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domenica 27 settembre 2020

Camilleri novelliere

L’innocenza vince nel primo racconto. Nelle forme estreme: la ragazza orfana e ingenua, il ragazzo che ha bisogno del “sostegno”. C’è chi scommette su di essa, e ne organizza lo sfruttamento, ma non c’è partita: i semplici vincono.
Alla Don Camillo e Peppone il secondo. Con un Camilleri che tradisce sbadato le professioni di fede politicamente corrette: l’“opposizione” trinariciuta non ci fa bella figura – invoca pratiche magiche, si affida al vescovo.
Camilleri prova, nella raccolta da cui i due racconti sono tratti, “Le vichinghe volanti e altre storie d’amore di Vigata”, tutte le corde della tradizione novellistica.
Vale quanto questo sito evidenziava all’uscita della raccolta nel 2015: “L’affabulazione viene meglio a Camilleri in dialetto, rispetto a quella su temi analoghi finora esercitata in lingua nei romanzetti di costume. Con un effetto doppio. Il rinvio indiretto, il dialetto risuonando come un arcaismo, al Tre-Quattrocento, quando la narrazione non aveva messo le mutande, e il toscano-volgare era ancora dialettale. E la costituzione, attorno all’aneddoto lubrico, di un piccolo mondo chiuso, di caratteri diversi e quindi interessanti benché di vite inutili”.
Andrea Camilleri, L’asta
I fantasmi
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