo, corruttivo. Contro i colonialismi. Specie del jingoismo, sarebbe da aggiungere, la ferocia piccolo-borghese – a Bruxelles “solo i cani sono vivi, sono i negri del Belgio”. Del resto da ragazzo, allievo dei gesuiti, era stato ben rivoluzionario. Fino al 1848, all’utopia rediviva dell’Ottantanove, fondatore e redattore, con Champfleury e Toubin, di “Le Salut public”, giornale rivoluzionario, in cui invitava i preti alla rivolta, in testa l’arcivescovo di Parigi Affre e lo scrittore sacerdote Lacordaire.
Charles Baudelaire, La capitale delle scimmie, Oscar, pp. 157 € 6,90

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