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giovedì 1 ottobre 2020

Il mondo com'è (411)

astolfo

Plautilla Bricci – La prima architetta della storia moderna. Riconosciuta documentalmente autrice di un palazzetto di fronte alla chiesa di San Giovanni in Aymo, e del completamento di san Luigi dei Francesi, la cui costruzione era stata avviata da Fontana. Nota soprattutto per la vila Benedetta, o del Vascello, a Porta san Pancrazio a Roma, sul Gianicolo.
La villa Benedetta, ridota in macerie dai cannoneggiamenti francesi che posero fine nel 1849 alla Repubblica Romana, è stata restaurata, su due piani, nei tardi anni 1970 come civile abitazione di Eleonora Giorgi, l’attrice moglie di Angelo Rizzoli jr. è stata a lungo ascritta a Basilio Bricci, fratello di Plautilla. Mentre Plautilla veniva menzionata all’epoca come coautrice, in qualità di “ottima pittrice”. Lavorò anche alla decorazione interna della vila, insieme con altri pittori, Pietro da Cortina, Francesco Allegrini, Giovan Francesco Grimaldi. Ma il capitolato di appalto la dà architetta.
Villa Benedetta, o del Vascello, fu commissionata da Elpidio Benedetti, agente francese in Roma prima per conto del Mazzarino, il successore di Richelieu, fino alla morte di quest’ultimo, nel 1661, e poi del re Sole Luigi XIV. Benedetti era stato inviato in Francia del cardinale Francesco Barberini, nipote del papa Urbano VIII, nel 1635, in cerca di opere d’arte e d’influenza politica. In Francia divenne segretario del Mazzarino. Che lo incaricò in particolare di organizzare il viaggio di Bernini in Francia, e poi di controllare gli artisti francesi a Roma che avrebbero dovuto progettare il Louvre.
La villa fu detta del Vascello per la facciata a onde. Sull’esempio delle increspature che Bernini aveva disseminato sotto le finestre e lateralmente al palazzo d Montecitorio. Lo stesso tipo di facciata è stata ripresa nel restauro anni 1970.
Plautilla Bricci si diceva, almeno nel suo caso non conoscendosene altri, “architettrice”. Non si poneva allora, fine Seicento, il problema del femminile dei mestieri.
 
Francia-Gran Bretagna – A un certo punto delle sue letture, parlando di un libriccino pubblicato a Londra agli inizi dell’Ottocento, “Intercepted Letters”, che avrebbero testimoniato di intrighi francesi contro gli espatriati inglesi in  Egitto e in Africa, Conan Doyle usa l’espressione: “Il quasi incredibile odio che esisteva tra le due nazioni alla fine del Settecento”. Non solo alla fine del Settecento, ma per tutto il Millennio, si può dire, a partire dall’invasione normanna dell’Inghiltera, fino a fine Otttocento, qua do al flotta che il kaiser Guglielmo II, volendo la sua flotta militare  grande quanto e più di quella dei sui cugini a Londra, spinse la filogermanica Gran Bretagna all’Intesa con la Francia. Buona parte del Novecento è stato di amicizia anglo-francese, almeno fino alla creazione del Mec e poi della Unione Europea, e con alti e bassi dopo – si è fatto il tunnel sotto la Manica, Brexit mostra di avere interrotto il legame.
A lungo i re inglesi contrastarono la creazione della nazione francese, occupando e sovvertendo la Francia, contri Giovanna d’Arco e per molti secoli. La guerra fu lunga e “totale”, per le dimensioni degli schieramenti bellici dell’epoca. Ancora contro la rivoluzione francese, e poi contro Napoleone. Si era intanto allargata, ed è poi proseguita con numerose scaramucce su tutti i mari e in tutti i continenti nei secoli del colonialismo, nelle Americhe, in India, nelle isole del Pacifico, e a a lungo, fino ala seconda guerra mondiale e dopo. Soprattutto in Africa, a Sud del Sahara, e a Nord.
 
Giotto – Fu coetaneo di Dante, 1267 lui, 1265 Dante. E fiorentino anche lui, essendo nato a Vicchio nel Mugello e morto a Firenze – Dante passò gli ultimi venti anni in esilio e morì a Ravenna, presto, di 56 anni, Giotto durò fino ai 70. Attivo soprattutto a Assisi, Padova, Roma – e in varie altre città, Bologna, Milano, Napoli, Rimini, Prato, etc.. A Firenze veniva richiamato di tanto in tanto, per commesse circoscritte. Se si eccettua alla fine il campanile che porta il suo mone, per un progetto che però non fu realizzato.
Il campanile di Giotto non è di Giotto. Il suo progetto di campanile era una cuspide piramidale da elevarsi sopra il primo piano, altra circa 30 metri. Il campanile è di Arnolfo di Cambio, Andrea Pisano e Francesco Talenti. Giotto fu chiamato a occuparsene, sovrintendente alle opere pubbliche, con lo stipendio onorevole di cento fiorini l’anno, nei suoi ultimi anni, dal 9 luglio 1934, due anni e mezzo dopo, l’8 gennaio 1337 moriva, settantenne. Lasciò l’impronta nel ciclo figurativo che adorna il basamento della costruzione. Che non è opera sua ma di Andrea Pisano, con alcuni bassorilievi di Luca della Robbia, ma a Giotto si vuole fare credito di averlo programmato.
 
Giulio II – Fu papa solo per dieci anni, il più grande committente d’arte della storia, competente, fortunato: Bramante, il progetto di San Pietro, Tiziano ventunenne, Raffaello venticinquenne,  Michelangelo. E Perugino, Lotto, Bramantino, Sodoma, Baldassarre Peruzzi. Committente di grandi opere, San Pietro, la Cappella Sistina, Stanze Vaticane.
Fu anche, da cardinale, in esilio in Francia per proteggersi dal papa Borgia che l’aveva sconfitto al conclave, l’artefice della discesa in Italia di Carlo VIII, con la pretesa al regno di Napoli, e della fine delle speranze italiane. Rovina continuata da Roma, con la guerra che volle europea contro la Repubblica di Venezia.
Guicciardini ne è ammirato. Nel “Principe” Machiavelli ne fa perfino il modello del “principe fortunato”. Ma non nella politica. Tentò alla fine di recuperare promuovendo una Lega Santa contro la F rancia, ma l’Italia restò destinata allo smembramento, nel mentre che si costituivano le nazioni europee.
Fu la Roma di Giulio II a scandalizzare Lutero nella sua visita a Roma nel 1510, di un papa che non era principe della chiesa ma del potere e delle ricchezze. Erasmo lo giudicò severamente in morte, nella satira “Iulius exclusus e Coeli”, rappresentando Giulio II che tenta invano di accedere al paradiso.
 
Resistenza – La Francia, malgrado la retorica, e la Germania, i due paesi che hanno avuto il movimento di Resistenza più ampio al nazismo, la Francia sotto l’occupazione, la Germania per i tutti i dodici anni di Hitler, sono quelli che meno la celebrano, e anche non la fanno valere. In Germania il silenzio è quasi totale, con l’eccezione di pochi e ininfluenti storici. In Francia si fa di più ma poco. Per non dover aprire il fronte della Resistenza che non fu possibile nei primi anni dopo la sconfitta, perché Hitler era l’alleato di Stalin, la Germania nazista dell’Unione Sovietica, e il patto Hitler-Stalin era salutato nei tre anni e mezzo fino al giugno 1942 come un patto di libertà dal partito Comunista francese, al punto che in prossimità e durante la breve guerra fu operato anche il sabotaggio della produzione, in favore di Hitler. Si celebra la Resistenza sotto il regime collaborazionista di Vichy, di Pétain, ma non si fa intera la storia.
Curiosamente, perfino al storia politica e militare è per questo monca in Franca, sulla “drôle de guerre”, la strana guerra, non combattuta, contro l’invasione.

astolfo@antiit.eu


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