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martedì 1 ottobre 2019

Ecofavole dell’ecobusiness


La promozione dell’entusiasmo è magistrale, ma la narrazione è deviata.
Si sbandierano calcoli del genere: “Metà della plastica esistente oggi è stata prodotta negli ultimi quindici anni”.  O: “Nel 1950 la produzione di plastica era di 2,3 milioni di tonnellate, nel 2015 di 448 milioni. Si prevede che raddoppi entro il 2050”. Ma non si dice che non si beve acqua se non “minerale”, soprattutto al ristorante: non ce n’è altra. Trent’anni fa si beveva acqua corrente. Si beve anche sule Alpi, sull’Appennino tosco-emiliano, su mondi della Laga, acqua in bottiglia, di plastica. Molte famiglie sono passate all’acqua da bere “minerale”, cioè nella plastica. Né si può compare niente al banco alimentari del supermercato se non avvolto in triplice involucro di plastica.  Spesso servito con guanti indossati ad hoc. 
Viviamo compiaciuti, tra modelli superpromozioanti, all’epoca dei Suv. Macchine inutili, che ingombrano tre e quattro volte la dimensione utile, consumano il doppio, producono emissioni e polveri come un autobus. Per portare il bambino a scuola la mattina.
Il Suv è al centro dele strategie di fabbricazione – l’Alfa Romeo è in crisi perché non ha ancora un Suv.
Ma tutte le macchine sono cresciute di peso e dimensioni, a nessun effetto – la sicurezza, si dice, ma gli incidenti non sono meno onerosi: basta paragonare la vecchia Cinquecento alla nuova. Con doppio-triplo ingombro su strada, doppie-triple emissioni nocive, doppio-triplo consumo di materiali, gomme, plastiche, metalli, vernici.
Quanta acqua si spreca per pulire i rifiuti da raccolta diversificata, plastiche, vetri?
Quanta CO2 inutile non si butta nell’atmosfera – se è sua la colpa dell’effetto serra – per avere il termosifone a 130 gradi, il condizionatore in ogni stanza, la lavapanni e la lavastoviglie sempre in funzione? Vent’anni fa non c’erano i condizionatori, e non si moriva di calore. Neanche quindici anni
Le risorse fossili sono in esaurimento ma per effetto della globalizzazione. L’urbanizzazione accelerata della Cina per effetto dalla globalizzazione – manodopera in città – ha consumato più sabbia per l’edilizia di quanta ne abbiano consumato gli Stati Uniti dalla fondazione due secoli e mezzo fa.
Flygskam e tagskryt, vergogna di volare e vantarsi di andare in treno, sono due hashtag in voga in Svezia per per dirsi impegnagti nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Come se il treno non viaggiasse con l’elettricità, che una centrale termica deve produrre. E non producesse con al frizione nuvole di particolato e altre emissioni nocive, metalliche. Mentre della Co2 in fondo viviamo.
“Io compenso sempre le mie emissioni di andride carbonica” è la nuova frontiera delle ecofavole. Anche se immobili non possiamo stare. Far scorrere l’acqua dal rubinetto produce CO2, anche mandare un sms. Alimentarsi ne produce molto di più: due chili per un bicchiere di vino, tre per una bistecca. Andare in macchina – o in treno – ne produce ovviamente molto di più.
L’ecofriendly preferisce la doccia al bagno, per ridurre l’emissione, non copre i termosifoni, usa un solo condizionatore per la tutta la casa, sbrina speso il freezer…. E pianta alberi. Questo è già un business, fiorente: ci sono onlus specializzate nel piantare alberi per noi, in Italia e all’estero, per un fee, mdesto naturalmente. Phoresta Onlus offre anche “servizi ecosistemici” – “Paghiamo, per esempio, per rimandatre il taglio di un bosco da legna di dieci anni”, spiega il titolare a Candida Morvillo sul “Corriere della sera”.

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