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venerdì 28 febbraio 2020

Cuore in Sicilia

Un viaggio sentimentale, nel 1906, in ricordo del soggiorno quarant’anni prima a Messina, prima guarnigione del futuro scrittore da sottotenente uscito dall’Accademia di Modena nel 1865 - da dove presto era ripartito, ad aprile dell’anno successivo, per la sconfitta di Custoza. Dopo essere diventato, da piemontardo (“Cuore”), socialista. Con questi “Ricordi” De Amicis chiude la sua vita, di uomo  e di scrittore: consegnati a Giannotta, editore a Catania, saranno pubblicati nel 1908, subito dopo la sua morte.
La Sicilia è un’epifania. Scrittore di molti viaggi, De Amicis mai si era trovato tanto in sintonia con la storia, la natura, l’archeologia, la gente, perfino la parlata, le diverse parlate, che trova nell’isola, nei mondi diversi di Messina, Palermo, Catania. Con occhi aperti. La “prodigalità e magnificenza” confrontando con l’abbandono  e i soprusi del latifondo. Dietro il Teatro Massimo a Palermo, “il più grande e più splendido teatro d’Italia, che costò otto milioni”, rappresentando “quell’enorme labirinto di viuzze oscure e sudicie, che si chiama l’Albergheria, dove brulica una popolazione poverissima in migliaia di fetidi covi, che sono ancora quei medesimi in cui si pigiavano gli Arabi di nove secoli orsono”. Senza trascurare che del Massimo “fu decretata la costruzione quando Palermo non aveva un ospedale”. All’orizzonte, occhieggiando “fra i palazzi e le statue e il via vai festoso delle carrozze infiorate, intravede “la macchietta nera d’uno dei piroscafi che portano via ogni settimana un popolo d’emigranti”. I “piemontesi” trovarono dopo Garibaldi l’Africa in Sicilia. Con sdegno di tutti. Ma con l’occhio di oggi vedevano giusto. 
Natale Tedesco è severo nell’introduzione, con De Amicis in generale, e nella fattispecie – ci vede anche razzismo. I disegni di Monica Rubino ingentiliscono.
Edmondo De Amicis,  Ricordi di un viaggio in Sicilia, Il Palindromo, pp. 88 € 9

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