Cerca nel blog

venerdì 4 gennaio 2019

Secondi pensieri - 372

zeulig

Curiosità – È del presente e del futuro come del passato. Forse  qui con più forza - “Ulisse oppone la curiosità alla novità”, nota S.Tesson del curioso per eccellenza, “Un’estate con Omero”,137. Ma è vero di Ulisse come di ognuno: ci sono novità che non incuriosiscono, e si sono curiosità non legate alla novità.
Anzi, la curiosità è più viva di fatto per il passato: la storia, le storie. Per come il passato è passato, e più per come avrebbe potuto essere, o come si potrebbe riconformare.

Destino –  È l’ordine naturale delle cose. Un ordine che non è ordinato e non è naturale. Non della natura quella che conosciamo. Nell’antichità sconosciuta anche agli dei – fino al Cristo gli dei stessi sono elastici.
È il presupposto e il fondamento della religione. In entrambe le sue forme, dell’ineluttabile e del casuale: l’impossibilità della libertà – o della libertà come interstizio, conquista continua, parziale, infima, tra illusioni e delusioni.

Immaginazione – È, si vuole, in guerra ancora più produttiva che nella vira ordinaria – nella poesia, l’arte, la creatività. Si può anche dire che è quella che decide le guerre. Le tribù tedesche tenevano in scacco i forti romani, organizzati, corazzati, mettendo in prima linea una bella fanciulla, per eccitare nelle loro schiere i più giovani e forti. I tedeschi sono poi diventati lanzichenecchi, mercenari, ma devono avere mantenuto questa sapienza, che la guerra si combatte entusiasti, almeno per un secolo fino alla sconfitta nel 1945. Con la voglia di farla più che con le armi. La forza di Hitler era l’immaginazione delle masse - caso non raro nella storia, è di Napoleone, Giovanna d’Arco, Alessandro Magno - per un decennio fino al ‘42. I russi hanno sconfitto i tedeschi per lo stesso motivo, perché alcuni di loro ne condividevano la risolutezza.

Orientalismo – È nozione e fatto imperialista – Edward Said? Certo, tutto nell’imperialismo è imperialista. Ma non imposto con le armi, non sempre e non necessariamente, o col denaro. Semmai per via di conoscenza, e non sempre facile o abborracciata: storiografia, archeologia, filologia, etnologia, antropologia.
Del resto l’imperialismo non è stato solo occidentale: l’Oriente ha anche vinto e a volte conquistato l’Occidente. Ma non ha “inventato” ( pensato, classificato, categorizzato) un “occidentalismo”.
Un differenza  di categorie mentali, sicuro, senza segni di più o meno. Ma allora un orientalismo  non proprio discriminante – semmai da correggere, aggiustare, sintonizzare.

Paura – È l’occupazione-preoccupazione più sentita e diffusa  dell’epoca. Non da ora, ma ora prevalente. Non un sentimento ma quasi un’arte. Che lo scrittore Alvaro nel 1952 trovava già un mestiere, un affare – allora a proposito del proliferare di “film avveniristi terrificanti”: “Una delle occupazioni più redditizie del nostro tempo è quella di impresario di paure. Più sono confortanti le scoperte della tecnica e della scienza, più grandi sono le possibilità di vivere meglio, e più tutti si affannano a incutere terrore”. Quel “tutti” essendo uno scivolone nel modo di dire, lo scrittore si corregge continuando: “Giacché è comune l’atteggiamento profetico, facciamo una profezia anche noi: i posteri rideranno di un tempo come il nostro in cui si accumulano terrori per tutto quanto è nuovo, prodotto del genio dell’uomo, conforto, speranza, da inorgoglire qualunque epoca più gloriosa dell’umanità”
L’unica aporia della profezia è che i posteri non sono più generazionali, come usava, ma vanno probabilmente per secoli – la “profezia” di Alvaro, del 1952, è già di settant’anni fa, e ancora aspetta la generazione critica. Ma anche questo Alvaro aveva presente, e infatti prosegue: “Ma un simile atteggiamento di fronte alla vita  non potrà provocare che una insensibilità ai mali, alle sventure, ai disastri, che purtroppo sono fatali nel viaggio della civiltà, e questo sarà davvero fatale. Si cerca il fascino delle cose vietate e degli incubi. L’umanità vi si potrebbe anche buttare a capofitto”.
Più innovazione, più marcia in avanti, più genio, più diffuso, e più paura: la morfologia della paura è un circolo vizioso.
La storia registra i terrori dell’Anno Mille. Non per altro, per la scadenza, un numero che in sé è fatidico. Il Duemila è stato superato senza patemi, ma l’angustia, non rapportata più alla “scadenza”, al dato epocale, permane: vogliamo farci paura.

Tribù – Lo spirito tribale rinasce nel mondo “aperto”, internettiano. Proprio tribale, non  nazionalista: confuso nelle motivazioni, ma assertivo ed escludente, deciso, non discutibile, violento seppure mascherato per opportunità.
La tribù si forma effettivamente in un mondo senza frontiere. In forma genetica, parafamiliare, ma più per una intesa, di convenienza (opportunità) o idealità. A fine non tanto di essere quanto di escludere. Robusto – e quindi offensivo - per intendersi di difesa: la tribù è imperialista ma per voler essere antimperialista.
Nella storia è il caso dell’imperialismo italiano, del “posto al sole” come una forma di antimperialismo – dall’imperialismo in cattedra peraltro classificato, a specchio, come “imperialismo straccione”.

È un vulnus, una ferita, e non un disegno.    

zeulig@antiit.eu

Nessun commento: