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lunedì 29 agosto 2022

Cronache dell’altro mondo – istruttive (214)

Il motu proprio di Biden di cancellare 10 mila dollari di debito scolastico per gran parte degli indebitati – entro certi limiti di reddito - non è stato preso bene. L’abbuono è inteso ad alleviare il peso dell’inflazione. Ma l’ex ministro del Tesoro di Obama Larry Summers lo critica come inflazionistico: “La cancellazione è spesa (federale) che accresce la domanda e alimenta l’inflazione”. Lo stesso l’ex capo economista di Obama, Jason Furman: la cancellazione è “benzina sull’inflazione”, e “potrebbe creare più problemi incoraggiando l’aumento dei costi universitari, e più prestiti specifici, per l’aspettativa di altre future cancellazioni”.

Biden è risalito per la prima volta in due anni negli indici di popolarità, ma non ha convinto. Abbuonando il debito, è il ragionamento, si induce maggior debito. E si invitano le università ad accrescere il caro-istruzione, irrelato con i costi. Con benefici solo per le upper-middle class, si spiega in molto critiche, gli altri non potendo permettersi l’università, neanche a debito.

Biden cancellerà debiti di scuola per un totale di 24 miliardi di dollari. Si tratta di minori entrate federali. Il credito scolastico è dagli anni di Clinton, e poi di più dal 2010 con Obama, dispensato direttamente o indirettamente dallo Stato federale. Il debito contratto per gli studi (universitari) ammonta a 1.700 miliardi.

Il debito studentesco parte dal 1965, dal progetto di Grande Società di Lyndon Johnson, il successore di Kennedy. Che creò una finanziaria federale a questo scopo, chiamata familiarmente “Sallie Mae”, dall’acronimo Students Loan Marketing Association. Il nome oggi è infausto perché analogo ai nomignoli affettuosi delle due finanziarie federali che sono state all’orgine del crac del 2007 (dei “mutui subprime: davano mutui con ipoteche di quarto e quinto grado…), “Fanny Mae” (Federal National Mortgage Association) e “Freddie Mac” (Federal Home Loan Morgage Association).

Con Obama, 210, il programma di prestiti stuenteschi diventa tutto federale. Ma resta un sistema pubblico-privato (banche), che addosserebbe allo Stato federale le inefficienze delle università, o il loro arricchimento senza controlli: il sistema è stato sempre criticato perché alimenta la spirale dei costi: le università fanno affidamento sui prestiti federali-bancari senza limiti invece di attuare una vera gestione delle risorse, limitandosi ad accrescere  il costo dei corsi universitari.


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