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mercoledì 2 gennaio 2019

Letture - 369

letterautore


Bibbia – Ha molto del mito greco, è stato detto, rivissuto in una società che ha forte il senso del peccato e della trasgressione, cioè di un punto fermo – il peccato è un’offesa. Un’opinione, peraltro avanzata perlopiù in ambito laico, anticonfessionale. Ma la datazione degli scritti biblici come si conoscono, via via riportata a età sempre più basa, ora al tardo ellenismo, ne rende compatibile l’adattamento.

Casa – Jhumpa Lahiri, che poi sceglierà l’Italia e Roma come sua casa – ma ultimamente sempre meno – nel 2011, in un testo che il “New Yorker” riesuma in una serie sulle “fonti di ispirazione” degli scrittori, scriveva: “Per buona parte della mia vita ho voluto appartenere a un posto, o a quello da dove i miei genitori erano venuti oppure all’America, dispiegata davanti a noi. Quando divenni scrittrice il mio scrittorio divenne casa: non ci fu più bisogno di un’altra”.  La rivista illustra il testo  con una foto che si ama sia della scrittrice bambina in braccio al padre all’arrivo negli States, con accanto la mamma giovane.
La casa quando si perde, non si ritrova? Ulisse ci ha messo un tempo infinito per  ritrovarla, e in che condizioni.

Céline – Molti de moltissimi intervistatori del dopoguerra, ai qual non si rifiutava pur bofonchiando, e coi qual anzi s’intratteneva di gusto (ci sono più intervista col misantropo Céline che con la chiacchierona Alda Merini), lo dicono vestito di stracci. Non propriamente, ma di giacche, maglie e camicie sovrapposte, in disordine, come se avesse freddo e fame. Un profugo. Era la “divisa” del francese sotto l’occupazione - la tarda occupazione, delle sorti non più vittoriose per Hitler: la fame e il freddo. “La gente si scaldava le dita sul bollitore”, ricorda Simenon in “La neve era sporca”, i pochi minuti la mattina in cui il gas veniva erogato: “C’era persino chi metteva sul fornelletto i piedi, o il ventre. E mettevano addosso tutti i loro stracci, tutto ciò che era possibile ammucchiarsi sulle spalle, con le più strane sovrapposizioni”.

Charlot – In alcuni dei film che, tra le tantissime comiche, ha girato agli inizi del suo lavoro nel cinema, a Hollywood tra il 1914 e il 1917, prefigura curiosamente temi attuali. In “L’emigrante” la massa in attesa davanti a Ellis Island, è composta di italiani e slavi. In “Via quieta” una famiglia con dodici figli, emigranti dal Mediterraneo, vive sopra il covo di un gruppo di terroristi, anche loro immigrati, sostenitori dello zar. Storie ordinarie di emigrazione?

Freud – “L’applicazione dei miti greci sule parti genitali”, H. Miller.

Gadda – Potrebbe avere tratto il Maradágal dal film “Una donna tra due mondi” di Goffredo Alessandrini, 1936. Una grande produzione ispirata al romanzo “La bianca signora del Maharascià”, un grande successo del tedesco Ludwig von Wohl – da cui contemporaneamente una grande produzione si traeva in Germania, “Die Liebe von Maharadsha” (protagonista in entrambi Isa Miranda).
Ma non è da dimenticare la filastrocca di Fogazzaro a inizio del “Piccolo mondo antico”: “Ombretta sdegnosa del Missipipì”. Non c’è in Gadda niente su (contro) il “Piccolo mondo antico”, ma rileggendo Fogazzaro non si può fare a meno di scorgervi in filigrana il ghigno beffardo di Gadda – su questo come su ogni altro “lombardismo”.
La filastrocca aveva altro spessore originariamente, ne “La pietra del paragone”, di Rossini e Luigi Romanelli. Che inizia col poeta Pacuvio impegnato in un componimento di grandiosi propositi (“Quest’aria allusiva, eroico-bernesca\ cantar sulla piva dovrà una fantesca\ per far dalle risa gli astanti crepar”), di cui però riesce ad articolare solo il primo verso: “Ombretta sdegnosa del
Missipipì”.

Italiano – Almeno un migliaio di parole italiane ne “Il broker” di Grisham, ambientato tra Vicenza e Bologna, e non un solo errore di compitazione. Un miracolo.
Cioè, un errore c’è, di costruzione: “Possiamo studiare a camminando”. Che può essere un errore di stampa. Ma anche questo è difficile: non ci sono errori di stampa nei libri americani, la correzione delle bozze non vi è stata eliminata come nell’editoria italiana.

Corrado Alvaro ritrova l’Italia e l’italiano infine nel cinema, nel neorealismo. Cosa che la letteratura, scrive recensendo il film “Racconti di Hoffmann”, di Michael Powell e Emeric Pressburger (“Il Mondo”, 1 marzo 1952, ora in C.A., “Al cinema”, 128-129): La letteratura italiana non lo aveva mai fatto, giacché quando si occupò delal vita italiana nei suoi termini originali la rappresentò all’interno, nei suoi drammi e non nel suo scenario. Quando volle portarla su un piano europeo e cosmopolita, ne diede una falsificazione, modellandola su esigenze di altre società e su formule di scrittori estranei”. Il cinema postbellico invece ha rimediato: “Il cinema ce ne ha dato invece una rappresentazione sentimentale, e con tutta la sua formula neorealistica, come mito della spontaneità, umanità, leggerezza. Il «naturel» di Stendhal”.
Il film sui racconti di E.T.A.Hoffmann lo porta anche a una rivendicazione: “È curioso che la leggende italiana in Europa abbia avuto a un certo punto un contenuto estremamente moderno, e che insomma certi presentimenti dell’avvenire sotto la definizione generica di magia, avessero colore italiano”. Con una riserva (o è un apprezzamento?): “Era una geografia ideale. Difatti Hoffmann non fu mai in Italia”.

Rossellini – Predecessore, tra le tante sue intuizioni, anche del docufilm: “Germania anno zero”, “Stromboli”, “Il generale Della Rovere”, “Viva l’Italia!”, e anche “La macchina ammazzacattivi”. E poi nei tanti lavori a scopo dichiaratamente didascalico, biografie e ricostruzioni storiche, per la televisione.

Saperi - “L’Europa crolla perché il sapere è diventato il nuovo nemico”, Pascal Bruckner, “Corriere della sera” di venerdì. L’odio sociale è contro il sapere, vero, non più contro la ricchezza.

letterautore@antiit.eu

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